Crisi economica in Europa: tutte le logiche e regolamentazioni del sistema finanziario in atto

Scritto il alle 16:29 da carloscalzotto@finanza

Ecco a voi un articolo del Prof. William K. Black …dove spiega dettagliatamente situazioni e logiche regolamentari sul sistema finanziario attuale, che in molti articoli abbiamo sviscerato diciamo che in questo trovate il riassunto. 😉

Mentre il movimento Occupy Wall Street (OWS) ha preso di mira una piazza finanziaria per occuparla, la Germania ha compiuto un’impresa di gran lunga più impressionante, quella di occupare un’intera nazione – la Grecia.

La Germania ha esperienza nell’occupare la Grecia, avendola occupata durante la Seconda guerra mondiale. L’arte di occupare un’altra nazione prevede di reclutare subito un fantoccio locale per fare il lavoro sporco necessario per esercitare la repressione sui cittadini.

Durante la Seconda guerra mondiale, la Germania ha usato varie marionette, la più famosa l’assassino Ioannis Rallis, per (nominalmente) governare la Grecia e terrorizzare il popolo greco. (Dopo la sconfitta della Germania, Rallis è stato condannato per il suo tradimento.)

Questa volta, la Germania ha avuto molto più successo nel reclutare ed utilizzare un burattino per (nominalmente) governare la Grecia e terrorizzare il popolo greco, prima dell’occupazione tedesca. È stata abile nell’imporre al governo il suo fantoccio, Lucas Papademos, che accolga la “richiesta” della Germania di rioccupare la Grecia.

Papademos non è stato eletto. Lui è al potere, perché il suo predecessore eletto, George Papandreou, aveva annunciato che la Grecia avrebbe tenuto un referendum, se accettare o meno i termini di un accordo sul debito sovrano della Grecia, accettazione che avrebbe avuto l’effetto della rinuncia alla restante sovranità della Grecia, e della consegna del popolo greco ad una depressione ancora più profonda.

L’inevitabile reazione tedesca al plebiscito è stata: “La democrazia in Grecia – inconcepibile!” Quindi, la Germania ha minacciato di distruggere l’economia della Grecia se si fosse tenuto il referendum. Il ricatto della Germania ha prodotto il crollo del governo eletto di Papandreou e la nomina di Papademos come primo ministro “de facto” della Grecia.

Papademos è un banchiere che condivide le proposizioni economiche “theo-classiche”, che prima hanno ingenerato la crisi globale e poi hanno indotto la Banca Centrale Europea (BCE) e molti dirigenti europei ad adottare restrizioni di austerità che hanno fatto sprofondare l’Eurozona nella recessione.

Papademos non è proprio adatto per affrontare gli impegnativi problemi economici di questo tempo. I suoi dogmi economici, il suo curriculum di fallimenti, e il disprezzo per la democrazia e per il popolo greco ne hanno fatto il burattino perfetto per i Tedeschi.

Per ragioni che vanno oltre ad ogni comprensione è stato definito un “tecnocrate”. I suoi primati di fallimenti in politica economica dimostrano che per lui sarebbe più accurata l’etichetta di “falso sciamano”, di apprendista stregone.

La Germania e Papademos hanno messo fine alla sovranità politica della Grecia, ma la Grecia ha rinunciato alla propria sovranità economica già da lungo tempo, quando ha adottato l’euro.

Due categorie della sovranità economica nazionale sono state perse dagli Stati in concomitanza con l’abbandono della loro moneta e con l’adozione dell’euro.

Un paese membro non ha potuto più avere una politica monetaria, e rivalutare o svalutare la sua moneta corrente. I progettisti dell’euro hanno imposto misure fortemente limitative a quello che restava della sovranità economica dei paesi membri. È stata deliberata l’imposizione che le nazioni dell’area euro cedano l’ultimo vestigio della loro sovranità economica. I progettisti dell’euro hanno individuato nella sovranità nazionale economica la più grave minaccia per il successo dell’euro.

La loro grande paura era che l’inflazione potesse portare ad un euro debole, e allora hanno adottato il Patto di “Stabilità e Crescita”, per limitare drasticamente le capacità degli Stati membri di controllare le loro politiche fiscali.

In buona sostanza, il Patto ha proibito ai paesi membri l’esercizio di un deficit di bilancio, anche nel corso di una grave recessione o depressione.

La Banca centrale europea (BCE) è stata creata con un unico mandato – prevenire l’inflazione, anche benigna. È stata diretta, non per cercare di contrastare recessioni anche gravi, la disoccupazione di massa, e la povertà estrema. Neppure, è stata designata per funzionare come prestatore di ultima istanza. (1)

Ma l’aspetto altrettanto importante della BCE non è stato scritto nel suo statuto – ma è comprensibile a tutti. La BCE deve essere subordinata alle mire e alle prese di posizioni economiche della Germania (con la Francia come foglia di fico, sempre in subordine).

Il punto di vista economico della Germania consiste nel paradigma che l’iper-inflazione sta sempre in agguato dietro l’angolo, e perciò la BCE deve agire come un rapace eternamente vigile.

Le nazioni ai margini dell’Eurozona non hanno alcuna speranza realistica di influenzare le politiche della BCE.

Tre sono state le implicazioni importanti per le nazioni che hanno adottato l’euro e, abbandonando la loro moneta sovrana, hanno ceduto la sovranità economica.

In primo luogo, i paesi membri hanno abdicato al loro unico mezzo affidabile per risollevarsi da una grave recessione o depressione.

In secondo luogo, i paesi membri si sono resi indifesi agli attacchi devastanti da parte dei mercati finanziari, dovessero piombare in una crisi economica.

In terzo luogo, le nazioni marginali hanno posto la loro sovranità politica in grave pericolo, dovessero cadere in crisi economica.

L’armamentario strumentale collaudato per il recupero da una grave recessione comprende tre manovre politiche. Queste azioni politiche non si escludono a vicenda, anzi di solito sono messe in opera in combinazione.

Una nazione che mantiene la propria sovranità economica può accelerare il suo recupero da una grave recessione adottando politiche di bilancio incentivanti, una politica monetaria stimolativa e la svalutazione della sua moneta.

Una nazione che adotta l’euro non ha la possibilità di utilizzare nessuno di questi metodi.

Il Patto di Stabilità e Crescita consente alle nazioni di gestire solo un minimo deficit di bilancio, grosso modo inadeguato a sostituire la perdita di domanda dal settore privato.

Una nazione che ha una moneta sovrana, il cui valore fluttua e i cui debiti sono espressi nella propria valuta, costituisce un obiettivo estremamente poco interessante per le aggressioni valutarie. Si ha sempre la possibilità di ripagare i debiti espressi in una propria moneta, e questo rende l’obiettivo ancora più difficile da raggiungere per gli attacchi da parte dei mercati del credito.

Una nazione che utilizza l’euro non è un’emittente di moneta sovrana. Essa utilizza la valuta di un’altra entità. I suoi debiti sovrani, quindi, sono intrinsecamente espressi in un’altra valuta – l’euro, nello specifico.

Quando una nazione cade in recessione, o piomba in una crisi debitoria, i mercati del debito producono un circolo vizioso. Come il debito sovrano aumenta, le agenzie di rating abbassano i giudizi, il che produce l’aumento dei tassi di interesse sul debito sovrano, fattore che comporta l’aumento dei costi del debito, con i conseguenti ulteriori declassamenti di rating.

Si noti che, quando le agenzie di rating sul credito hanno declassato gli Stati Uniti, i mercati del credito hanno proceduto al prestito di somme enormi agli Stati Uniti a tassi di interesse ancora più bassi. I mercati del credito giustamente tengono gli Stati Uniti non in scarsa considerazione, dato che questi posseggono una moneta sovrana, come “rifugio sicuro”.

Le dinamiche delle valute sovrane fanno impazzire i falchi del deficit. Costoro attendono con avidità il giorno, e inventano fantomatici “punti critici” della percentuale del debito, quando i mercati del credito adotteranno la loro teoria del ciclo economico austriaco e si rifiuteranno di concedere prestiti agli Stati Uniti. (2)

Anche i leader finanziari del Giappone, tuttora in grado di chiedere in prestito somme enormi a tassi di interesse praticamente vicini allo zero, nonostante abbiano uno dei rapporti più alti del debito nel mondo, sono così “austriaci” nella loro economia da non essere in grado di capire il loro sistema monetario.

Gli studiosi della Teoria Monetaria Moderna (Modern Monetary Theory – MMT) hanno ripetutamente avuto buon successo, dal punto di vista analitico e predittivo, nello spiegare l’inspiegabile (secondo la prospettiva dominante della teoria economica “theo-classica”).

Il risultato della distruzione della sovranità economica è che una nazione che ha adottato l’euro e che sprofonda in una grave recessione può essere costretta ad un avvitamento irreversibile.

Il sistema dell’euro non ha predisposto i mezzi per far fronte ad una tale spirale di morte, che condurrebbe al fallimento (default) dello Stato e obbligherebbe al ritiro forzato dall’euro.

Il default di un paese membro, dato il suo debito in euro, causerebbe l’acuirsi stabile dei costi del debito degli altri membri dell’area euro intrappolati nella recessione, e questo potrebbe provocare una serie di altre inadempienze e di ritiri dall’euro.

L’unica istituzione costituita per dare assistenza ad uscire dalla crisi era prevista esterna al sistema dell’euro, il Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Il FMI concede prestiti alle nazioni e pretende in cambio austerità, privatizzazioni e deregulation. L’austerità rende peggiori le recessioni, e la deregolamentazione è una delle cause delle crisi finanziarie, quindi i prestiti del FMI si rivelano spesso distruttivi per le nazioni beneficiarie.

Il FMI non è stato mai disposto ad accollarsi l’esposizione delle perdite, diventando un prestatore di ultima istanza verso i paesi marginali. Ciò ha costretto l’Unione europea (UE) e la BCE a creare un fondo che operasse in collaborazione con il FMI per prestare ai membri dell’Eurozona incappati nella crisi. L’UE ha prestato alle nazioni ai margini, imponendo condizioni di austerità,  privatizzazioni, deregolamentazione, condizioni che si sono rivelate persino più distruttive di quelle imposte dal FMI.

Il dogma economico “theo-classico” ha costretto la zona euro in recessione e gran parte dei suoi paesi periferici nella depressione. Questo rappresenta uno dei più distruttivi e spettacolari “autogol” della storia. Il dogma “theo-classico” della BCE consente soltanto un mezzo per sfuggire ad una grave recessione o alla depressione – mettere fine alla rete europea per la sicurezza sociale e ridurre di netto i salari della classe operaia, in modo tale che tutti gli Stati membri in difficoltà economica diventino principalmente o solamente “net exporter” di beni e servizi. (3)

È per tutto ciò che noi definiamo questo dogma: “Nuovo Mercantilismo”.

Adam Smith, naturalmente, era stato indotto a scrivere, in gran parte mosso dal suo desiderio di esporre la scienza del mercantilismo, una pura follia. L’economia era l’unica “scienza”!

Mi rendo conto di come questa “scienza” si sia… deteriorata drammaticamente nella sua capacità predittiva nel corso di 150 anni.

Il dogma della BCE si fonda su un errore di logica di base (ed è economicamente analfabeta e pericoloso). L’esportazione di una nazione è importazione per un’altra nazione, e quindi non possiamo essere tutti “net exporter”.

Il successo di una nazione (in questo caso, la Germania) nel diventare un “net exporter”, in parte attraverso una sostanziale riduzione dei salari della classe operaia, non prova che i paesi marginali possano emulare il suo “successo” tagliando i salari della classe lavoratrice.

Anzi, più la Germania diventa un “net exporter”, più è difficile per le nazioni periferiche diventare “net exporter”.

In pratica, la strategia della BCE prevede che gli Irlandesi cerchino di ridurre in modo sostanziale i salari della classe operaia, in modo da poter esportare in Portogallo. I Portoghesi devono tentare di ridurre i salari della classe operaia in modo da poter esportare in Grecia. I Greci tagliano i salari della loro classe operaia per cercare di esportare in Turchia. Questa strategia deve venire identificata con la “Strada verso il Bangladesh”.

La recessione comporta una domanda gravemente insufficiente. Durante una Grande Recessione (una depressione nelle aree marginali), il taglio dei salari della classe operaia e, contemporaneamente, della domanda nel settore pubblico attraverso misure di austerità, riduce ulteriormente la domanda e aumenta la disoccupazione.

Infatti, il governatore della BCE, Mario Draghi, ha ammesso questo nella sua straordinaria intervista concessa al Wall Street Journal.

Draghi ha continuato ad assicurare ciò che a un certo punto Paul Krugman (vincitore del Premio Nobel 2008 per l’economia) deride giustamente: dovrebbe apparire “la fata fiducia e sicurezza”, e la domanda del settore privato dovrebbe spontaneamente fare balzi in avanti e guidare una robusta ripresa nelle aree marginali.

Questa è la caratteristica distintiva del dogma, che non affonda le sue radici nei fatti, o che la sua logica non può essere confutata dai fatti o dal buon senso.

E noi stiamo a discutere su quante “fate fiducia” possono ballare sulla testa di una “testa di rapa” della BCE!

Questo è stato il contesto che ha portato migliaia di cittadini italiani ad invitare in Italia, e a pagare le spese di viaggio, un’eminente studiosa della Teoria Monetaria Moderna – MMT, Stephanie Kelton, ad esporre e discutere il mito più distruttivo della BCE – il TINA (“there is no alternative – non esiste alternativa”).

Stephanie Kelton insegna economia presso l’Università del Missouri – Kansas City (UMKC), la sede di altri importanti studiosi della MMT.

Randall “Randy” Wray, insieme con l’australiano Bill Mitchell, sono gli accademici più importanti specializzati nello sviluppo di MMT. (James Galbraith è uno studioso di punta della MMT, ma la MMT non fa parte della sua branca specialistica).

Il professor Mathew Forstater dirige il Centro per la piena occupazione e la stabilità dei prezzi (CFEPS) alla UMKC. Il CFEPS è stato creato e mantenuto per anni con i finanziamenti di Warren Mosler, uno dei collaboratori guida intellettuale alla creazione e allo sviluppo di MMT.

Gli Italiani hanno inoltre invitato Marshall Auerback, un analista di investimenti che lavora a stretto contatto con i ricercatori della MMT, ed in particolare con Warren Mosler e con gli studiosi della UMKC, per lo sviluppo di MMT.

Auerback scrive spesso sui migliori blog finanziari, compreso il blog dell’UMCK dedicato all’economia, “New Economic Perspectives – Nuove prospettive economiche” (ideato e diretto dalla Kelton).

L’organizzatore italiano del “Summit MMT” di Rimini, Italia, è stato Paolo Barnard, un giornalista che si è convinto che la MMT è una teoria giusta, che offre un’alternativa che l’Italia ha bisogno di recepire.

Barnard ha invitato altri tre oratori, il cui settore di competenza non è la MMT, per apportare il contributo delle loro opinioni all’incontro.

Questi tre relatori erano l’economista francese Alain Parguez (il professor Parguez è meglio conosciuto per avere sviluppato la Teoria del Circuito Monetario), l’economista statunitense Michael Hudson (un esperto di finanza), e un criminologo statunitense, avvocato, ed ex controllore della regolamentazione della finanza, che tiene corsi di economia e diritto presso l’UMKC (il sottoscritto).

Abbiamo relazionato, messo in campo questioni, e risposto alle domande dell’auditorio nel corso di tre giorni (venerdì 24 febbraio 2012, sono stati solo 90 minuti di saluto ai partecipanti, ma il sabato ha visto l’incontro durare dalle 10:00 del mattino alle 11:00 della sera, e domenica è stata giornata piena).

Non posso riassumere in un breve articolo tali ampie presentazioni, di diverse prospettive concettuali e disciplinari. Metterò solo in evidenza cinque punti salienti nella conferenza della Stephanie Kelton.

In primo luogo, la Kelton ha sviscerato il punto, come ho fatto anch’io in precedenza, su come l’essere entrati nell’euro abbia sottratto sovranità economica ai paesi membri, lasciandoli vulnerabili alla spirale mortifera dei mercati finanziari.

In secondo luogo, ha dimostrato come i progettisti dell’euro e della BCE abbiano cercato di creare una condizione in cui non sia possibile alcuna alternativa, visto che sistematicamente hanno tentato di eliminare alternative migliori per il recupero da una condizione di grave recessione o depressione. L’UE sostiene di aver creato una profezia che si auto-avvera di TINA. Kelton ha mostrato graficamente come la BCE, i mercati finanziari, e il Patto di Stabilità e Crescita, tutti insieme, e sempre più in maniera crescente, abbiano ristretto lo spazio politico entro il quale i paesi membri dell’Eurozona possono operare.

Per terzo, la Kelton ha indicato come esistano alternative, alternative di gran lunga superiori, per le nazioni dotate di moneta sovrana, anche in gravi difficoltà economiche. Illustrando queste alternative, ha dato speranze agli Italiani. Costoro sono stati sommersi dai media nazionali, che hanno fatto propria la linea trappola del TINA, del “non esistono alternative”, per farla bere tutta agli Italiani, perfino accusandoli della crisi.

In quarto luogo, ha spiegato come una moneta sovrana permette ad un paese nuove opzioni politiche, compresi programmi di garanzia di posti di lavoro che siano vantaggiosi per i disoccupati, che possono occupare posti di lavoro produttivi. (La “garanzia” consiste nel fatto che ad ognuno sarà offerto un lavoro. Un dipendente che non si impegna, o sul lavoro si comporta scorrettamente, può essere licenziato.)

In quinto luogo, ha dimostrato che i dogmi gemelli “theoclassici” dell’Unione europea, l’austerità di bilancio e il diventare “net exporter” attraverso drastici tagli ai salari della classe lavoratrice, non sono in realtà “alternativi” alla recessione, ma mezzi per aggravare la recessione.

La Kelton ha spiegato come le nazioni dell’Unione europea semplicemente non possono “decidere” di gestire un avanzo di bilancio o di diventare “net exporter”. Ci sono due impedimenti principali. “Decidere” di gestire un avanzo di bilancio nel corso di una grave recessione o depressione comporta una qualche combinazione di aumenti di tasse (Draghi definisce questo “cattiva austerità”, se questo vuol dire tassare le imprese) e di tagli alle spese sociali.

Entrambe le azioni riducono la domanda, già insufficiente in una recessione, e normalmente agiscono per contrarre l’economia ed espandono la disoccupazione e la povertà, con la riduzione delle entrate fiscali e dell’aumento delle spese di bilancio.

Il risultato è che l’austerità può aumentare i deficit di bilancio, piuttosto che provocare la loro riduzione. In regime di austerità e di euro, una nazione membro ha solo l’illusione del controllo del suo deficit di bilancio.

Le nazioni che utilizzano l’euro mancano anche della capacità di vedere garantita la loro gestione di un attivo della bilancia commerciale (e tanto meno di gestire le eccedenze di grandi dimensioni, essenziali alla strategia privilegiata da Draghi “a favore delle esportazioni”).

Non possono svalutare la loro moneta (il mezzo più efficace per produrre un surplus commerciale) perché non hanno una moneta sovrana e la BCE, dominata dalla Germania, insiste su un euro “forte” – uno dei principali ostacoli ad una strategia che favorisca le esportazioni.

Io ho già spiegato che la strategia “a favore delle esportazioni” si basa sulla “fallacia di composizione” logica, perché non possiamo essere tutti “net exporter”. [La fallacia di composizione avviene quando si attribuisce al tutto la qualità di una parte: gli appartamenti di quel edificio sono molto piccoli. Quel edificio ha tanti appartamenti. Quel edificio è piccolo.]

Questo errore è particolarmente forte per gli Stati membri dell’UE di cui la Germania è un partner commerciale importante.

Più in generale, la strategia di favorire le esportazioni ignora essenziali effetti di interazione.

Altre nazioni con valute sovrane possono svalutare, e molte di loro seguono le strategie di crescita della promozione delle esportazioni (pur soggette alla fallacia della composizione). Anche se i paesi alla periferia dell’UE tagliassero i salari della classe lavoratrice, portandoli a livelli del terzo mondo, non possono avere la sicurezza che altre nazioni non riusciranno a reagire a questa strategia delle esportazioni mediante una qualche combinazione di barriere doganali alle importazioni, di sussidi alle loro esportazioni, di svalutazione, e di competitivi tagli dei (già più bassi) salari alle classi lavoratrici.

Si noti che questa strategia rischia di innescare “guerre commerciali”, che possono anche esacerbare le recessioni e le depressioni.

Ancora una volta, l’“unica alternativa” che Draghi pretende che esista per contribuire ad una ripresa della periferia si rivela illusoria, perché una nazione che utilizza un euro “forte”, pur riducendo i salari dei suoi lavoratori ai livelli da terzo mondo, non è in grado di gestire politiche che indiscutibilmente  possono procurare grandi surplus commerciali netti ai paesi con valuta sovrana.

Dal nostro punto di vista come relatori, abbiamo individuato diversi aspetti straordinari in questo Summit sulla Teoria Monetaria Moderna MMT.

Siamo stati sbalorditi dal numero di persone che hanno partecipato al vertice – oltre 2100, per un numero fisso di iscritti. (Esiste tutta una serie di video su YouTube che dimostra questa partecipazione).

Paolo Barnard ha dovuto spostare il forum in uno stadio per il basket, perché nessuna struttura idonea alle conferenze era adatta a contenere tutta quella gente. Molte di queste persone hanno guidato per ore per partecipare e tutti hanno pagato l’ingresso per sostenere le nostre spese di viaggio. (Noi non abbiamo voluto alcun rimborso o onorario, ma siamo stati ospitati in un hotel molto bello a Rimini.) Ha partecipato un numero enorme di persone nonostante il quasi totale silenzio dei media italiani sull’evento. I partecipanti erano cittadini italiani normali, di ogni estrazione sociale, non componenti saccenti delle élite politiche.

Le persone partecipanti sono state decisamente entusiaste. Sono state sedute, non in posti molto confortevoli, per ore ad ascoltare economisti discutere di economia, e quantunque noi avessimo impostato il livello delle nostre presentazioni su un piano appropriato per un pubblico generale, non di specialisti, venivano illustrati tanti grafici e alcune analisi erano sofisticate. Inoltre, ci hanno dovuto ascoltare nella traduzione, e benché i traduttori professionisti fossero eccellenti, alcune cose inevitabilmente si sono perse nella traduzione.

Abbiamo trascorso ore ad accettare domande e a dare risposte,  ed i membri del pubblico ci interrogavano prevalentemente su argomenti di economia, ivi comprese misure specifiche di implementazione. Al momento delle pause, si potevano vedere partecipanti impegnati in discussioni politiche sostanziali e dibattere gli uni con gli altri.

Ho avuto esperienze in qualche modo simili in Irlanda ed in Islanda parlando ad auditori di non specialisti sulle cause della loro crisi, ma i numeri dei partecipanti erano ben più ridotti.

In ognuno di questi paesi le reazioni sono state comuni – le persone erano ammirate di sentire studiosi che ritengono completamente sbagliati i dogmi che hanno causato la crisi, studiosi che offrono vere alternative che danno speranza, e che non stanno cercando di fare un dollaro sulle disgrazie della gente.

Sono partito con un profondo rispetto per il popolo italiano e con la rinnovata speranza che questo popolo dirà un no a TINA e ai distruttivi dogmi della Troika, che hanno provocato la spirale recessiva nell’Eurozona.

Migliaia di Italiani sono ansiosi di lavorare per recuperare la piena sovranità economica e politica in Italia e adottare politiche economiche umane, efficienti e solo condizionate dalle reali risorse a disposizione – e non da scelte monetarie sbagliate. La Teoria Monetaria Moderna ha aperto i loro occhi su un mondo di alternative più desiderabili che potrebbero funzionare bene per l’Italia. source

di William K. Black Professore associato di economia e diritto presso l’Università del Missouri-Kansas City, Black ha speso anni di lavoro sulle politiche della regolamentazione e sulla prevenzione delle frodi finanziarie, come direttore esecutivo dell’Istituto per la prevenzione delle frodi, direttore della sezione “contenzioso” del consiglio della Federal Home Loan Bank e vice-direttore della Commissione Nazionale sulle riforme, la ripresa e le applicazioni degli istituti finanziari.N.d.T.:(1) Un prestatore di ultima istanza è una istituzione disposta a concedere credito quando nessun altro lo fa. In origine il termine si riferiva a un’istituzione finanziaria di riserva che si faceva garante in ultima istanza per banche o altre istituzioni definite; nella maggior parte dei casi si trattava della Banca centrale di un paese. Lo scopo del finanziamento e del finanziatore è prevenire il collasso delle istituzioni che stanno attraversando difficoltà finanziarie, spesso vicine al tracollo.
Il prestatore di ultima istanza ha la funzione di proteggere i correntisti, prevenire la diffusione di episodi di corsa agli sportelli bancari, nonché di evitare danni all’economia causati dal tracollo di un istituto finanziario.
(2) La teoria del ciclo economico della scuola austriaca, una scuola eterodossa dell’economia, i cui maggiori esponenti sono stati Ludwig Von Mises e poi Friedrich von Hayek, considera il ciclo economico come un fenomeno innescato da bassi tassi d’interesse monetari, che si discostano da quello che viene definito il tasso d’interesse naturale, il tasso d’interesse che metterebbe in equilibrio domanda ed offerta di capitali, se queste potessero incontrarsi in natura, e non in forma monetaria. Il punto centrale della teoria è considerare il tasso d’interesse come un fenomeno reale, determinato dalle scelte tra consumo presente e futuro, che a loro volta determinano le scelte tra risparmio ed investimento.   Gli economisti austriaci sostengono che le Banche Centrali siano la causa del cosiddetto ciclo economico, attraverso un costante aumento dell’offerta di moneta (inflazione monetaria), grazie al sistema monetario detto “Fiat Currency”, ovvero la moneta fiduciaria. I risultati di tale politica monetaria sono tassi tenuti artificiosamente bassi, e di conseguenza un boom caratterizzato da una maggiore richiesta di investimenti, che in una situazione normale non sarebbero stati richiesti, e quindi una collocazione deficitaria e falsificata di tali investimenti. La correzione di tale situazione, chiamata generalmente “recessione”, diventa quindi necessaria per una ricollocazione ottimale delle risorse. L’idea è che il ciclo economico sia stato innescato da un errore di politica monetaria delle Banche Centrali. In particolare il periodo prolungato di “denaro facile” degli ultimi anni, e l’espansione monetaria senza precedenti che ne è seguita, hanno determinato una forte espansione del credito, una pericolosa moltiplicazione dei mezzi fiduciari e l’avvio di numerosi investimenti, di fatto non sostenibili per la scarsità di capitali del sistema economico. Applicando la teoria austriaca del ciclo all’ultimo decennio, e all’ultimo ciclo, si dimostra come le autorità monetarie, confortate dai forti incrementi di produttività, dalla capacità produttiva non pienamente utilizzata, dal fatto che l’indice dei prezzi dei beni di consumo non fosse sensibilmente aumentato, non abbiano ritenuto preoccupante la fortissima espansione creditizia degli ultimi anni. Da qui l’errore di politica monetaria che è rimasta cieca davanti ad altri forti segnali provenienti dal sistema produttivo e creditizio, come la forte esposizione degli istituti di credito, il forte aumento di prezzo di tutti i beni capitali e delle materie prime, sintomi, questi ultimi, del fenomeno inflattivo in corso. Infatti. è proprio il processo di inflazione sequenziale che determina una “rottura” del sistema dei prezzi, facendo sì che non sia più vantaggioso produrre ai prezzi correnti, determinando quindi la fine del boom e l’inizio della crisi rovinosa. Le conclusioni che si traggono sono che se le Banche Centrali avessero arrestato l’espansione creditizia per tempo, si sarebbe potuta evitare l’esplosione della crisi di queste dimensioni, che è innanzitutto una crisi di capitali(3) Un paese, o un’area territoriale, viene definito “net exporter” quando il valore dei beni esportati è più alto del valore dei beni importati in un dato arco di tempo. L’Arabia Saudita e l’Iran sono esempi di paesi “net exporter”, vista la loro abbondanza di petrolio che vendono a quei paesi che non riescono a far fronte alla domanda di energia. È importante notare che un paese può essere un “net exporter” in un determinato settore, pur essendo un “net importer” in altre aree. Per esempio, il Giappone è “net exporter” di dispositivi elettronici, ma deve importare tanto petrolio da altri paesi per far fronte alle sue necessità. Quando il valore complessivo dei beni esportati è più alto del valore totale delle importazioni, la bilancia commerciale del paese risulta positiva

 

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