Guerre valutarie: Mario Draghi smentisce ma…

Scritto il alle 16:51 da carloscalzotto@finanza

Cosa sono le guerre valutarie?

Il numero uno della Bce, Mario Draghi, ne ha smentito la presenza e pericolosità, ma questi “conflitti” tra monete e svalutazioni stanno diventando un argomento sempre più attuale e intricato.

Anche il numero uno della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, vi ha fatto riferimento: a suo dire, infatti, è esagerato parlare di una guerra di valute, ma ormai sono in molti a parlare di questo argomento.

È scoppiato forse un nuovo conflitto bellico senza che ce ne accorgessimo?

In realtà, il termine è piuttosto forte, ma le cannonate e i carri armati non c’entrano nulla…
Questa guerra si combatte a suon di svalutazioni competitive e coinvolge praticamente tutte le economie globali.

Stati Uniti, Cina, Unione Europea, Giappone e anche i paesi emergenti devono difendere la loro posizione. Tra l’altro, non tutti sono d’accordo nel definire una situazione simile: se Draghi ha smentito l’ipotesi, lo stesso non può dirsi per Guido Mantega, ministro delle Finanze brasiliane, secondo cui la guerra dei tassi sarebbe già cominciata, con l’economia locale colpita da tempo.

ecco l’esempio in Giappone

Grandi hedge fund Usa scommettono contro lo yen (Wsj)

Miliardi di dollari di scommesse contro lo yen da parte di alcuni dei maggiori hedge fund americani per sfruttare i tentativi del Giappone di ridurre il valore della propria valuta e sostenere l’economia. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, George Soros, che ha fatto fortuna negli anni Novanta scommettendo contro la sterlina, ha guadagnato quasi un miliardo di dollari da novembre, così come hanno incassato David Einhorn di Greenlight Capital, Daniel Loeb di Third Point e Kyle Bass di Hayman Capital Management. I fondi hanno tratto vantaggio dal fatto che lo yen ha perso circa il 20% in quattro mesi, scatenando il timore di un’imminente guerra di valute. Paesi come Germania e Francia hanno duramente criticato Tokyo, mentre altri hanno minacciato di ridurre il valore della propria valuta per rimanere competitivi nei confronti del Giappone source

Tutto può essere fatto partire da quando Stati Uniti e Ue hanno cominciato a fare pressioni sulla Cina per convincerla a rivalutare la propria valuta ufficiale, lo yuan. source

Quest’ultimo è stato apprezzato negli ultimi tempi, ma non in maniera sufficiente secondo l’opinione comune.

Eppure Pechino rimane convinta delle proprie decisioni e non vuole danneggiare i produttori con una rivalutazione troppo rapida.

Altra svalutazione è quella dello yen giapponese, esempio poi seguito a ruota dalla Corea del Sud (won) e dal Brasile (real), mentre altri paesi hanno ridotto il valore monetario per non danneggiare le esportazioni.

È il caso della Thailandia (baht), Singapore (dollaro), India (rupia), Taiwan (dollaro taiwanese) e Svizzera (franco).

 

È anche vero, però, che queste economie non potranno sostenere in eterno misure simili: l’export va tutelato, ma con le continue svalutazioni i paesi più ricchi potrebbero rispondere interrompendo l’acquisto di debito, riducendo gli investimenti esteri e perfino bloccando il trasferimento di tecnologie.

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