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Bond bancari i rischi dietro lo sportello: Monte dei Paschi ecco qualche buon motivo per stare in guardia.
Bond bancari … i rischi dietro lo sportello
Il valore delle obbligazioni degli istituti in tasca agli italiani si aggira sui 380 miliardi contro i 180 dei titoli di Stato.
Ma i Btp rendono di più.
Circa 50 miliardi di euro.
E’ il valore complessivo delle obbligazioni (bond) emesse sul mercato dal Monte dei Paschi di Siena e finite nel portafoglio degli investitori istituzionali o, nella maggior parte dei casi, nelle tasche dei risparmiatori privati che li hanno sottoscritti
attraverso gli sportelli della banca.
Ora, dopo lo scandalo giudiziario che ha coinvolto l’istituto toscano e i suoi ex-amministratori, chi ha comprato i bond di Mps ha qualche buon motivo per stare in guardia.
I RISCHI DEL BOD BANCARIO.
Tuttavia, la vicenda di Mps è una buona occasione per far tesoro di un prezioso insegnamento: i bond emessi dalle banche, in cui molti piccoli risparmiatori investono tutto (o quasi tutto) il proprio capitale, sono meno sicuri di quanto non sembri a prima vista.
Nell’eventualità di un crak dell’istituto emittente, i possessori delle obbligazioni rischiano infatti di rimanere con un pugno di mosche in mano e hanno diritto soltanto a insinuarsi al passivo del fallimento.
Discorso diverso, invece, per altri prodotti del risparmio come i conti correnti e i conti di deposito, che sono protetti fino a 100mila euro da un organismo di garanzia: il Fondo Interbancario di Tutela dei depositanti (Fitd).
Anche per altri strumenti finanziari, come i fondi comuni d’investimento e le polizze assicurative a capitalizzazione, esiste una qualche forma di tutela : il patrimonio impiegato in questi prodotti, infatti, è rigidamente separato da quello della banca che li vende. Per i possessori dei bond, invece, purtroppo non esiste un paracadute
VALANGA DI EMISSIONI.
Per questo, anche se un crack del Monte dei Paschi è un’ipotesi da non prendere neppure in considerazione, qualche giorno fa gli analisti di Altroconsumo hanno consigliato di vendere (se possibile) le obbligazioni di Mps, per sostituirle con due alternative: un conto di deposito di un’altra banca (nel caso dei bond che scadono prima del 2015) oppure con un Btp di uguale durata (se i titoli posseduti hanno una vita residua superiore ai 3 anni).
Eppure, in barba a tutte queste avvertenze, i nostri connazionali non sembrano proprio volerne sapere di voltare le spalle ai bond bancari.
Tutti gli istituti di credito continuano a venderli in massa allo sportello, per far scorta di liquidità, e molti clienti son ben lieti di comprarli.
Attualmente, il valore delle obbligazioni bancarie possedute dai risparmiatori della Penisola è di circa 380 miliardi di euro, corrsispondenti a più del 10-12% della ricchezza delle famiglie, contro i 180 miliardi impiegati invece in titoli di stato e i 230 miliardi finiti nei buoni fruttiferi postali. source
BTP PIU’ REDDITIZI. Conti alla mano, la strategia d’investimento dei nostri connazionali sembra tutt’altro che azzeccata. I bond bancari venduti allo sportello, infatti, offrono quasi sempre degli interessi leggermente superiori (o addirittura inferiori) a quelli dei Btp (Buoni del Tesoro poliennali) di uguale scadenza, pur essendo più rischiosi e meno liquidi, cioè meno facilmente negoziabili sul mercato, per chi ha bisogno di venderli prima della scadenza. Per rendersene conto, non serve essere dei super esperti di finanza ma basta dare un’occhiata ai prospetti informativi che accompagnano i collocamenti obbligazionari dei maggiori istituti di credito italiani, dove i rendimenti dei titoli sono messi a confronto con quelli di un Buono del Tesoro di uguale scadenza. Non di rado, è il Btp a vincere il confronto oppure, in alcuni casi, la remunerazione offerta dal bond bancario è superiore di pochissimi decimi di punto.
LA VERITA’ NEL PROSPETTO. Un esempio concreto arriva da una delle ultime obbligazioni a tasso fisso collocate proprio dal Monte dei Paschi, che scadono nell’aprile del 2016. Secondo il prospetto informativo, offrono un interesse del 3% lordo annuo (2,4% netto), cioè appena 4 decimi di punto in più rispetto al 2%, garantito invece da un più rassicurante Btp con scadenza 3 anni . La musica non cambia se si prendono in considerazione le emissioni anche di altre banche. E’ il caso, per esempio, del bond a tasso misto (fisso-variabile) appena collocato da Unicredit, con scadenza 31 gennaio 2017. Secondo il prospetto informativo del titolo, un Btp con la stessa durata ha buone probabilità di rendere, al netto delle tasse, due decimi di punto in più rispetto all’obbligazione di Unicredit (l’1,9% contro l’1,7%), mentre chi acquista un Cct (Certificato di credito del Tesoro a tasso variabile) che una scadenza quasi uguale, riesce a ottenere addirittura il 2,9% netto su base annua.
LA COMMISSIONE C’E’, MA NON SI VEDE. Infine, non va dimenticato che i bond delle banche sono quasi sempre pieni zeppi di voci di costo (le commissioni implicite) che non di rado sfuggono alla percezione del risparmiatore. I titoli sono infatti emessi a un valore ampiamente sotto la pari (cioè a un prezzo di 95 o 96 euro contro un valore nominale di 100 euro). Chi li compra allo sportello, però, li paga già al loro prezzo finale di di rimborso, cioè a 100, anche se il valore di mercato dei titoli è in realtà più basso, almeno inizialmente (quando le obbligazioni vengano quotate su listini regolamentati, come il Mot o EuroTlx). La differenza di 4-5 euro sul prezzo del bond, che la banca tiene per sé, è infatti una ricca commissione di collocamento, applicata per remunerare la rete di vendita dell’istituto. Si tratta di un balzello assai pesante ma che, spesso, viene completamente ignorato dagli investitori.