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Euro ai raggi X, atto primo.
Tra pochi giorni Francia e Grecia diranno una parola decisiva sull’eurocrisi.
L’austerità della Merkel e della Bce non hanno consenso popolare. La moneta unica non convince più, e chi la critica ottiene crescenti consensi. Una nuova presidenza transalpina significherà un nuovo corso o un implosione del progetto europeo?
L’Unione Europea e la sua moneta entrano in una delle settimane più importanti della loro breve storia. Le presidenziali francesi e le legislative greche saranno fondamentali per capire quali saranno gli sviluppi dell’eurocrisi. L’austerità di Bce e Merkel è finita nel mirino delle critiche, e la maggior parte dell’elettorato appare sempre più ostile alrigore monetario finora applicato, anche se una soluzione alternativa alla crisi dei debiti sovrani ancora manca.
GIUDIZIO POPOLARE – Alla fine di aprile del 2010 l’Unione Europea iniziava ad avvitarsi nella spirale di recessione ed esplosione dei tassi di interesse che rischiano ancora di travolgere l’intero impianto istituzionale stipulato con il Trattato di Maastricht e i successivi approfondimenti comunitari.
Allora il governo Papandreou svelò la vera natura della crisi greca, iniziando la tragica discesa agli inferi del paese ellenico. source
La Germania di Angela Merkel dilazionò all’infinito l’approvazione per il pacchetto di aiuti finanziari alla Grecia, per il timore di ripercussioni elettorali nella fondamentale elezione regionale del Nordreno-Vestfalia. L’attendismo della Cancelliera non giovò alle sorti della Cdu renana, che perse il governo del Bundesland più grande della Germania, mentre già in quei frangenti si palesò la scarsa attenzione per le sorti del comune progetto europeo, piegato agli interessi nazionali, che rende così nervosi i mercati internazionali. Il governo di Berlino, spalleggiato dal fedele alleato Sarkozy, impose durissime condizioni al governo ellenico per l’accensione dei prestiti, introducendo così per la prima volta l’austerità che poi ha condizionato l’intera gestione dell’eurocrisi. In questi due anni la recessione economica aggravata dall’esplosione del costo del debito per i paesi europei in difficoltà ha lasciando profondissime tracce sul panorama politico continentale.
L’eurocrisi ha rimosso tutti i governi dei cosiddetti PIIGS, allargando il suo contagio anche ad esecutivi alla guida di Nazioni in minor difficoltà. L’inquietudine e la frustrazione dell’elettorato continentale hanno dunque punito la gran parte della classe dirigente che ha gestito l’eurocrisi, e l’approfondimento della stessa non altererà probabilmente questo esito. Ecco perché in uno dei passaggi più rilevanti della vita politica dell’Unione europea, le presidenziali francesi, l’eco di questi sentimenti si è fatta così forte sui risultati del primo turno, quando circa due terzi degli elettori hanno votato contro quest’Europea, e contro l’euro difeso con l’austerità ed il rigore.
Domenica prossima ci sarà il giudizio definitivo sul prossimo inquilino dell’Eliseo, e si può già affermare sin da ora che qualsiasi sarà l’esito della sfida tra Hollande e Sarkozy, nulla sarà più come prima per la Berlino di marca conservatrice. Grande importanza rivestono anche le elezioni della Grecia, perché davvero si potrebbe palesare nelle urne una maggioranza di cittadini che chiedono di porre fine all’esperienza dell’euro.
Continua….