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Il buono, il brutto ed il cattivo: ASCO 2012 visto da me.

Scritto il alle 16:01 da cerealkiller

 

Ok, ASCO 2012. Non riesco a resistere alla tentazione di classificare e giudicare i farmaci che seguo e che più mi interessano. Oggi vediamo in modo sommario, come si farebbe nel far west, di mettere in fila un bel po’ di titoli. Su quelli più interessanti e a bassa capitalizzazione ci torneremo più avanti. Si comincia con il buono, il brutto ed il cattivo del trattamento del carcinoma prostatico…

Zytiga, Provenge & Enzalutamide.

Che il campo del trattamento di pazienti chemo naive fosse in subbuglio, data la feroce competizione, lo avevo già detto. ASCO ha aggiunto un ulteriore dettaglio alla già complicata questione. Oh, Enzalutamide è lo stupido nome di MDV 3100 di Medivation e Astella, Zytiga è di J&J e Provenge è lo storico apripista dei vaccini terapeutici contro i tumori targato Dendreon.

Le novità ad ASCO vengono da J&J che porta i primi dati dello studio Cougar 302, fase 3 alla quale è stato tolto il doppio cieco dopo che le analisi ad interim hanno dimostrato un evidente beneficio.

Il Buono.

Cougar 302 ha confrontato pazienti ai quali è stato somministrato il CYP17a inibitore di J&J assieme a prednisone o prednisone e placebo. L’analisi ad interim è avvenuta dopo che le morti stabilite si sono verificate (333 eventi, il prossimo appuntamento sarà a 773 decessi) e la situazione era nettamente a favore di Zytiga.

La progressione radiografica (rPFS) del gruppo attivo non era stata ancora raggiunta ma la differenza con quella del braccio di controllo (8,3 mesi) era già statisticamente significativa. Il tempo mediano prima dell’inizio della chemio era di 25,2 mesi contro i 16,8 del placebo, il tempo mediano prima dell’aumento dei valori di PSA 11,1 mesi contro i 5,6 del controllo ed anche il tempo prima dell’utilizzo di antidolorifici per trattare il dolore era a favore di Zytiga sebbene anche qui il valore relativo al braccio attivo non fosse ancora stato raggiunto.

Quest’ultimo aspetto era uno dei più importanti dal mio punto di vista riguardo all’impiego off label che avrebbe indebolito la posizione di Provenge, immunoterapico di casa Dendreon. Ora dalla minaccia off-label si potrebbe passare al rischio conclamato post approvazione anche se un ombra oscura il paesaggio promettende di Zytiga: la questione sopravvivenza.

Tutti i dati finora esposti sono magnifici, ma quello che conta alla fine è dimostrare che il farmaco comporta un aumento della sopravvivenza. Zytiga non lo fa in modo statisticamente significativo. Non è un dramma se si pensa che l’analisi è ad interim, ma… il problema è che qui è stato tolto il doppio cieco e consentito ai pazienti trattati con placebo di passare al gruppo di Zytiga. Crossover è il termine esatto.

Il crossover fa si che i pazienti trattati con placebo possano ricevere la cura migliore ma crea poi problemi nella lettura finale dei dati, perché in quei pazienti poi non sarà possibile determinare se i benefici siano apportati da Zytiga o dal braccio di controllo. Senza sapere se i benefici siano apportati dal farmaco testato in cerca di approvazione dare il via libera alla commercializzazione sarebbe rischioso.

Due pesi sulla bilancia, l’interesse dei pazienti dello studio e quello di tutti i pazienti che attendono una nuova cura. In questo caso, secondo me, è stato fatto tutto in modo corretto. Tolta la sopravvivenza, per la quale anche in mancanza di dati statisticamente inoppugnabili rimane un trend assolutamente favorevole a Zytiga, gli endpoint secondari sono tutti nettamente a vantaggio del farmaco in questione.

MDV 3100 sarà probabilmente il futuro in questo campo, a giocarsela con il farmaco di J&J, con buona pace del pionieristico Provenge (l’unico approvato finora in questa indicazione) e, probabilmente, del tanto atteso Cabozantinib, nel quale continuo a credere!

 Il brutto.

Roche, dopo che FDA ha ritirato l’approvazione di Avastin per il cancro al seno a causa della dubbia efficacia e della comprovata tossicità che sfavorivano il rapporto rischio/beneficio, sperava di poter avanzare la candidatura  del farmaco nel trattamento del carcinoma ovarico con relativa velocità, a fronte del gran numero di dati positivi accumulati.

Freno a mano tirato.

Quattro fasi 3 positive, compresa l’AURELIA in pazienti particolarmente difficili da trattare (platino resistenti) presentata ad ASCO.

Tutto parte dal GOG 218 e dall’ICON 7. A quel tempo la scelta della PFS come endpoint sembrava ragionevole, ad oggi mancano ancora dati sulla sopravvivenza visto che dal GOG 218 non è uscito un dato statisticamente significativo.

AURELIA ha centrato l’obiettivo di aumentare la PFS in pazienti platino resistenti, 6,7 mesi contro i 3,4 della sola chemioterapia. Il taso di risposta (ORR) è del 30,9% contro il 12,6% ma la sopravvivenza globale (OS) non ha ancora dei dati maturi.

Tentare la via dell’approvazione, anche per un’azienda “commando” come Roche, sarebbe imprudente ora, quindi tocca aspettare, con la bellezza di 4 studi positivi in saccoccia…

Il cattivo.

Oh, cattivo non va inteso con accezione negativa, pensavo più a qualcosa che facesse capire quanto di buono si stia facendo nel campo della ricerca, anche se la guerra contro il cancro in generale la stiamo ancora perdendo.

Cattivo come… che ne so, il Batman dei film moderni. O Rambo.

MEK inibitori a go-go.

Detto di Array (ARRY) e dei due MEK inibitori che sta sviluppando e detto che ad ASCO le cose più interessanti nel campo delle basse capitalizzazioni sono arrivate da loro, un posto d’onore (se non altro per l’avanzamento della sperimentazione) lo merita GlaxoSmithKline.

L’azienda ha due assi nella manica di notevole importanza, Dabrafenib (BREAF inibitore) Trametinib (MEK inibitore). BRAF e MEK inibitori sono stati considerati da tempo tanto promettenti quanto fonte di delusione nel campo oncologico ma ora  GlaxoSmithKline è pronta a cercare l’approvazione per i due comporti e a lanciare una fase 3 che li vedrà insieme combattere il melanoma metastatico in pazienti con mutazione BRAF V600.

Perché tanta eccitazione per questo studio?

Ad ASCO sia Dabrafenib con lo studio BREAK3 che Trametinib con lo studio METRIC hanno mostrato vantaggi rispetto al controllo in termini di progressione libera da malattia (PFS) e nel METRIC il MEK inibitore ha dato luogo ad un vantaggio anche in termini di sopravvivenza, laddove nel BREAK3 i dati non sono ancora maturi.

BRAF e MEK sono due bersagli della stessa via (il MAP pathway) e l’utilizzo combinato potrebbe sopperire alla resistenza che si viene a creare verso i BRAF inibitori. Che i MEK inibitori siano fra i più promettenti agenti in sperimentazione, l’ho già detto, che possano trovare impiego in diversi tipi di terapia antitumorale anche, che il METRIC sia il primo studio di fase 3 che coinvolge un MEK inibitore forse no.

Inibire sia MEK che BRAF potrebbe essere una chiave di volta non indifferente.

Immunoterapia, laddove nessun agente si era mai spinto prima.

Forse la cosa più interessante di ASCO. Bristol-Meyers Squibb anticipa i dati dell’attesissimo BMS-936558 che ha mostrato attività sorprendentemente positive in pazienti con melanoma, carcinoma renale e del polmone non a piccole cellule (NSCLC).

BMS-936558 sembra essere una versione ancor migliore di Yervoy, più potente e con meno effetti negativi. Il farmaco stimola la risposta immunitaria del paziente nel combattere i tumori, favorendo il restringimento dei tumori nel 18% di pazienti con NSCLC (14 su 76), nel 28% di pazienti con melanoma (26 su 94) e nel 27% di soggetti affetti da carcinoma renale (9 su 33). Tutti i pazienti arruolati soffrivano di tumori in fase avanzata.

L’anticorpo anti PD-1 in questione ha impressionato per la quantità e durata delle risposte in modo particolare nel NSCLC ad istologia squamosa, indicazione nella quale normalmente l’immunoterapia fallisce in modo miserevole.

Mentre l’osannato Yervoy nel campo del melanoma metastatico ha ottenuto risposte variabili dal 10 al 15% a discapito però di controindicazioni legate ad episodi infiammatori e complicazioni a carattere autoimmune, BMS-936558 sembra mostrare un profilo di tollerabilità migliore. Rimane qualche dubbio sulla gestione degli eventi avversi a carattere autoimmune legati al farmaco, ma l’efficacia sembra estremamente promettente…

E quello dei vaccini per il trattamento del cancro rimane un campo che eccita sia scienziati che investitori.

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