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Riforma Fornero: graziate le pensioni quindicenni

Scritto il alle 11:16 da Agata Marino

  : la peggiore della compagnia di ministri sedicenti tecnici del Governo Monti !! La sua riforma è pura macelleria, ha salvato i politici, i dipendenti pubblici, ed ucciso definitivamente lavoratori autonomi ( che allo Stato non chiedono nulla, se non di essere lasciati in pace a lavorare ! ) e giovani, che saranno sempre più disoccupati grazie alla sua demenziale riforma. La professoressa universitaria ha dato prova della sua bravura e ora ci sono gravi rischi e perdita di soldi per molte persone che hanno versato i contributi

Per leggere i rischi che ci sono stati leggete questo articolo QUI

Per tutta risposta arrivano degli spiragli di luce

i contribuenti silenti che al 31 dicembre 1992 hanno maturato 15 anni di versamenti. Infatti, al ministero guidato da Elsa Fornero( il ministro dei disastri e gaffe) sono al lavoro per risolvere la questione introducendo una deroga a favore dei «vecchi iscritti»

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero ha dato il proprio ”via libera’ a una circolare dell’INPS che chiarisce il quadro circa il mantenimento del diritto di alcune decine di migliaia di lavoratori ad accedere alla pensione di vecchiaia con i requisiti contributivi di 15 anni previsti dalla cosiddetta ”riforma Amato’ del 1992.

infatti, il ministero del lavoro ha dato il proprio via libera alla circolare dell’Inps che chiarisce il quadro circa il mantenimento del diritto ad accedere alla pensione di vecchiaia con i requisiti di 15 anni previsti dalla riforma Amato del 1992

Ma perchè fare politica? perchè offendersi, fare orari impossibili, girare l’italia per mesi facendo finta di interessarsi dei problemi degli Italiani…. PERCHE’?

Fantastico articolo  quello del graffio, che effettivamente graffia ma con testa.

La frase iniziale la dice lunga e più appropriata non poteva essere( riferita ai nostri politici) mai così attuale e mai così azzeccata insomma.

«Io sono un delinquente onesto. Non ho mai fatto »
[AL CAPONE, Tribunale di Chicago – 17 ottobre 1931]

 souce

A norma dell’art.56 della Costituzione, la Camera dei è composta da 630 membri, dodici dei quali eletti nella circoscrizione estero. La prima voce è l’indennità, quella che nel linguaggio comune è definita “stipendio”, seguono la diaria e i rimborsi: per le “spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori”, per le spese accessorie di viaggio e per i viaggi all’estero, per le spese telefoniche. Completano la scheda le voci sull’assegno di fine mandato, le prestazioni previdenziali e sanitarie e sui trasporti.

> Indennità parlamentare

L’indennità parlamentare è prevista dall’articolo 69 della Costituzione, a garanzia del libero svolgimento del mandato elettivo. La legge 31 ottobre 1965, n. 1261, ne fissa l’importo in misura non superiore al trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate. Peraltro, in considerazione dell’esigenza di contenimento delle spese, l’Ufficio di Presidenza della Camera è intervenuto in più occasioni con misure volte a ridurre il trattamento economico dei deputati, che risulta oggi notevolmente inferiore rispetto al limite previsto dalla legge (*).

A decorrere dal 1 gennaio 2012, l’importo netto dell’indennità parlamentare, corrisposto per 12 mensilità, è pari a € 5.246,54, a cui devono poi essere sottratte le addizionali regionali e comunali, la cui misura varia in relazione al domicilio del deputato. Tenuto conto del valore medio di tali imposte addizionali, l’importo netto mensile dell’indennità parlamentare risulta pari a circa € 5.000. Tale misura netta è determinata sulla base dell’importo lordo di € 10.435,00, sul quale sono effettuate le dovute ritenute previdenziali (pensione e assegno di fine mandato), assistenziali (assistenza sanitaria integrativa) e fiscali (IRPEF e addizionali regionali e comunali). Inoltre, l’importo netto dell’indennità scende a circa € 4.750 per i deputati che svolgono un’altra attività lavorativa.

(*) In particolare, nel 2006, l’importo dell’indennità parlamentare è stato ridotto del 10%. Dal 2007 è stata disposta, per 5 anni, la sospensione degli adeguamenti retributivi. Tale misura è stata successivamente prorogata fino a tutto il 2013. Per il triennio 2011-2013, l’indennità è stata di nuovo e ulteriormente ridotta nella misura del 10% per la parte eccedente i 90.000 euro, e del 20% per la parte eccedente i 150.000 euro lordi annui. Tale riduzione è raddoppiata per i parlamentari che svolgono un’attività lavorativa per la quale percepiscono un reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità parlamentare. Una ulteriore riduzione dell’indennità è stata da ultimo deliberata dall’Ufficio di Presidenza in data 30 gennaio 2012.

> Diaria

Viene riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, sulla base della stessa legge n.1261 del 1965. L’attuale misura mensile della diaria, a seguito della riduzione disposta dall’Ufficio di Presidenza nella riunione del 27 luglio 2010, è pari a 3.503,11 euro. Tale somma viene decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico. È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30% delle votazioni effettuate nell’arco della giornata. L’Ufficio di Presidenza, nelle riunioni del 25 ottobre 2011 e del 30 gennaio 2012, ha inoltre deliberato l’applicazione di una ulteriore decurtazione fino a 500 euro mensili in relazione alla percentuale di assenze dalle sedute delle Giunte, delle Commissioni permanenti e speciali, del Comitato per la legislazione, delle Commissioni bicamerali e d’inchiesta, nonché delle delegazioni parlamentari presso le Assemblee internazionali.

> Rimborso delle spese per l’esercizio del mandato

Nella riunione del 30 gennaio 2012, l’Ufficio di Presidenza ha istituito un “rimborso delle spese per l’esercizio del mandato” che sostituisce il contributo per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori. Tale rimborso, di importo complessivo invariato rispetto al precedente contributo, è pari a 3.690 euro (dopo la riduzione di 500 euro del luglio 2010) ed è corrisposto direttamente a ciascun deputato con le seguenti modalità:

– per un importo fino a un massimo del 50% a titolo di rimborso per specifiche categorie di spese che devono essere documentate: collaboratori (sulla base di una dichiarazione di assolvimento degli obblighi previsti dalla legge, corredata da copia del contratto, con attestazione di conformità sottoscritta da una professionista); consulenze, ricerche; gestione dell’ufficio; utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati; convegni e sostegno delle attività politiche.

– per un importo pari al 50% forfetariamente.

> Spese di trasporto e spese di viaggio

I deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, e a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km.

> Spese telefoniche

I deputati dispongono di una somma annua di 3.098,74 euro per le spese telefoniche. La Camera non fornisce ai deputati telefoni cellulari.

> Assistenza sanitaria

Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda, pari a 526,66 euro, destinata al sistema di assistenza sanitaria integrativa che eroga rimborsi secondo quanto previsto da un tariffario.

> Assegno di fine mandato

Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda, pari a 784,14 euro. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l’assegno di fine mandato, che è pari all’80% dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi).

> Pensione

Con deliberazioni del 14 dicembre 2011 e 30 gennaio 2012 l’Ufficio di Presidenza della Camera ha operato una profonda trasformazione del regime previdenziale dei deputati con il superamento dell’istituto dell’assegno vitalizio – vigente fin dalla prima legislatura del Parlamento repubblicano – e l’introduzione, con decorrenza dal 1 gennaio 2012, di un trattamento pensionistico basato sul sistema di calcolo contributivo, sostanzialmente analogo a quello vigente per i pubblici dipendenti.

Il nuovo sistema di calcolo contributivo si applica integralmente ai deputati eletti dopo il 1 gennaio 2012, mentre per i deputati in carica, nonché per i parlamentari già cessati dal mandato e successivamente rieletti, si applica un sistema pro rata, determinato dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato alla data del 31 dicembre 2011, e di una quota corrispondente all’incremento contributivo riferito agli ulteriori anni di mandato parlamentare esercitato.

I deputati cessati dal mandato, indipendentemente dall’inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi. Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni.

Lo stesso Regolamento prevede infine la sospensione del pagamento della pensione qualora il deputato sia rieletto al Parlamento nazionale, sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale, ovvero sia nominato componente del Governo nazionale, assessore regionale o titolare di incarico istituzionale per il quale la Costituzione o altra legge costituzionale prevede l’incompatibilità con il mandato parlamentare. La sospensione è inoltre prevista in caso di nomina ad incarico per il quale la legge ordinaria prevede l’incompatibilità con il mandato parlamentare, ove l’importo della relativa indennità sia superiore al 50% dell’indennità parlamentare. Tale regime di sospensioni costituisce una deroga rispetto alla normativa generale, nell’ambito della quale le ipotesi di divieto di cumulo della pensione con altri redditi sono state ormai abolite.

La Costituzione Italiana prevede che il Senato della Repubblica sia composto da 315 membri eletti tra i cittadini italiani che abbiano compiuto i 40 anni d’età.

Premessa

Il principio per cui debba essere garantito ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, un trattamento economico adeguato ad assicurarne l’indipendenza è un punto qualificante della concezione democratica dello Stato ed è generalmente riconosciuto in tutti gli ordinamenti ispirati a tale concezione. In Italia è stato introdotto con la Costituzione repubblicana, che all’art. 67 afferma: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” e poi all’art. 69 stabilisce: “I membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge”.

Le due norme, intimamente connesse, hanno trovato attuazione nella legge che disciplina l’indennità – la legge 31 ottobre 1965, n. 1261 – in cui l’istituto è precisamente definito come “l’indennità spettante ai membri del Parlamento (…) per garantire il libero svolgimento del mandato”.

Il trattamento economico dei parlamentari, nel complesso, è dunque concepito come condizione dell’esercizio indipendente di una fondamentale funzione costituzionale e, al tempo stesso, come garanzia che tutti i cittadini, senza riguardo al patrimonio o al reddito, possano realmente concorrere alla elezione delle Camere. Tale trattamento, di cui è parte essenziale anche l’assegno vitalizio spettante dopo la cessazione dal mandato, è finalizzato a creare le condizioni per cui il parlamentare possa impegnarsi nelle sue funzioni – a scapito del lavoro o di altre attività economiche – senza dover dipendere da altri soggetti, incluso il partito politico cui appartiene.

La componente principale dello status economico del parlamentare è l’indennità, non soltanto perché è espressamente prevista dalla Costituzione, ma anche perché costituisce il vero “reddito” del parlamentare laddove le altre componenti – di seguito analiticamente indicate – hanno natura di rimborsi spese e sono dunque volte a soddisfare specifiche esigenze.

> Indennità parlamentare

L’art.1 della legge n. 1261 del 1965, già citata, attribuisce agli Uffici di Presidenza delle Camere il compito di determinare l’ammontare della indennità mensile in misura tale che non superi “il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate”.

In tal modo il legislatore ha voluto stabilire un criterio preciso per la determinazione dell’indennità parlamentare, rispettando così la riserva di legge stabilita dall’art. 69 della Costituzione, ma al tempo stesso ha lasciato alle Camere la possibilità di scegliere un livello più basso rispetto all’ammontare massimo possibile nel rispetto della legge.

Tale discrezionalità è stata impiegata dagli Uffici di Presidenza delle Camere per individuare un parametro stipendiale di gran lunga inferiore al “trattamento complessivo massimo” dei magistrati su indicati. Si è così scelto di parametrare l’indennità al 96 per cento del trattamento complessivo dei magistrati di Cassazione nominati alle funzioni direttive superiori e collocati, come progressione economica, al sedicesimo scatto biennale dell’ottava classe stipendiale, che si articola in ben trenta scatti. (Per il Senato, vedi delibera del Consiglio di Presidenza 30 giugno 1993, n. 45).

Successivamente l’importo dell’indennità è stato ridotto del 10 per cento con la legge finanziaria 2006 e poi bloccato per cinque anni, dal 2008 al 2012, con la legge finanziaria 2008. Per effetto di queste decisioni, attualmente l’importo lordo dell’indennità dei è pari a 12.005,95 euro cioè al 70,59% del trattamento complessivo massimo dei magistrati di riferimento, all’ultimo aumento biennale. Peraltro, in virtù di quanto disposto dall’articolo 13 del decreto-legge n. 138 del 2011, infine, si segnala che per il periodo 1 ottobre 2011 – 31 dicembre 2013, l’indennità parlamentare è ridotta del 10% per la parte eccedente i 90 mila euro annui. Tale riduzione è invece applicata nella misura del 20% ai che svolgono qualsiasi attività lavorativa per la quale sia percepito un reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità parlamentare (pari a euro 21.610,71 annui). Pertanto, dal mese di ottobre del 2011 sino al dicembre 2013 l’importo lordo dell’indennità mensile è pari ad euro 11.555,37 in caso di riduzione del 10% e ad euro 11.104,79 in caso di applicazione della riduzione in misura doppia.

Benché non sia una retribuzione derivante da un rapporto lavorativo, ai fini fiscali l’indennità è un reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente e, dal 1 gennaio 1995, è interamente assoggettato all’imposizione tributaria (è quindi abrogato l’art.5 della legge n. 1261/1965 nella parte in cui prevedeva una parziale esenzione fiscale per l’indennità parlamentare).

Al netto delle ritenute fiscali e dei contributi obbligatori per l’assegno vitalizio, per l’assegno di fine mandato e per l’assistenza sanitaria, l’indennità mensile si riduce ad euro 5.613,63 (euro 5.356,73 al netto della decurtazione del 10 per cento di cui sopra) ed è erogata per 12 mensilità. Nel caso in cui il Senatore versi anche la quota aggiuntiva per la reversibilità dell’assegno vitalizio, l’importo indicato scende a 5.355,50 euro (ridotto ad euro 5.098,60).

Ovviamente da tali importi vanno poi sottratte le addizionali all’IRPEF, che variano a seconda della Regione e del Comune di residenza: l’indennità netta mensile corrisposta ai Senatori nei nove mesi in cui sono trattenute le predette addizionali attualmente oscilla da 4.970,65 a 4.709,09 euro.

Non è possibile cumulare l’indennità con alcun reddito da lavoro da impiego pubblico, ai sensi dell’art. 68 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che ha previsto per i pubblici dipendenti l’obbligo di aspettativa senza assegni per mandato parlamentare. Tale disposizione ha esteso il divieto di cumulo – che la legge n. 1261 del 1965 limitava a quattro decimi dell’indennità – abrogando ogni disposizione contraria.

> Rimborsi forfettari di spesa

— Diaria. E’ prevista dalla legge n.1261/1965 e spetta a tutti i parlamentari, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno. Periodicamente aggiornata in funzione dell’aumento del costo della vita, la diaria è stata erogata dal 2001 al 2010 nella misura di 4.003 euro al mese. È stata poi ridotta a 3.500 euro a decorrere dal 1 gennaio 2011, per effetto della deliberazione adottata dal Consiglio di Presidenza in data 25 novembre 2010. Tale somma viene ridotta di un quindicesimo se il Senatore non partecipa almeno al 30% delle votazioni effettuate nell’arco della giornata (in una o più sedute dell’Assemblea).

— Contributo per il supporto dell’attività dei Senatori. A titolo di rimborso forfettario delle spese sostenute per le attività connesse con lo svolgimento del mandato parlamentare, è previsto un contributo mensile erogato, fino al 31 dicembre 2010, nella misura di euro 4.678,36. Dal 1 gennaio 2011 è ridotto a 4.180 euro (1.680 corrisposti direttamente al Senatore e 2.500 versati al Gruppo parlamentare di appartenenza).

Nell’ambito dell’attività dei Senatori sono inclusi non solo gli atti e gli adempimenti direttamente collegati alle funzioni svolte nelle Commissioni e nell’Assemblea, ma anche tutte le iniziative politiche, sociali, culturali che il parlamentare assume quale rappresentante della Nazione (ai sensi dell’art. 67 della Costituzione). La divisione del contributo in due quote rispecchia la distinzione tra l’attività generale del Senatore – le cui spese sono rimborsate attraverso il Gruppo – e l’impegno particolare nel territorio in cui è eletto.

Rimborso forfettario delle spese generali. A decorrere dal 1 gennaio 2011 i Senatori ricevono un rimborso forfettario mensile di euro 1.650, che sostituisce e assorbe i preesistenti rimborsi per le spese accessorie di viaggio e per le spese telefoniche.

L’importo è stato determinato dal Collegio dei Senatori Questori, nell’ambito del riordino delle competenze economiche dei Senatori, mantenendo invariato l’onere complessivo che gravava sul bilancio del Senato per i due rimborsi soppressi.

> Facilitazioni di trasporto

I Senatori usufruiscono di tessere strettamente personali per i trasferimenti sul territorio nazionale, mediante viaggi aerei, ferroviari e marittimi e la circolazione sulla rete autostradale.

> Assegno vitalizio

Il Regolamento per gli assegni vitalizi prevede che il Senatore cessato dal mandato riceva tale prestazione a partire dal 65° anno di età, purché abbia svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni. Il limite di età è ridotto di 1 anno per ogni anno di mandato effettivo oltre il quinto, fino al limite inderogabile di 60 anni.

A tal fine il Senatore versa ogni mese una quota dell’indennità lorda – l’8,6 per cento, pari a 1.032,51 euro – e facoltativamente una quota aggiuntiva per la reversibilità (il 2,15% pari a 258,13 euro).

Lo stesso Regolamento prevede la sospensione del pagamento del vitalizio qualora il Senatore sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. Tale sospensione è stata estesa – con la riforma approvata dal Consiglio di Presidenza nel luglio 2007 – a tutti gli incarichi incompatibili con lo status di parlamentare, agli incarichi di Governo e a tutte le cariche di nomina del Governo, del Parlamento o degli enti territoriali, purché comportino un’indennità pari almeno al 40% dell’indennità parlamentare lorda.

Nel contesto della medesima riforma regolamentare è stata approvata la nuova tabella relativa alla misura degli assegni vitalizi, che è entrata in vigore con la XVI legislatura. In base a tale tabella l’importo dell’assegno vitalizio varia da un minimo del 20% a un massimo del 60% dell’indennità lorda, in proporzione alla durata del mandato, e si calcola tenendo conto solo degli anni effettivamente svolti (in precedenza gli assegni variavano da un minimo del 25% a un massimo dell’80% dell’indennità lorda).

> Assegno di solidarietà (o di fine mandato)

Al termine del mandato parlamentare, il Senatore riceve dal Fondo di solidarietà fra i Senatori l’assegno di solidarietà, che è pari all’80% dell’importo mensile lordo dell’indennità, moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettivo. Tale assegno viene erogato sulla base di contributi interamente a carico dei Senatori, cui è trattenuta mensilmente una quota dell’indennità lorda (il 6,7%, pari attualmente a 804,40 euro).

> Assistenza Sanitaria Integrativa

Il Fondo di solidarietà fra i Senatori eroga un rimborso parziale di determinate spese sanitarie sostenute dagli iscritti, nei limiti fissati dal Regolamento e dal Tariffario. L’iscrizione è obbligatoria per i Senatori in carica, che versano un contributo pari al 4,5% dell’indennità lorda; è facoltativa per i titolari di assegni vitalizi, il cui contributo è pari al 4,7% dell’importo lordo del proprio assegno. Con il versamento di quote aggiuntive è possibile l’iscrizione dei familiari.

> La riduzione del trattamento economico dei Senatori

Nel corso degli ultimi anni il trattamento complessivo dei Senatori è stato più volte ridimensionato, al fine di partecipare al generale sforzo di riduzione della spesa pubblica. Si segnalano solo le più importanti novità.

Come si è già visto, con la legge finanziaria 2006 l’importo dell’indennità parlamentare è stato ridotto strutturalmente del 10%. Successivamente la legge finanziaria 2008 ha bloccato per cinque anni gli incrementi dell’indennità spettanti a diritto vigente, dal 2008 al 2012. Con la deliberazione del Consiglio di Presidenza già ricordata, dal 1 gennaio 2011 i rimborsi spesa forfettari sono stati ridotti complessivamente di 1.000 euro al mese (500 euro decurtati dalla diaria di soggiorno e 500 dal contributo per il supporto dell’attività dei Senatori).

Nel 2007 è stata approvata una riforma degli assegni vitalizi, che ha sensibilmente ridotto la misura di tali prestazioni e ha raddoppiato il periodo minimo di mandato richiesto per maturare il diritto all’assegno vitalizio: fino alla XV legislatura erano sufficienti 2 anni e 6 mesi – con il pagamento dei contributi figurativi per il completamento del quinquennio contributivo – mentre dalla legislatura in corso sono richiesti almeno 5 anni effettivi di mandato, in una o più legislature.

Già nel 1997 era stato elevato il requisito di età richiesto per fruire del vitalizio, che in precedenza variava da un minimo di 50 a un massimo di 60 anni, a seconda del numero di legislature svolte, mentre ora l’intervallo è tra i 60 e i 65 anni.

Inoltre, a partire dal 1 gennaio 2010, sono state notevolmente ridotte le facilitazioni di viaggio a favore degli ex senatori, con la soppressione di ogni rimborso dei pedaggi autostradali e con l’introduzione di un tetto annuale per i viaggi aerei e ferroviari sul territorio nazionale. Tali benefici sono stati altresì limitati a un periodo di 10 anni dalla cessazione dal mandato, oltre il quale cessa ogni facilitazione.

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