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Agenzie di rating: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch ecco le tre sorelle e i loro peccati

Scritto il alle 10:02 da Agata Marino

 

Dopo il declassamento notturno avvenuto ieri da parte di Moody’s scatta la solita bufera contro le agenzie di rating che purtroppo non porta da nessuna parte… Si passa da A3 a BAA2. L’agenzia mantiene un outlook negativo mentre noi italiani abbiamo messo le mani ai nostri portafogli e paghiamo zitti le colpe del mal governo questi ci rovinano …

Vi inserisco l’articolo del bravissimo Paolo cardenà che abbiamo già avuto il piacere di ospitare sul nostro blog che ci spiega i peccati e giochi delle agenzie di rating 😀
Fanno parte insieme alle banche d’affari e ai fondi speculativi, di quella oligarchia finanziaria che sta facendo tremare il mondo. I loro giudizi si abbattono su borse, mercati, titoli e anche istituzioni e enti governativi, giudicandoli e assegnando loro un “voto”.

Fanno il buono e il cattivo tempo, prive di un controllo idoneo a stabilirne l’autonomia e l’imparzialità. Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch.

Sono queste, quelle che in gergo vengono definite le “tre sorelle”, le agenzie che hanno il compito di esprimere giudizi sulla qualità del debito, di uno Stato, di una istituzione o di una società.
Sebbene, al mondo, si possano contare almeno una dozzina di società di rating, le tre sorelle, sono quelle che si dividono la fetta di mercato più ampia. Il loro compito, tra l’altro, è quello di fornire informazioni sul merito creditizio di un soggetto che ricorre al mercato per potersi finanziare. In altre parole, le agenzie di rating fungono principalmente da intermediari di informazioni tra coloro che emettono titoli e gli investitori, riassumendo, dopo le dovute analisi (non sempre), le indicazioni fondamentali del merito creditizio in una semplice lettera, che sta ad indicare una precisa classe di rating, dunque, un giudizio più o meno positivo, in base ad una scala espressa con lettere dell’alfabeto, ovviamente dietro pagamento di un certo ammontare da parte dell’emittente.

Con il proprio giudizio, riescono a catalizzare l’interesse degli investitori a favore di una società o di uno stato, il quale, godendo magari di un merito creditizio di elevato standing, potrà finanziare il proprio debito con rilevanti flussi di denaro, a costi tanto più ridotti quanto più alto sarà il merito creditizio goduto.
In tal senso, proprio perché tali agenzie, con il loro operato e il loro giudizio, riescono ad influenzare in maniera predominante, non solo l’interesse o meno degli investitori, ma anche politiche economiche e fiscali di intere nazioni – che chiaramente auspicheranno elevati giudizi di merito creditizio al fine di attrarre investimenti a bassi costi, varando così politiche fiscali ed economiche propedeutiche a tal fine- godono di un grande potere che è quello di influenzare non poco scelte economiche, fiscali e anche politiche, “imponendo”, talvolta, dei veri e propri cambi di governo.
Proprio per questo, le società dovrebbero svolgere il proprio operato in regime di assoluta imparzialità e autonomia, in assenza di qualsiasi conflitto di interesse e certamente immuni da errori che possono compromettere la stabilità finanziaria di un area geografica o, ancora peggio, portare a soluzioni governative non espressione della volontà popolare.

Queste, abusando del proprio status, talvolta, assumono un vero e proprio ruolo politico che si manifesta proprio nell’espressione del proprio giudizio.

Evidenziata quindi l’importanza che viene attribuita a questi enti nell’esprimere le proprie pagelle, il cui significato può essere anche politico, appare del tutto evidente ed indispensabile che queste debbano operare in regime di assoluta imparzialità, autonomia e lontane da conflitti di interesse che ne possano, in qualche modo, influenzare la formazione di meriti o demeriti creditizi, immuni dal commettere, con ragionevole aspettativa, qualsivoglia errore di valutazione. Ma in realtà ciò non avviene.

Queste agenzie, con le loro valutazioni, concorrono alla formazione dei prezzi delle attività finanziarie in tutto il mondo, favorendo e facilitando l’attività di speculatori pronti ad avventarsi sulla loro preda, acquistando aziende a prezzi svalutati, mettendo sotto pressione i prezzi dei titoli governativi e impoverendo l’intera collettività.

A conferma della tesi che ho appena descritto, vale la pena ricordare che gli azionisti delle tre sorelle, nella maggior parte dei casi, sono riconducibili più o meno indirettamente sempre alle stesse banche o fondi di investimento.

Sono infatti questi ultimi, godendo di masse di denaro imponenti, a trarre il maggior vantaggio dal lavoro delle agenzie.

Ma chi sono, in sintesi, i proprietari di queste società? Basta ben poco per accertarcene, e una semplice indagine ci riconduce a tutti i nomi noti della finanza e della speculazione mondiale.

Prendiamo ad esempio Sandard & Poor’s che ha una quota di mercato del 39% ed è presente in 23 paesi. La proprietà è del colosso delle comunicazioni , dell’editoria e delle costruzioni McGraw-Hill Companies Inc. Questa società a sua volta è partecipata per il 10.26% da Capital Word Investors, per il 4.47% da Black Rock Fund Advisor, il 4.25% da State Street Global Advisor, per il 4.04% da Oppenheimer Funds Inc, per il 4.58% da The Vanguard Group inc. e da decine di altri investitori.

Ma Capital Words Investors non solo è azionista di S&P attraverso la partecipata McGraw-Hill; è anche il primo azionista della concorrente Moody’s insieme Berckshire Hathaway Inc (di proprietà di Warren Buffet) e al fondo americano State Street Corp che a sua volta, allargando l’orizzonte, è partecipato da Barclays Plc, Citigroup Co., Invesco International, Northern Trust Corp., Putnam LLC.
E che dire dell’altro fondo di investimento BlackRock che è l’undicesimo socio di Moody’s e il sesto di Standard & Poor’s.

Black Rock a sua volta è partecipato dalla banca di investimento Merrill Lynch che nel 2008,dopo il fallimento di Lehman Brothers, è stata acquisita da Bank of America i cui azionisti sono: Barclays Plc., di nuovo State Street Corporation, Axa, Putnam LLC e altri fondi.
Analogo discorso si puo’ osservare anche per la terza sorella: Fictc Ratings. Qest’ultima è di proprietà di Ficth Group che a sua vota è partecipata per il 40% dalla francese Fimalac e peril 60% da Hearst Corporation. Queste ultime due società sono a loro volta partecipate da un gruppo di fondi comuni britannici e americani.
Insomma, nel groviglio di partecipazioni incrociate, si potrebbe andare avanti per ore riconducendoci sempre ai nomi noti dell’oligarchia finanziari, figlia della deregolamentazione intervenuta nel mondo della finanza americana (ma non solo) per circa un ventennio.

Sicuramente questi nomi, se non conoscete il mondo della finanza, vi diranno ben poco. Ma in realtà, la maggior parte di loro, rappresentano i maggiori fondi di investimento al mondo, con dotazioni finanziarie impressionanti e alla costante ricerca di qualche buon affare a prezzi di saldo. Riescono a muovere centinaia di miliardi di dollari con grande flessibilità e tempismo, speculando su azioni, bond, titoli governativi e adottando tecniche di investimento e speculazione sofisticatissime e, talvolta, con l’ausilio delle società di rating di cui sono proprietari.

In altre parole, si ritrovano sempre gli stessi nomi che controllano gruppi bancari o fondi di investimento che a loro volta controllano le agenzia di rating. I fondi USA (ma non solo), sono da un lato gli investitori, e dall’altro sono anche gli azionisti delle agenzie che stilano le pagelle.
Giova ricordare che, la maggior parte di questi gruppi bancari, nel corso del 2008 e negli anni successivi, inghiottiti dalla tempesta finanziaria scoppiata a seguito dell’esplosione della crisi dei mutui subprime, che loro stessi hanno creato, hanno ottenuto miliardi e miliardi di dollari di aiuti pubblici per essere salvati, favorendo un considerevole aumento del debito pubblico, pressoché in tutti gli stai occidentali, che sono intervenuti per coprire le perdite derivanti dalla crisi finanziaria del 2008. Ora queste stesse banche speculano su debiti governativi che hanno contribuito a formare, fino a renderli insostenibili per la collettività. Banchieri senza patriottismo e senza decoro, direbbe il buon Napoleone.
Ciò considerato, non resta affatto complesso intuire il regime di conflitto di interesse che avvolge le società di rating e le banche di investimento che, giorno dopo giorno, speculano sul nostro futuro. Pur considerando di interesse generale il lavoro che una società di rating dovrebbe svolgere, al fine di colmare la naturale asimmetria informativa esistente tra investitore (risparmiatore) e chi, invece, ha bisogno di denaro per piani di sviluppo economico, siano essi stati o industrie, sono del tutto evidenti le criticità che caratterizzano il mondo della finanza, al punto di rischiare un impoverimento sistemico di intere economie e aree geografiche.

Ma i limiti delle agenzie di rating non si esauriscono nel conflitto di interessi in cui sono avvolte.
Sono innumerevoli gli errori che commettono e che hanno commesso nel recente passato al punto da screditare, talvolta, il loro operato.
Errori che in qualche modo hanno influenzato comportamenti e scelte di istituzioni finanziare e risparmiatori, determinando, talvolta, la perdita di tutti i risparmi di migliaia di persone che avevano ponderato le proprie scelte in base ai rating elaborati dalle agenzie.
I più clamorosi sono riconducibili proprio al periodo della scoppio della crisi finanziaria iniziata con il collasso dei mutui sub-prime. In effetti, la crisi del 2008, ha portato allo scoperto le carenze dei metodi e dei modelli utilizzati dalle agenzie di rating. Secondo la Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alle agenzie di rating, “tali carenze, sarebbero attribuibili in buona misura al carattere oligopolistico del mercato entro cui le suddette agenzie operano e alla conseguente mancanza di incentivi a competere sulla qualità del rating” .

In sintesi, le agenzie di rating, nell’ambito della crisi finanziaria del 2008, sono state messe sotto accusa sia per aver valutato in origine troppo favorevolmente il rating delle obbligazioni riconducibili ai mutui di scarsa qualità, sia per non aver osservato, con la dovuta sollecitudine, la revisione di tali giudizi. Ma in realtà gli errori delle società di rating partono da ben più lontano.

Era il 2001 quando il sistema finanziario americano veniva scosso dal caso Enron. In tale circostanza le società sbagliarono clamorosamente al punto che, fino a tre giorni dal crack il rating era assolutamente positivo. E anche nelle ore immediatamente precedenti al default, benché declassate, le valutazioni apparivano comunque rassicuranti. Due anni dopo fu la volta della Parmalat in cui furono coinvolti 50.000 risparmiatori. Alla Parmalat era stata assegnato un giudizio che identificava la società come non speculativa.

Nel 2008 si consumano una vera e propria infinità di errori così sintetizzati:

Il 15 settembre 2008 la banca d’affari Lehman Brothers dichiara fallimento nonostante, sembrava godere di ottimo merito creditizio con una qualità del credito più che buona.

Lo stesso giorno le agenzie declassano AIG, colosso mondiale delle assicurazioni, portando il rating da AA- a livello A-. Un ottimo giudizio quest’ultimo, se si pensa che a distanza di soli 2 giorni la Federal Reserve è costretta a concedere un prestito di 85 miliardi di dollari allo scopo di salvarla dalla Bancarotta.

L’anno precedente è la volta di Bear Stearns. Era il 15 novembre 2007 quando le agenzie tagliarono il giudizio da A+ ad A. Nonostante il merito creditizio risultasse eccellente, nel marzo 2008 la banca sfiora il fallimento e viene salvata da un massiccio intervento governativo.

Nel 2008 è anche la volta della Fraddie Mac. Fino al 22 agosto la società godeva del livello A1 e fu solo a seguito di un intervista di Warren Buffet trasmessa dal canale finanziario CNBC, che Moody’s declassò la banca al rating Baa3. Un livello molto generoso se si pensa che l’8 settembre dello stesso anno Fraddie Mac venne nazionalizzata con un altro intervento governativo al fine di scongiurare il fallimento.

Nello stesso giorno fu nazionalizzata anche Fannie Mae con il più grande salvataggio effettuato nella storia americana.

Sempre Moody’s, nel febbraio precedente, aveva assegnato un rating Aaa con out look stabile. Il massimo del merito creditizio.

Sono questi, alcuni degli errori di cui si sono macchiate le società di rating nel corso dell’ultimo decennio. Ho cercato di elencare quelli più clamorosi ma la lista è ancora lunga. In questo senso, sorge spontanea una domanda inquietante: errore o malafede?

Nonostante un numero considerevole di procure di vari Paesi stiano tutt’ora indagando, forse non lo sapremo mai. Ma è evidente che è più che legittimo ipotizzare un intreccio di interessi che non favoriscono né il mercato, i risparmiatori e forse neanche le stesse agenzie di rating.

Non credo alle teorie cospirazionistiche che narrano di un complotto dell’asse angloamericano a discapito dell’eurozona. Al tempo stesso, penso all’utilità derivante da agenzie di rating che agiscano in modo autonomo, lontane da conflitti di interesse e che contribuiscano all’efficienza dei mercati diffondendo giudizi idonei a colmare, in maniera professionale ed imparziale, l’asimmetria informativa esistente tra chi ha necessità di risorse finanziarie e chi è investitore, sia esso istituzionale o, a maggior ragione, piccolo risparmiatore. Il fallimento della Leadership europea è manifesto anche in quest’ambito, ovvero nella mancata ricerca di soluzioni favorevoli a dirimere ogni sorta di criticità delle agenzie di giudizio.

Ma non c’è affatto da stupirsi se si considera il limitato quadro normativo in cui la stessa Banca Centrale Europea è tenuta ad operare (o per meglio dire a non operare) a difesa della moneta unica.

Paolo Cardenà

1 commento Commenta
galactus
Scritto il 14 Luglio 2012 at 13:11

Allora visto che quella delle agenzie di rating e’ malafede ed hanno rovinato la vita ed il futuro di milioni di famiglie (senza contare quello che faranno), penso che sia giunto il momento di fare piazza pulita di questa gente. Anche utilizzando la violenza, sperando che capiscano. Penso sia ora di dare un segnale forte. Cominciamo con delle taglie sulla testa di qualche psicopatico adoratore della rovina altrui?

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