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Monte dei Paschi: banca e politica sempre a braccetto
“La politica stia fuori dalla banca”. Frase stonata e contraddittoria se messa in bocca a un banchiere scelto dalla politica, ma Profumo l’ha detta lo stesso 🙄
La vulgata elettorale della senesità del Monte che non esiste.
Il 16 febbraio su Avvenire si poteva leggere di “una «pausa di riflessione» che i pubblici ministeri Nastasi-Natalini-Grosso si prenderanno, salvo provvedimenti di grande urgenza, fino alle elezioni politiche. Uno stop agli interrogatori che potrebbe preludere alla necessità di sentire, quali persone informate dei fatti, importanti esponenti politici di Pd e Pdl
impegnati lungo l’ultimo miglio di campagna elettorale”. Altre procure hanno fatto recapitare, invece, a Franco Ceccuzzi un avviso di garanzia dirompente per Siena e dintorni due giorni prima del voto. Come la decisione di lasciare in carcere a Milano (nelle mani di una procura “chiacchierona”) Gianluca Baldassarri, mentre Angelino Alfano afferma in comizi affastellati la sua ammirazione verso i Pm senesi – gli stessi fino a ieri comunisti -, che non lasciano trasparire alcuna indiscrezione dagli atti della Procura. Politica bipartisan da brividi, che fa temere che al momento opportuno spuntino promozioni e trasferimenti per il trio delle meraviglie che mettano in mani meno alacri e più malleabili le carte dell’inchiesta. In fin dei conti Antonio Nastasi è arrivato a Siena dopo aver scoperchiato il pentolone delle tangenti dell’Università di Messina, ma che la promozione/punizione (come è stata definita da molti osservatori di cose siciliane) a Siena ha impedito di portare in fondo l’inchiesta. I senesi dovranno vigilare molto, se vorranno arrivare alle conclusioni sulla vicenda della distruzione della banca MPS.
“La politica stia fuori dalla banca”. Frase stonata e contraddittoria se messa in bocca a un banchiere scelto dalla politica, ma Profumo l’ha detta lo stesso. Ancor più stonata ora che escono lettere (firmate) come quella di Denis Verdini, coordinatore toscano di Forza Italia, che scriveva a Fabrizio Felici nel 2004, quando questi era deputato nella Fondazione MPS. Gli viene contestata la volontà ”di seguire una linea personalistica” e gli si ”ricorda che il posto l’ha ottenuto non per meriti personali ma grazie al partito e gli indica come unico comportamento possibile una totale collaborazione alla linea espressa da chi verrà indicato dai vertici nazionale (cioè Berlusconi, ndr) come referente unico per la Fondazione e la Banca”. Il resto si può leggere sull’Espresso, ma tutto conferma quanto scriviamo da tempo quasi immemore, cioè che almeno da 17 anni il Monte non è dei senesi e il 51% di proprietà nella banca era una foglia di fico di un potere imperante e non della comunità cittadina. Se il partito di opposizione aveva la necessità di pretendere dal proprio rappresentante in Fondazione ubbidienza assoluta, dall’altra parte non sono stati certamente da meno.
Fino al clamoroso outing di Mancini, che disse di aver obbedito agli ordini, davanti a più di cento persone a una riunione dell’ex-Margherita. source
Tar e Corte dei Conti hanno fatto bene al titolo MPS che ha chiuso le contrattazioni con +2,07% a euro 0,2265, ma sempre troppo poco per la volontà di Mancini di alienare altre quote azionarie della banca. Ma il Codacons non demorde: “Il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso del Codacons non perché i Monti-bond fossero regolari e legittimi, ma solo in funzione della mancata emanazione del decreto che eroga materialmente il prestito da 3,9 miliardi di euro. Di conseguenza per il Tar, non essendo ancora stato emesso tale decreto, non vi sarebbero danni gravi irreparabili ed immediati”. L’associazione vuole valutare se ricorrere in appello al Consiglio di Stato oppure attendere l’emanazione del decreto di sottoscrizione da parte del Ministero dell’Economia, in modo da poterlo impugnare davanti al Tar. Alla borsa hanno fatto bene anche le nuove previsioni della Commissione Europea. Che, in termini strutturali, prevede che l’Italia azzererà il rapporto deficit/Pil nel 2013, come da piani del governo uscente di Mario Monti, anch’egli un recente acquisto della politica. Nuovi strumenti finanziari e riequilibrio finanziario del Paese: ecco come la politica non esce mai dalla banca.