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Manovra Monti per aiutare le imprese, Allowance for Corporate Equity
Dato che l’economia è già in recessione viene da domandarsi sulla bontà di tali provvedimenti in un momento del genere. Soprattutto: riuscirà il governo Monti, nonostante le crescenti difficoltà, a passare alla fase due, quella della crescita. Purtroppo non ripongo molta fiducia (ovviamente spero di essere smentito dai fatti) non tanto per le capacità del governo, che vede in prima linea dei protagonisti del libero mercato, ma per la presenza di un sottobosco politico che continua ad essere arroccato su posizioni anacronistiche e a tutelare le rendite da posizione. Constato la difficoltà persino di liberalizzare la vendita dei farmaci di fascia “C” nelle parafarmacie, luoghi in cui sarebbe comunque assicurata la presenza di un farmacista. Figurarsi se si dovrà toccare l’ordine dei notai o procedere ad una liberalizzazione dei servizi pubblici locali seria. Ora Vi parlerò di una delle principali misure contenute nella manovra Monti che dovrebbe funzionare come apripista per lo sviluppo e la crescita delle imprese del Bel Paese. siccome in pochi hanno prestato attenzione a questa misura vediamo di cosa si tratta in dettaglio. Mutuato dagli ordinamenti anglosassoni, l’Ace stimola la crescita aziendale agevolando il finanziamento con capitali di rischio piuttosto che facendo ricorso al debito, strada oggi non piu’ percorribile non solo per la crisi ma anche per i nuovi e stringenti requisiti di Basilea 3 che il sistema creditizio sarà tenuto a rispettare nei prossimi anni. L’Ace è un meccanismo fiscale che prevede la possibilità di dedurre dal reddito imponibile i capitali che vengono utilizzati per incrementare il patrimonio delle imprese. Chiunque deciderà di investire denaro in un’azienda mediante conferimento di capitali di rischio, potrà dunque usufruire di una specie di “sconto fiscale”. Si tratta di un sistema che cerca di ridurre lo squilibrio esistente nel trattamento tra aziende che si finanziano ricorrendo alle banche e imprese che invece lo fanno con capitale proprio. Del resto quando si finanzia un’azienda con denaro preso a prestito è possibile dedurre dall’imponibile gli interessi. Mentre se si usano capitali propri (equity) non ci sono deduzioni sull’utile ma solo tasse: sia livello societario che a livello personale (se gli utili vengono distribuiti come dividendo).
Questo fenomeno ha portato le aziende italiane ad essere sottocapitalizzate e fortemente indebitate, incapaci ad affrontare le nuove sfide e a rimanere sempre in controllo di una famiglia. In definitiva il sistema sino ad ieri in vigore spingeva gli imprenditori a prendere in prestito denaro piuttosto che immettere liquidità propria nell’azienda.
L’Ace fa diventare l’investimento di capitali nel proprio patrimonio aziendale quantomeno conveniente come un qualsiasi altro investimento. A questo scopo è stato stabilito che sarà ammessa in deduzione dal reddito un importo pari ad un rendimento che nel primo triennio di applicazione della legge sarà pari al 3%. Investire nella propria azienda significa avere un minimo un rendimento garantito del 3%.
Ad esempio se i soci dell’impresa Alfa immettono una cifra di un milione di euro in conto capitale, già in sede di dichiarazione 2012, visto che la norma si applica al periodo d’imposta in corso, potranno dedurre ai fini dell’Ires 30.000 euro. Ossia il 3% di un milione, con un conseguente risparmio fiscale di 8.250 euro, il 27,5% di 30 mila euro.
Anche se la norma è salutata con favore negli ambienti economici dovrebbe essere accompagnata da una rimodulazione del peso fiscale complessivo sull’impresa dato che questa resta, in Italia, ancora svantaggiata rispetto agli ordinamenti anglosassoni. Anche se i benefici si vedranno solo nel lungo termine, la strada intrapresa è sicuramente giusta.