Elezioni 2013 gli investitori scappano i trombati piangono: l’effetto Tsunami in parlamento è iniziato

Scritto il alle 14:05 da Agata Marino

Situazione drammatica e annunciata, insomma la maggioranza c’è ma da sola non può governare, è impensabile che Grillo dia il suo appoggio ad una politica che ha sempre contrastato e che ha portato il movimento 5 stelle ad essere il primo partito, quindi per il PD o fa un governo di grande intese con Berlusconi e altri o la situazione politica precipiterà in modo rovinoso, altro che smacchiare il giaguaro 🙄  manco il blazer smacchia!

Ora cerchiamo di capire ciò che è successo, e l’unico modo per vedere è guardarla da un’angolazione esterna prendendo l’articolo del Financial Times

L’italiano medio ha bocciato Monti, ha voglia lui a dire e a esaltarsi del risultato elettorale, ma l’Italia ha bocciato l’Austerity  il nostro paese avrebbe votato Berlusconi e Grillo per protestare contro l’austerità di Monti e l’italiano ha bocciato Monti che per correttezza dovrebbe dimettersi dalla carica di senatore a vita, LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI NON LO VUOLE!.

Non siamo solo noi a dirlo ma le nostre elezioni sono state interpretate così anche dalla stampa estera.

Oggi il Financial Times riprende lo stesso concetto: “Gli italiani arrabbiati dicono basta all’austerità”. E “basta” è scritto nella lingua di Dante, per sottolineare la disperazione con cui vengono dette e fatte certe azioni.

 

Ovvio non è l’unico argomento ma c’è altro, l’italiano non sopporta più la ”casta” ed è per quello che Grillo è diventato il primo partito, anche se il Movimento 5 stelle non è riducibile solo a questo. Molti partiti sono nati per merito del qualunquismo ma qui emerge un evidente significato antieuropeo.

La cosa assurda è che gli italiani sono stati da sempre i più europeisti di tutti.

Ma, visto che l’europa non esiste(ognuno guarda agli interessi del proprio orticello) oggi non lo sono più.

La colpa non è loro è dell’Europa, e soprattutto di questa Europa diversa in ogni stato che vi appartiene.

Tornando a casa nostra:

C’è stato un grandissimo errore del centrosinistra, che pochi mesi fa avrebbe spaccato alle politiche, non ha capito la sofferenza del paese, profonda, interclassista, disperata.

Certo con tante venature populiste, persino razziste ed egoistiche.

Il centrosinistra ha pagato il suo appoggio al governo Monti, la sottoscrizione del perenne memorandum di rigore rappresentato dal fiscal compact.

Ha pagato per le tasse che il Paese non riesce più a pagare perché ogni giorno i risparmi di tutti si assottigliano.

E soprattutto non ha segnato un rinnovamento che ci sarebbe stato con Renzi, sangue e politica giovane, preferendo una Bindi un Bersani e un Vendola che di nuovo non hanno proprio nulla.

Non basta dire “quando saremo al governo faremo le cose con più equità”. Gli elettori sapevano che il centrosinistra era già al governo con Monti (protagonista di un clamoroso flop elettorale) e si aspettavano equità da subito.

Gli italiani hanno assistito al crollo del proprio reddito disponibile, a inciuci tra banche e politica e tasse su tasse sotto i colpi dell’IMU e dell’aumento dell’IVA, per non parlare del blocco del credito aziende che chiudono e stato assente.

E allora, arrabbiati, come dice il FT, si sono rivolti in parte a chi prometteva 1000 euro al mese e una sbrigativa pulizia (Grillo) e in parte a chi ha giurato (Berlusconi) di combattere tanto le tasse e chi le riscuote, quanto la Merkel e l’austerità imposta dall’Europa.

Insomma esce una situazione di ingovernabilità del paese e oggi il crollo dei mercati avvisa senza un deciso intervento della BCE, possono fare carne da macello dei nostri titoli pubblici nelle aste di questi giorni.Ma non è finita, Il pericolo è che questa evenienza venga usata per imporre al paese nuove misure di austerità e un nuovo commissariamento.

Chi è arrivato primo in queste elezioni, nonostante tutto, è il vincitore, sia pure di un soffio. E, come tale, ha il diritto-dovere di presentare una proposta di governo al Parlamento.

Ieri il segretario di Bersani ha già messo le mani avanti per possibili alleanze con Berlusconi, ma oggi Grillo è stato chiaro niente inciuci con nessun partito, e quindi l’unica soluzione è un governo di larghe intese.

Bisogna essere consci che In questa delicata situazione bisogna evitare che si ripeta un film già visto.

Ma per rispetto del popolo SOVRANO la nuova maggioranza, ha il compito di dialogare per portare quella protesta, quel dissenso, quel senso di disperazione, dentro l’ambito della politica.

Qui sotto la lista dei trombati al parlamento, che aggiorno rispetto quella di questa mattina qui, dovranno dire ciao alla politica ma almeno rimarranno felici delle loro pensioni( quasi tutti) 😉 presa da blitzquotidiano

Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro, Antonio Ingroia e Oscar Giannino escono dal Parlamento dopo i risultati delle elezioni 2013. I grandi esclusi vanno dalla destra alla sinistra, con Giacinto ‘Marco’ Pannella e Emma Bonino che restano fuori e con Anna Paola Concia, del Pd, che rimane esclusa al Senato superata in Abruzzo da Antonio Razzi.

Rivoluzione civile: Ingroia e Di Pietro fuori

Rivoluzione Civile che, con Antonio Ingroia, ha raccolto circa l’1,8% al Senato (intorno a 550mila voti) e alla Camera il 2,2% (poco più di 750mila voti), più o meno la metà di quanto era riuscito a fare nel 2008 Antonio Di Pietro con l’Idv alleato del Pd. Anche l’ex pm di Milano, candidato di Rc, è quindi tra le vittime eccellenti del voto. Esclusi anche Ilaria Cucchi e l’ex grillino Giovanni Favia.

Fli: fuori Fini, Bocchino e Bongiorno

Niente da fare anche per Gianfranco Fini, capolista alla Camera in tutte le circoscrizioni di Fli, che raccoglie meno di 158mila voti e lo 0,46%. Esclusi con lui anche Italo Bocchino e Giulia Bongiorno.

Fare per fermare il declino

Meglio sono andate le cose ad Oscar Giannino che, nonostante la conclusione imprevista della campagna elettorale, ha raccolto l’1,12% alla Camera (378mila voti) e lo 0,91% al Senato (277mila). Numeri che tuttavia tengono anche i candidati di Fare fuori dal Parlamento.

Lista Aministia, Giustizia e Libertà

Fuori anche ai Radicali riuniti da Giacinto ‘Marco’ Pannella ed Emma Bonino nella lista Amnistia, Giustizia e Libertà, che ha raccolto poco più di 60mila voti sia alla Camera che al Senato, non andando oltre lo 0,2%.

Partito Comunista dei Lavoratori

Hanno fatto solo atto di presenza con lo stesso risultato (0,26% e 89mila voti alla Camera) anche il Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando e Forza Nuova di Roberto Fiore.

Fiamma Tricolore

Mentre ancora peggio è andata alla Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli (0,13%) e a Magdi Allam che con la lista Io Amo l’Italia ha raccolto lo 0,12% e circa 42mila voti.

La Destra e Mir

Francesco Storace de La Destra eGiampiero Samorì col Mir rimangono fuori dal Parlamento.

Grande Sud e Movimento per le Autonomie

Gianfranco Micchiché del Grande Sud e Raffaele Lombardo del Movimento per le autonomie non entrano né alla Camera né al Senato.

Pd, fuori anche la Concia

”Entra Razzi non io… Mi dispiace per gli abruzzesi”. E’ quanto ha scritto su Twitter il deputato uscente Anna Paola Concia (Pd), candidata al Senato nella circoscrizione Abruzzo, alla luce dei parziali risultati delle elezioni politiche. In un secondo tweet, indirizzato tra gli altri al presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, Concia aggiunge: ”Gli abruzzesi hanno preferito Razzi a me… Questa è la democrazia e la volontà del popolo”.

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