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Nonostante la crisi l’euro sale: perchè?

Scritto il alle 09:14 da carloscalzotto@finanza

Il ritorno degli investitori nel Sud Europa, la fine del programma LTRO e le politiche monetarie delle più importanti banche centrali sono tra i maggiori fattori del paradosso di una moneta forte di un’economia assai debole.

L’euro è risorto all’improvviso, e la sua forza inquieta i paesi dell’unione monetaria ancora alla prese con i drammatici effetti della crisi dei debiti sovrani. Dopo le ombra sulla sua disgregazione, la valuta unica è ora tornata sui valori massimi registrati nell’ottobre del 2011, poco prima che esplodesse la drammatica crisi da
spread che portò sull’orlo della bancarotta la terza e la quarta economia dell’eurozona, l’Italia e la Spagna.
LA CRESCITA DELL’EURO – Dopo mesi drammatici, scanditi dal timore di una deflagrazione della crisi che rompesse l’unione monetaria costruita in decenni di storia, l’euro si è ripreso con una forza che sta sorprendendo molti analisti. Gli investitori che hanno portato la moneta unica a quotare attorno all’1,36 sul dollaro, la valuta internazionale di riferimento, sono scettici però su un’ulteriore crescita. L’apprezzamento dell’euro contrasta con lo stato dell’economia reale, ancora drammatico in molti dei paesi periferici più colpiti dalla crisi dei debiti sovrani. Le banche centrali più importanti al mondo, Federal Reserve, Bank of Japan e Bank of England, stanno però puntano su politiche monetarie aggressive, che mirano al deprezzamento della moneta. Vista la debolezza dell’economia dell’eurozona, la Bce potrebbe essere spinta a fare la stessa cosa secondo alcuni analisti sentiti dal Wall Street Journal. ” Mi posso immaginare che la moneta unica europea cresca ancora di qualche punto percentuale, ma non mi aspetto un lungo rally”, rimarca Joe Corbach di Swiss Global Asset Management, che nel solo settembre scorso ha gestito 70 miliardi di euro.
I PERCHE’ DEL BOOM – Secondo Corbach difficilmente l’euro supererà il valore di 1,40 sul dollaro, il livello di quotazione sui mercati prima dello scoppio della crisi da spread. Se pochi mesi fa, nel momento più acuto della difficoltà della Ue, le aziende progettavano piani di emergenza per un’eventuale disgregazione dell’unione monetaria, ora tutto appare diverso. Come rimarcano sia il Wall Street Journal che Tages Anzeiger, la svolta è avvenuta a luglio, quando Draghi ha annunciato che la Bce avrebbe fatto di tutto per difendere la moneta. Da allora l’euro è cresciuto di dodici punti percentuali. Dopo che si sono spazzati i dubbi sul crollo della valuta unica, è finita la fuga dei capitali dal Sud Europa. Negli ultimi 3 mesi sono tornati nella periferia dell’eurozona 93 miliardi di euro, anche se gli effetti sull’economia reale non si sono molto sentiti. Un altro fattore è il rimborso, parziale ma più accelerato del previsto, dei crediti alle banche europee elargiti con il programma LTRO. source
BCE IN TRAPPOLA – Gli istituti di credito hanno restituito quasi 140 miliardi dei circa mille messi a disposizione dall’Eurotower per impedire un drammatico credit crunch. La Bce ha così ridotto le sue attività, e quando una valuta circola meno, tende ad apprezzarsi. Le banche centrali delle principali economie mondiali stanno però compiendo una politica monetaria di ampliamento della liquidità, tramite l’alleggerimento quantitativo o tassi di interesse a zero. A Francoforte ora si viaggia in una direzione esattamente opposta, visto che nei prossimi mesi ritorneranno gli altri crediti elargiti con il programma LTRO. I dati economici dell’eurozona continuano però ad essere negativi, sostanzialmente simili a sei mesi fa, quando l’intera architettura della Uem sembrava minata nelle fondamenta, ed impossibile da risanare.
FORZA PROBLEMATICA – Specialmente nel Sud Europa la forza della moneta unica è particolarmente preoccupante, visto che l’apprezzamento valutario contribuisce a rendere meno competitive le merci, polverizzando i dolorosi sforzi realizzati per abbassare il costo unitario del lavoro. Il rafforzamento dell’euro contribuisce inoltre a rendere meno attrattiva l’unione monetaria per gli investimenti diretti dall’estero, che potrebbero fornire ossigeno ad un’economia bloccata. Per il 2013 la Bce prevede una recessione dell’intera eurozona pari allo 0,3%, ma il peggioramento della congiuntura rispetto alle aspettative nella parte finale del 2012 rimarca quanto sia fragile la situazione. Dall’Eurotower finora non sono partiti commenti ufficiali sull’apprezzamento della valuta, a parte un’annotazione di Draghi sul fatto che i movimenti dell’euro sui mercati corrispondessero alle medie di lungo periodo registrate negli anni scorsi. Vari manager dei fondi speculativi stanno scommettendo su un ribasso della moneta unica, causato dalla debolezza della sua economia, ma il successo delle loro scommesse sarà ancora una volta deciso dalla Bce. Draghi ha fatto perdere molti soldi, rimarca il Wsj, a chi pensava di guadagnare dal crollo dell’euro.

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