Dopo lo scandalo Monte dei Paschi, Susanna Camusso mette in guardia sui titoli tossici delle banche, vediamo se la speculazione sui titoli tossici c’è ancora.

Scritto il alle 16:31 da carloscalzotto@finanza

Molte volte gli errori del passato non servono e, ciclicamente, i problemi si rifanno sentire.

ieri Susanna Camusso commentando la vicenda Mps.

Nel suo intervento conclusivo alla conferenza di programma della Cgil, Camusso ha poi annunciato che nei prossimi giorni ”insieme alla categoria presenteremo una proposta sulla trasparenza del sistema bancario, sul sistema di governance e sulle regole, perche’ questo tema si risolve attraverso una governance trasparente… Asca

Dopo lo scandalo MPS, che ci tocca da vicino, vediamo se a speculazione sui titoli tossici c’è ancora, ebbene, i dati che emergono sono allarmanti, eccoli:

Warren Buffett gia’ nel 2002, nella tradizionale lettera agli azionisti di Berkshire Hathaway, definiva i derivati “un’arma di distruzione di massa”.
Una sintesi davvero eccellente che mette a nudo da una parte la voracità della speculazione e, dall’altra, la natura intimamente distruttiva del capitalismo il quale, giunto a certi picchi di sviluppo, deve per forza di cose distruggere pezzi delle forze produttive per far ripartire il ciclo. Prima questa funzione era
assolta dalle guerre mondiali. Un’arma di distruzione di massa perfettamente funzionale, quindi. Sembrerà strano ma di derivati “si continua a morire”.

I dati piu’ recenti sono quelli dell’Office of the Comptroller of the Currency, l’agenzia federale del governo Usa che regola e vigila su tutte le banche nazionali e le filiali di banche estere presenti negli Stati Uniti.

Nel terzo trimestre 2012, scrive l’Occ, il totale dei contratti sui derivati stipulati dalle principali 25 societa’ americane e’ tornato ad aumentare dopo una serie di cali consecutivi, per un totale che supera i 227 mila miliardi di dollari.Una somma che e’, tanto per dare un’idea, 15 volte il debito pubblico americano, oppure piu’ di 3 volte il Pil complessivo di tutti i paesi del mondo.

Una esposizione, peraltro assai limitata, visto che le 4 banche piu’ grandi ne controllano il 96%: la sola JP Morgan Chase detiene derivati per 71mila miliardi, pari al Pil del mondo.

A livello globale, poi, le stime del mercato dei derivati vanno dai 400 ai 500 mila miliardi di dollari.

Facile intuire come il minimo ‘inceppamento’ in questo meccanismo finanziario possa avere conseguenze devastanti per l’economia di qualsiasi paese.
Alla indecente abbuffata non è estraneo il nostro paese. Appena due giorni fa Borsa Italiana ha battezzato Agrex, un nuovo segmento di derivati destinato ai futures sul grano duro e che punta a ‘coprire’ gli operatori da variazioni indesiderate

Tecnicamente parlando, come spiegano i manuali di economia, i derivati sono strumenti finanziari contraddistinti da:
1) un valore che varia al variare di un’attivita’ sottostante con un legame tra i due prezzi fissato da complessi (e discussi) algoritmi matematici;
2) una necessita’ di capitale iniziale nullo o molto piccolo;
3) una regolazione in una data futura. Tutte caratteristiche che possono consentire la generazione di enormi profitti o gravissime perdite, a seconda dell’evoluzione del mercato: piu’ o meno quanto avviene con una classica scommessa (la definizione piu’ gentile utilizzata dai critici di questi strumenti). Solo che qui la posta in gioco e’ enorme, e per certi versi incalcolabile. Ovviamente, questo giochino ha due effetti devastanti: il primo, diretto, sul settore economico legato ai prezzi in gioco, come il caso delle materie prime, perché ad un certo punto l’entità degli interessi coinvolti assume un peso rilevante sulle quotazioni. Basta guardare al ruolo dei futures nella determinazione del prezzo del petrolio. Secondo, quando i derivati diventano tossici i bilanci delle aziende e degli istituti di credito ne risentono in maniera spropositata rispetto ai loro asset e quasi sempre si apre la strada del fallimento. Terzo, quando questo fenomeno arriva in modo massiccio al sistema bancario di fatto blocca il flusso del credito.
Per ora Stati Uniti ed Europa sono riusciti a definire nuove normative anti-crisi per regolamentare in particolare i mercati dei derivati over-the-counter. La nuova disciplina europea prevede che i derivati Otc vengano obbligatoriamente scambiati attraverso le cosiddette “casse di compensazione”, con una controparte centrale (Ccp) tra venditore e acquirente che si assume il rischio di insolvenza di una delle controparti e in questo modo ne riduca il potenziale ‘effetto domino’. source
Ma sono regole che hanno costi pesanti per il sistema finanziario globale (fino a 6,7 miliardi di dollari) e che non piacciono alle multinazionali (tra cui Shell, Bp, Edf, Eon, Gazprom), che denunciano i rischi di aumento dell’inefficienza e quindi dei costi complessivi. I derivati, d’altronde, hanno sempre avuto grandi estimatori (nel 2005 nell’audizione al Congresso Usa per la sua nomina alla Fed lo stesso Bernanke si disse assolutamente “fiducioso” sulla tenuta di questo mercato) e molte amministrazioni pubbliche – anche nel nostro Paese – sono ricorse tranquillamente ai derivati per finanziarsi senza dover sottostare all’obbligo del pareggio di bilancio.

Una prassi che ha condotto – ancora una volta – a forti perdite ma, nel caso di Milano, anche alla condanna di quattro banche internazionali per truffa aggravata. Anche perche’ – come ha spiegato il procuratore Alfredo Robledo i contratti con le amministrazioni pubbliche sono viziati da “un’asimmetria informativa, aggravata dal fatto che praticamente nessun Comune e’ stato assistito da esperti indipendenti di matematica finanziaria”.

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