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Riforma del lavoro: Italia VS Europa sul Welfare
Dunque sappiamo tutti del tormentone “paccata”, e delle peripezie che ci sono per trovarsi daccordo sulla riforma del lavoro. L’ unico punto fermo è che entro il 23 marzo si farà la riforma del lavoro volente o nolente, lo dicono sia la ministra del Welfare Elsa Fornero che il priemier Mario Monti. Cosa prevede la nuova riforma sugli ammortizzatori sociali? Ecco alcune novità:
_ Abolizione della mobilità ( cioè 1 anno a chi ha meno di 40 anni – 2 a chi ha più di 40 anni – 3 a chi è sopra i 50 anni ), dell’una tantum per i co.co.pro, degli incentivi di mobilità e di disoccupazione per gli apprendisti e altre indennità simili, entro il 2015 ma non la CIG ordinaria. Verrano rimpiazzati dall’ “Assicurazione sociale per l’impiego” (Aspi):
- – si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e pubblici impiegati con contratti non a tempo indeterminato
- – saranno necessari almeno due anni di anzianità assicurativa del dipendente e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio
- – l’importo medio arriverà alla soglia dei 1.119 euro lordi ( circa 800 euro netti) al mese, la durata del bonus sarà di 12 mesi e di 15 mesi per i lavoratori con più di 58 anni.
- – l’indennità sarà sottoposta ad un meccanismo di riduzione del 15% dopo i primi sei mesi e di un’ altro 15% dopo altri sei mesi.
_ “Contributo di licenziamento”. Dovrà essere versato all’Inps all’atto di licenziamento e sarà pari a mezza mensalità di indennità. Si applica a rapporti a tempo indeterminato e apprendisti.
_ Saranno previsti dei fondi per tutti i settori e tutte le imprese sopra i 15 dipendenti non coperte dalla cassa integrazione. Questi fondi saranno creati previo accordi tra sindacati e imprese che stabiliranno l’aliquota di contribuzione a carico dell’azienda.
_Non viene toccata la Cassa integrazione straordinaria( CIGS ) , ma sarà unicamente eliminata “la causale per cessazione di attività”.
Solo per rigor di cronaca ecco come funziona il Welfare in alcuni dei paesi dell’ eurzona…………. visto che la ministra vuole rifarsi un pò al modello tedesco.
Germania.
Chi perde il posto di lavoro ha per 18 mesi (o 24 dopo i 58 anni) una cifra che si aggira dal 70 all’ 80 per cento dell’ultimo stipendio. Per le famiglie con due figli dove entrambi i genitori lavorano il reddito viene comunque integrato fino a raggiungere la cifra di 1756 euro al mese. Se dopo i 18 mesi o i due anni la persona non è riuscita a trovare lavoro, subentra il regime chiamato Hartz 4: esso assicura una fisso di 359 euro a persona più la copertura dei costi di affitto e di riscaldamento. Se ci sono figli interviene un assegno familiare di 215 euro per ogni figlio fino ai 6 anni di 251 euro dai 6 ai 14 anni e 287 euro dai 14 ai 18 anni. Attualmente usufruiscono dei sussidi circa 3,5 milioni di disoccupati e 6,7 milioni dell’ Hartz 4, dei quali 2 milioni da 0 a 18 anni). Da notare che l’assegno di disoccupazione raggiunge i due anni per gli ultracinquatottenni, perché in tal modo possono facilmente accedere alla pensione senza tagli eccessivi: In Germania infatti si perde appena lo 0,3% del trattamento pensionistico per ogni anno di anticipo. Andando in pensione a 60 anni, si ha un assegno inferiore di appena il 2,1% rispetto ai 67 anni. E’ fin troppo ovvio che nessuno arriva davvero a quell’età, come forse la signora Paccata Fornero non sa. Ma comunque potrebbe farsi un po’ di conti: il solo assegno temporaneo contro la disoccupazione costa allo Stato circa 37 miliardi. Più una cifra ancora maggiore per l’Hartz 4.
Francia.
La Francia ha il salario minimo garantito, che va sotto il nome di Revenue de solidarité active (Rsa), va ad aiutare chi, con più di 25 anni non lavora oppure ha un salario molto basso: un single senza figli né entrate può percepire 466 euro al mese e chi guadagna 500 euro può averne 215 di aiuti. Per quelli che hanno lavorato almeno 122 giorni negli ultimi 18 mesi, e non hanno lasciato volontariamente l’impiego, c’è il sussidio di disoccupazione che dura due anni e va da un’iniziale 70% degli ultimi tre stipendi fino al 50% per stimolare alla ricerca di un nuovo lavoro. Naturalmente finiti i due anni subentra la Rsa.
Gran Bretagna.
Chi lavora meno di 16 ore a settimana, o non ha un lavoro ma dimostra di cercarlo attivamente, percepisce fino a un massimo di 67,5 sterline a settimana e un contributo per l’alloggio o per i figli se necessario. Ma mano che si guadagna di più con il lavoro scende l’entità del sussidio. Ah, nota per la gentile signora Paccata: la work esperience, l’unico apprendistato non retribuito, dura un massimo di tre settimane, non tre anni. Gli stage vengono retribuiti solitamente con 600 sterline nette al mese.
Danimarca.
Il lavoratore licenziato, percepisce un assegno da parte dello Stato pari all’80-90% del suo stipendio per quattro anni, sempre non rifiuti le proposte di lavoro adeguate alla proprie competenze. Urban Ahlin, esponente dei socialdemocratici danesi, dice che il modello sociale adottato dal governo mira a salvare le persone piuttosto che i posti di lavoro, investendo, anziché sulle aziende che rischiano di finire fuori dal mercato, “sulla formazione dei lavoratori per orientarli verso nuovi settori”.
Spagna
Dopo un anno di contributi versati in caso di perdita del posto lo stato subentra con il 70% del’ultimo stipendio per i primi 6 mesi, dopodiché la cifra scende al 60% fino a due anni. Altri tipi di contributi sono organizzati dalle regioni. I contratti a tempo determinato non possono durare più di 6 mesi, rinnovabili fino a un massimo di 12 mesi consecutivi
In tutti questi paesi citati sopra, lo stato si fa carico di eventuali corsi di aggiornamento e adeguamento professionale e in alcuni casi, come quello della Germania, pagando le spese anche se le nuove competenze richiedono di essere acquisite all’estero. In tutti questi casi si può notare che il Welfare si basa su 3 pilastri, il primo è quello assicurativo-contributivo, pagato da lavoratori e aziende ( ma in molti Paesi non obbligatorio) che interviene con i sussidi temporanei. Poi c’è quello dedicato alla reimmissione nel mondo del lavoro, il quale comprende oltre ai servizi di ricerca tutta la filiera della riqualificazione, per ultimo c’è quello assistenziale generale che si occupa delle aree di povertà o di esclusione tradizionali, ma che oggi riguarda molti lavoratori espulsi in età matura. I lavoratori o possibili tali, sono considerati davvero una risorsa, mentre nella nostra Penisola vengono abbandonati a se stessi sia gli espulsi dal mondo del lavoro, sia le famiglie con figli o meno.