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Banche: Americani ed europei litigano su come salvarle
Mentre avanza la depressione in Europa e si avvicina un nuovo crac finanziario, i regolatori europei e americani non discutono come evitare il crac, ma su chi debba pagarne il conto.
Ciò è emerso chiaramente ad una conferenza tenutasi il 5 novembre alla George Washington University, intitolata “Abbiamo risolto il Too Big To Fail?”. Le autorità bancarie EU e britanniche sostengono il “bail-in” (prelievo forzoso) per le megabanche insolventi, cosa che i funzionari americani della Fed e della FDIC sanno che non funzionerà. Questi, a loro volta, sono pronti a usare le procedure di insolvenza come dal Titolo 1, basate su piani di liquidazione, o “living wills”, da esse preparati in anticipo. Ma nemmeno questo funzionerà, e gli europei lo sanno.
La soluzione funzionante – una separazione bancaria alla Glass-Steagall tra le banche commerciali e quelle d’investimento – è stata scartata a priori da entrambe le fazioni.
L’ex governatore della Bank of England Peter Tucker si è incaricato di svolgere l’arringa a favore del bail-in. Provocato dal moderatore Simon Johnson, noto per sostenere sobriamente Glass-Steagall, e da interventi dell’EIR e di altri dal pubblico, Tucker ha ammesso brutalmente come esso funzionerebbe. Le regole dovrebbero essere “finalizzate” al vertice del G20 di Brisbane il 15-16 novembre e comprenderebbero anche l’innalzamento dei requisiti patrimoniali delle banche al 20-25% dei titoli ponderati al rischio, oltre il doppio di quelli attuali.
Come? Piazzando titoli chiamati “bail-in-bonds”, fatti apposta ad assorbire le perdite in caso di insolvenza, a fondi pensione e assicurazioni, su cui si scaricherebbe parte dell’impatto. “Alla fine ci sono solo e sempre le famiglie”, ha detto cinicamente Tucker.
Se il G20 prenderà le decisioni suggerite da Tucker, le banche tradizionali saranno ancora una volta punite mentre quelle speculative saranno favorite.
Come abbiamo già spiegato, i “titoli ponderati al rischio” sono di fatto i prestiti, il cui rischio è – contrariamente ai derivati – trasparente. Un’impresa non può nascondere una situazione di insolvenza e la messa in sofferenza del debito verso le banche. Se trucca il bilancio va in galera, mentre se lo fanno gli hedge fund e le banche, nascondendo le perdite dietro la complessità dei derivati, vengono premiate con i soldi della BCE. source
Così la Deutsche Bank, con derivati di “level 3” (cioè titoli che non hanno prezzo perché nessuno li vuole comprare), ammontanti al 99% del patrimonio, ha superato gli stress test, mentre alcune banche italiane con una quota di prestiti in percentuale più alta non ce l’hanno fatta.