Aspettando le elezioni in Grecia parliamo di Angela Merkel sempre contraria agli Eurobond: cosa sono?

Scritto il alle 10:07 da Agata Marino

In tanto che l’Europa ha occhi e orecchie puntate sulle elezioni greche Angela Merkel ribadisce ancora una volta il suo “no” agli Eurobond, ha addirittura chiesto che il tema uscisse dalla discussione del vertice tra i paesi membri.

In parte la Merkel ha ragione visto che i paesi che necessitano di aiuti peserebbero appunto su paesi come la Germania.

Di parere contrario  Monti che sottolinea che la maggior parte dei Paesi Ue “ha dato parere favorevole”, alcuni non hanno espresso la propria posizione ed altri, come l’Italia, hanno insistito su questo punto, il Professore dice: “qualcosa si muove, i mercati aspettano”.
“Il semplice annuncio di un pacchetto rilevante sulla crescita aggiunge Monti darebbe un’iniezione di fiducia agli investitori e porterebbe alla creazione di occupazione”.

Alle domande su cosa sono e a cosa serviranno risponde Armando Carcaterra (Direttore Investimenti Anima). In collaborazione con Mario Noera, Docente di economia degli intermediari finanziari, Università Bocconi

http://www.youtube.com/watch?v=8hm0SgM5t1E

1. Cosa sono e a cosa servono gli Eurobonds?

Nella versione originaria, gli Eurobonds dovrebbero essere titoli emessi dall’Unione Europea per conto di tutti gli Stati membri e dovrebbero nel tempo sostituirsi al debito dei singoli stati fino ad unificarli in un unico debito europeo. Sarebbero quindi implicitamente garantiti dai membri accreditati di maggiore solidità (come Germania, Olanda, Finlandia ecc.) con l’effetto di diluire il rischio di insolvenza degli stati in crisi (come Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia). Poichè gli Eurobonds annegherebbero le difficoltà debitorie degli stati in crisi nel contesto -molto più favorevole- dell’intera Unione, il premio al rischio richiesto dai mercati (e quindi il costo di rifinanziamento del debito) sarebbe molto più basso, agevolandone il risanamento. Questa è l’ispirazione di molte proposte che la Commissione Europea, nel novembre 2011, ha sintetizzato nel suo Libro Verde, ribattezzando questi strumenti Stability Bonds.

In effetti, se i mercati potessero guardare istituzionalmente all’Eurozona nel suo insieme essa apparirebbe davvero virtuosa: il rapporto tra debito pubblico e Pil aggregati è infatti molto inferiore a quello di Stati Uniti e Giappone (87% contro 100% e 200%); il deficit/Pil è addirittura metà di quello USA (4% contro 8%). Data la bassa rischiosità dell’Europa nel suo insieme, i rendimenti degli Stability Bonds sarebbero molto bassi e i paesi in crisi debitoria non avrebbero difficoltà a rifinanziare i propri titoli in scadenza a costi inferiori. I più bassi tassi di interesse consentirebbero inoltre a questi paesi di stabilizzare la crescita del proprio debito e di ridurne nel tempo l’incidenza.

Quando nacquero gli Sati Uniti quasi tutti gli Stati erano sovraindebitati ed insolventi, ed il ministro del Tesoro di allora li risanò accentrando tutti i debiti e finanziandoli con l’emissione di titoli federali. La precondizione era però l’esistenza di uno stato federale legittimato ad imporre le proprie tasse e a trasferire risorse dalle aree forti a quelle deboli. 14 giugno 2012 3 minuti su…

2. Cosa comporterebbe l’unificazione del debito europeo?

Anche in Europa l’unificazione del debito negli Stability Bonds richiederebbe che (almeno in parte) la sovranità fiscale fosse sottratta ai singoli stati e trasferita ad un governo federale, che possa redistribuire le risorse tra i suoi membri. La creazione degli Stability Bonds sarebbe quindi un’indicazione molto forte che anche l’Europa si avvia verso l’unificazione fiscale e, in prospettiva, politica.

Il motivo per cui i governi europei non sono riusciti a trovare un accordo sugli Eurobonds è che la Germania osteggia una soluzione federale (che i tedeschi chiamano transfer union): la Germania teme infatti di dover pagare per tutti. Dietro agli Stability Bonds, secondo il governo tedesco, ci sarebbe la “pretesa” dei paesi “cicala” di cavarsela a spese dei paesi “formica”.

3. In cosa consiste la proposta tedesca dell’European Redemption Fund?

Per accettare gli Eurobonds, la Germania vuole essere sicura che i conti di tutti gli Stati siano già in perfetto ordine e che si siano stabilite regole ferree per il futuro. Da questa ossessione nasce la proposta dell’European Redemption Fund (ovvero “patto per il rimborso del debito”), che trae ispirazione dal cosiddetto accordo fiscal compact tra i governi europei.

Tra dicembre 2011 e marzo 2012, sotto la pressione del governo tedesco, quasi tutti i paesi dell’Unione Europea hanno sottoscritto un nuovo Trattato intergovernativo detto fiscal compact, il quale prevede, tra l’altro, che ogni paese membro si impegni a ridurre sistematicamente il proprio debito pubblico fino a scendere al 60% del proprio Pil, nell’arco di un ventennio.

Lo European Redemption Fund è lo strumento ideato per attuare questo obiettivo del fiscal compact. Il piano prevede infatti che ciascuno stato trasferisca ad un apposito fondo europeo tutto il debito eccedente la soglia del 60% del proprio Pil e che si impegni poi a pagare ogni anno a questo fondo non solo gli interessi ma anche le risorse necessarie per estinguere questa eccedenza nell’arco di 20-25 anni. L’obiettivo finale è quello di avere in 20-25 anni tutti i paesi europei con un debito non più elevato del 60% del Pil.

4. Che differenza c’è tra questi strumenti?

Gli Stability Bonds hanno l’obiettivo di riportare il problema della gestione del debito pubblico ad una dimensione europea, garantendo a tutti i paesi membri i vantaggi di una minore rischiosità collettiva e governando questo processo centralmente, attraverso il rafforzamento di istituzioni federali.
Il Redemption Fund si pone invece un obiettivo molto diverso e limitato: quello di ridurre forzosamente il debito, lasciando però l’onere dell’aggiustamento sulle spalle di ciascun singolo paese, senza alcun trasferimento di sovranità fiscale ad un governo federale.

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