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Unipol, Fondiaria e le banche: fusione e aumento di capitale
Brutta situazione la fusione tra Unipol e Fondiaria Sai, a mettersi in salvo con la MAXI-FUSIONE PREMAFIN-UNIPOL sembrano essere solo le indebitatissime MEDIOBANCA di NAGEL E UNICREDIT di GHIZZONI,che sino ad ieri aprivanomilionarie linee di credito per i Ligresti UNIPOL avrebbe pototo prendere FONSAI SENZA PASSARE da PREMAFIN, risparmiando una montagna di soldi. Ma a questo punto le due banche NON SAREBBERO MAI RIENTRATE DEI DEBITI E I Ligresti non avrebbero visto un bonus da77 MILIONI, il risultato finale di questa operazione sarà un salasso per gli azionisti di minoranza a cui vengono chieste le nuove risorse finanziarie per pagare ligresti e le due banche a cui la CONSOB DI VEGAS potrebbe non riconoscere NEMMENO L’OPA SU FONSAI IN VIRTÙ DI UNO STATO DI CRISI CHE AL PIANO DI SOPRA NON SI SA NEANCHE COSA SIA.
Ecco l’articolo della Repubblica di Giovanni Pons
“Unipol aveva un modo molto meno dispendioso per conquistare Fonsai: semplicemente garantire l’inoptato del suo aumento di capitale da 750 milioni”. Il banchiere d’affari che ha seguito le trattative frenetiche delle settimane scorse si toglie qualche sassolino dalla scarpa.E perché Unipol ha scelto la strada più tortuosa e dispendiosa? Perché altrimenti i Ligresti non avrebbero visto un euro e le banche esposte con Premafin, Unicredit in testa, avrebbero perso un sacco di soldi.
Dunque quello di cui si sta parlando non è tanto un salvataggio della compagnia di assicurazioni Fondiaria-Sai, come si vorrebbe far credere anche alla Consob, ma è un salvataggio dei prestiti di Mediobanca e Unicredit in primo luogo. Se entro la fine del 2011 il cda Fonsai non avesse deliberato una ricapitalizzazione fino a 750 milioni, il rimborso dei crediti subordinati per 1,1 miliardi di piazzetta Cuccia verso la compagnia dei Ligresti sarebbe stato a rischio, anche ai fini di una svalutazione nei conti della merchant bank milanese.Un fatto che avrebbe messo in difficoltà il bilancio di Mediobanca e la credibilità agli occhi dei grandi azionisti dei suoi amministratori di punta, Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Così, per non sacrificare sé stessi, i manager di Mediobanca e Unicredit hanno deciso di scaricare il costo finanziario dell’intera operazione, definita “industriale”, sulle spalle del mercato.Un mercato già messo a dura prova dalle operazioni Bpm e Unicredit ma che ora sarà ulteriormente spremuto per fare fronte agli aumenti di capitale Fonsai e Unipol per un totale di 1,75 miliardi. Visti separatamente i due aumenti preannunciano un bagno di sangue per gli azionisti già presenti sul titolo e un’opportunità per i nuovi che volessero prendersi la scommessa di entrare. Fonsai vale infatti 287 milioni in Borsa e l’aumento sarà pari a 750 milioni, quasi tre volte tanto. Se a ciò si aggiunge che sarà necessario uno sconto di almeno il 40% sul Terp, il concambio sarà anche peggio di quello di Bpm che era 5,5 nuove azioni per ogni vecchia. Di positivo ci sarà che il 35% sarà garantito dall’azionista Premafin, a sua volta ricapitalizzata sotto il controllo Unipol, ma l’effetto diluitivo sarà comunque devastante e non sarà facile neanche per Mediobanca mettere insieme un consorzio di garanzia per circa 500 milioni.Non molto diverso il discorso per Unipol. Per pagare 150 milioni agli azionisti Premafin (l’80% è dei Ligresti), circa 250 milioni alle banche creditici (Unicredit e Mediobanca in prima fila), altri 250 milioni per ricapitalizzare Fonsai più 250 milioni per sanare il proprio bilancio e quello di Banca Unipol, la compagnia bolognese dovrà raccogliere dal mercato circa un miliardo.La cifra è pari al doppio della capitalizzazione di Borsa attuale, che arriva a 553 milioni. In questo caso, però, almeno il 50% dovrebbe essere garantito da Finsoe e dalle altre cooperative che ne sono azioniste grazie a forme di finanziamento messe a disposizione dalle solite due banche.
Ma 500 milioni dovrà metterli ancora il mercato, in un rapporto di concambio che non sarà quello di Fonsai ma comunque assai diluitivo per gli attuali azionisti. Il risultato finale di questa operazione “industriale” sarà un salasso senza precedenti per gli azionisti di minoranza a cui vengono chieste le nuove risorse finanziarie per soddisfare i Ligresti e le banche e a cui la Consob potrebbe non riconoscere nemmeno l’Opa su Fonsai in virtù di uno stato di crisi che al piano di sopra non si sa neanche cosa sia.