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Grecia il tempo vola e tra un mese sarebbe insolvente: improvvisamente nel 2009 ci siamo svegliati dal sogno e ci siamo ritrovati in un incubo
Ora si apre una finestra sulle opportunità.
Il peggio potrà essere evitato solo se l’Europa sarà veramente disponibile a rivedere la sua impostazione, trattando con il nuovo governo una revisione degli accordi che conceda alla Grecia il tempo per fare le riforme strutturali di cui ha bisogno: revisione del meccanismo di riscossione delle imposte, snellimento della pubblica amministrazione, privatizzazioni. Paradossalmente, la Troika si troverà costretta a trattare con il maggiore responsabile di questa situazione: Samaras, leader del partito (Nuova Democrazia) che, quando era al governo nel 2009, comunicò dati falsi sul bilancio pubblico.
Questo è il risultato di avere messo alle corde il governo socialista di Papandreou, costringendolo di fatto alle dimissioni, e di non avere fatto nulla per agevolare il governo tecnico di Papademos. I margini di trattativa sono ristretti, data la scarsa flessibilità della Troika. Prepariamoci al rito delle estenuanti negoziazioni, sotto la minaccia di non erogare le prossima tranche di finanziamenti europei, senza la quale il governo di Atene sarà insolvente tra un mese.
La Grecia è un po’ come il Mezzogiorno d’Italia. Deve e può, a mio parere, svilupparsi con le proprie risorse (soprattutto intellettuali). Bisogna solo avere poche regole e certe, meritocrazia come leitmotiv, una giustizia veloce e attenta, qualche infrastruttura, investimenti in scuola e formazione, una politica moderna e onesta, incentivi per chi crea in ottica di lungo periodo. Il resto verrebbe da solo.
Fino a 4 anni fa tutti noi associavamo alla Grecia solo immagini positive: le case bianche, i fiori sui balconi, il blu cobalto del mare, il canto delle cicale e gli odori di tzatziki e gyros per le vie dei paesi e delle città. Inoltre, noi Italiani lo sappiamo bene, l’amore per questo Paese è stato fotografato in modo indimenticabile da Mediterraneo il film premio Oscar che narra di un manipolo di soldati che “occupano” un’isola greca durante la II Guerra Mondiale e poi se ne innamorano perdutamente.
Improvvisamente nel 2009 ci siamo svegliati dal sogno e ci siamo ritrovati in un incubo. All’indomani della vittoria elettorale di George Papandreou, candidato del Partito Socialista, viene scoperto un buco nei conti dello Stato da capogiro e un deficit molto più alto rispetto a quello dichiarato (e certificato); il “Re è nudo”, la Grecia non ha (e forse non ha mai avuto) le carte in regola per stare nell’euro e, per la prima volta, qualcuno ha il coraggio di dirlo.
Panico nei mercati, effetto contagio immediato su altri Paesi più deboli e comincia per tutti l’Odissea (è il caso di dirlo) dello spread.
Molte volte in questo blog abbiamo parlato, da un punto di vista meramente economico, della Grecia e troppe volte noi – ma anche testate giornalistiche, trasmissioni di approfondimento, per non parlare di banche, operatori, consulenti – non abbiamo dato il giusto spazio alla questione politica e sociale per non parlare del dramma personale che tanti cittadini greci stanno vivendo. Le elezioni di maggio hanno dimostrato questo: la confusione di un popolo tartassato e impoverito, che preferisce l’estremismo, che vede l’Europa come una schiavitù, non come un luogo in cui Stati, popoli, culture decidono di costruire un progetto comune.
Ora inserisco l’interessante intervista tratta da Advise only che approfondice i drammi personali di un popolo affamato con l’intervista a un cittadino greco che vive in Italia, Nikos Frangos, rappresentante della Comunità Ellenica di Milano alla Confederazione delle Comunità Greche in Italia, analista politico-economico della Grecia e relationship manager per un’importante società del risparmio gestito italiana.
Nikos, come vivono i Greci questi mesi così difficili? A cosa stanno rinunciando?
Questi ultimi anni per i Greci sono stati durissim; sembra infatti che, dopo anni di benessere economico, siamo piombati in un baratro dal quale pare impossibile uscire. I ceti medio-bassi sono in grave difficoltà per i continui tagli agli stipendi (ed alle pensioni), non calmierati da un calo del costo della vita che è rimasto su livelli pre-crisi e rende difficilissimo, soprattutto a chi abita nelle grandi città, arrivare alla fine del mese.
Negli ultimi mesi si è verificato un forte calo dei consumi (non si contano più gli esercizi commerciali che stanno chiudendo, soprattutto ad Atene) che ha impattato in particolar modo su tutto ciò che non è ritenuto necessario; la benzina ha raggiunto, anche a causa delle accise, livelli molto elevati (così come il gasolio da riscaldamento), e moltissime sono state le targhe restituite alla motorizzazione per l’impossibilità di pagare tasse automobilistiche ed assicurazioni.
Qual è l’atmosfera politica in Grecia? Perché la gente sceglie gli estremismi?
L’atmosfera politica in Grecia è quasi esplosiva, la gente è molto delusa e “inviperita” con la classe politica (il PASOK e Nuova Democrazia) che ha governato ininterrottamente il Paese dalla dittatura, 1974 ad oggi, imputando ad essa la situazione attuale, senza discernere su chi veramente ha agito in malafede e chi si è rivelato “incapace” di mantenere le promesse elettorali.
Il modo più spontaneo di reagire si è espresso con il voto a partiti posizionati su ideologie estremiste o su politiche molto demagogiche o populiste, ma che “promettono” la fine dei sacrifici, ingannando ancora una volta gli elettori.
Cosa pensano i Greci della Germania di Merkel?
I Greci sono molto delusi dall’atteggiamento “oltranzista” della Cancelliera tedesca la quale, a mio giudizio, è riuscita a coalizzare tutte le forze politiche greche contro di lei e, ingiustamente, contro la Germania. Tempo fa ho avuto modo di parlare con Manfred Kolbe, parlamentare della CDU, il quale mi ha effettivamente spiegato che i Tedeschi non vogliono la Grecia fuori dall’Euro, ma esigono il rispetto degli accordi stipulati dagli ultimi governi greci. Purtroppo l’atteggiamento della signora Merkel pare non rispecchiare questo desiderio: con l’ultima “richiesta” al Presidente della Repubblica Karolos Papoulias di indire un referendum sull’euro (smentita senza troppa convinzione dai vertici tedeschi) ha di fatto dimostrato di avere una concezione distorta dell’Unione Europea, un gruppo di Stati guidato da una permanente presidenza tedesca e della Grecia come di un protettorato sul quale imporre anche le più basilari regole di funzionamento della democrazia.
Inutile aggiungere che questa “prova di forza” della Signora Merkel ha contribuito a spingere ancor di più la Grecia lontano dal desiderio di rimanere in Europa.
Che cosa, seconda te, ha portato la Grecia in questa situazione?
Innanzitutto, e lo dico senza troppi giri di parole, la colpa è dei Greci: politiche criminali hanno portato ad aumentare a dismisura il debito pubblico al fine di accontentare ciascuno il proprio bacino elettorale. Inoltre, nel corso del 2009, sono stati rilasciati dei dati sul deficit palesemente falsi facendo, di fatto, perdere credibilità alla Grecia di fronte ai partner UE ed ai mercati finanziari. Dall’altro lato l’Unione Europea si è trovata a fronteggiare una crisi economica (che parte da più lontano di quanto sembri) con una leadership politica a mio modo di vedere fortemente inadeguata.
La palese difficoltà (o mancanza di volontà?) nel contrastare la speculazione finanziaria da parte delle autorità monetarie internazionali e dei più importanti stati membri dell’Unione ha esposto la Grecia al martirio ed è stata, di fatto, utilizzata come “cavia” per verificare se fosse stato possibile evitare il contagio con politiche economiche caratterizzate quasi esclusivamente da una ferrea austerità.
Che cosa ha sbagliato l’Europa?
Secondo me l’Europa non si è mai mostrata “convintamente” unita, se non con gravi ritardi dovuti in gran parte alle medesime colpe delle quali è stata accusata la Grecia: favoritismi a fini elettorali. Non è un mistero che, quasi sempre, ogni ritardo nelle più importanti decisioni rese necessarie dalla contingenza della crisi, così come ogni avventata dichiarazione a mercati aperti (con deleteri effetti sui debiti pubblici dei paesi più deboli), sia stato dettato dalla volontà di non dispiacere i propri elettori.
L’Unione Europea appare come un gigante economico, ma si comporta come un’entità politicamente inesistente, con numerose e continue contraddizioni che sembrano portarla verso l’implosione. Si è fatto poco per evitare la speculazione finanziaria: l’UE è espressione di interessi ancora fortemente contrapposti.
Qual è la strategia migliore per aiutare la Grecia a uscire dalla difficile situazione in cui si trova?
A mio parere si deve necessariamente procedere lungo un sentiero che imponga sacrifici per riportare l’economia greca ad essere competitiva ed autosufficiente, ma non si può chiedere ai Greci di farlo in un lasso di tempo troppo breve, date le attuali condizioni socio-economiche del Paese. Sarebbe opportuno dedicare una parte dei finanziamenti alla crescita economica del Paese, senza insistere fino all’eccesso con le misure di austerità; non è solo con stipendi da terzo mondo che si incentivano gli investimenti esteri. È necessario inoltre “ricostruire” un apparato statale efficiente, che permetta di avere entrate certe e con la giusta continuità.
Per far sì che le misure approvate siano finalmente implementate, la soluzione deve essere condivisa e non imposta alla Grecia e, cosa non secondaria, le autorità locali devono “spiegare” le misure alla popolazione.
Quali sono le differenze tra la Grecia e l’Italia?
L’Italia è un Paese industrializzato e più competitivo dal punto di vista dell’export; la Grecia è un Paese poco industrializzato, fortemente importatore e troppo dipendente da alcune risorse (turismo ed agricoltura su tutte). L’Italia ha saputo valorizzare da tempo in maniera molto migliore il proprio patrimonio artistico e naturale a fini turistici, mentre la Grecia ha iniziato a farlo compiutamente soltanto da pochi anni.
Punti comuni tra i due Paesi sono l’elevata evasione fiscale, dovuta ad una mancanza di senso civico, e un elevato tasso di burocratizzazione dell’apparato statale che, oltre a complicare la vita ai cittadini, scoraggia anche le speranze degli investitori stranieri.
Il divario maggiore -emerso durante la crisi- è la differente ricchezza privata, molto elevata per l’Italia (anche se a fronte di un debito gigantesco) rispetto a quella della Grecia; in secondo luogo la migliore salute dell’apparato bancario italiano rispetto a quello greco (in vita ormai solo grazie alla Bce).
L’Europa ha un futuro?
Se gli Stati europei decidessero di dotarsi di una politica comune e non soltanto di un’economia comune, privilegiando l’interesse comunitario a quelli nazionali (ma senza perdere la propria identità: questa è la vera sfida!), avranno un futuro, altrimenti, se rimarranno un gruppo di entità geografiche confinanti tra loro e tra loro diffidenti, piuttosto che una vera e propria Unione Europea, andranno nella direzione opposta a quella sperata: la disgregazione.
Ormai siamo in un’era di piena globalizzazione, quindi è inimmaginabile pensare che, se qualche fattore (esterno o interno che sia) “colpisce” un singolo Stato europeo non possa impattare sull’intero continente, come la crisi dei debiti sovrani ha purtroppo dimostrato.