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Goldman Sachs, crisi dei mutui e riserva economica passando da Romano Prodi arrivando a Mario Monti

Scritto il alle 09:13 da carloscalzotto@finanza

 

Per chi ha voglia di saperne di più…..
Ecco a voi una relazione datata (ma ancora attuale) un pò lunga (ma interessante) sulla “famigerata” Goldman Sachs

Relazione sugli interventi di Simone Santini in seno alle conferenze/dibattito sul tema “Crisi dei mutui e finanza mondiale: cosa ci riserva l’economia?” tenutesi ad Ancona il 27 ottobre 2007 e a Fano (PU) il 14 dicembre 2007, organizzati dal Centro Libero Analisi e Ricerche (CLAR). source

….Buonasera a tutti. Mio compito è cercare di illustrare come i meccanismi e le strutture di cui abbiamo sentito parlare finora, si incarnino poi in aziende e persone con nomi e cognomi

ben precisi in grado di avere ripercussioni sulle nostre vite di tutti i giorni.
Per fare questo abbiamo ritenuto che il metodo più esplicativo fosse analizzare quella che è la Banca d’Affari più celebre al mondo (o forse dovrei dire la più famigerata), il cui nome riempie titoli e pagine dei media, specializzati e non, ovvero sto parlando della multinazionale finanziaria Goldman Sachs.

Una precisazione preliminare. Goldman Sachs non è una banca commerciale ma un istituto di credito, ovvero non dobbiamo immaginarci sportelli bancari in cui aprire un conto corrente. La Goldman lavora su un altro livello, contiguo ma non assimilabile ad una normale banca commerciale. Soprattutto sono due i rami di attività: offre servizi, ovvero consulenze di alto livello; ed effettua speculazioni ad elevato rischio.

Questa compagnia ha una storia di circa un secolo e mezzo, essendo stata fondata a Wall Street nel 1869 da Marcus Goldman e suo genero Samuel Sachs, due ebrei americani di origine tedesca. Da allora la banca ne ha fatta di strada: oggi Goldman Sachs è un autentico impero finanziario. La sede centrale è sempre a New York dalla sua fondazione, ma ormai filiali si trovano nei punti nevralgici della globalizzazione, da Londra a Francoforte, da Tokio ad Hong Kong.
Vediamo più da vicino le attività della compagnia, con un brevissimo sunto: amministrazione di fondi di investimento e previdenziali; attività di mercato nei prodotti finanziari derivati e azioni ad alto rischio; gestione della quotazione in borsa di grandi aziende: due esempi per capire a che livello – negli anni ’50 la Goldman è advisor per la quotazione in borsa della Ford, a quel momento l’azienda automobilistica più importante al mondo, mentre negli anni ’80 gestisce la quotazione di Microsoft, leader indiscussa del settore informatico; altra attività in cui la compagnia è specializzata è quella di consulenza nelle fusioni e acquisizioni aziendali; e poi ovviamente rischia anche in proprio con investimenti su materie prime e partecipazioni in aziende.
Ma facciamo anche alcune cifre, senza tediarci troppo, per capire il fenomeno di cui stiamo parlando. Goldman Sachs ha 26.500 impiegati nel mondo. Nel 2006 ha fatturato 37,26 miliardi di dollari, come dire una finanziaria e mezza (e piuttosto robusta) dello Stato italiano; sempre relativamente al 2006 ha avuto utili per 9,5 miliardi di dollari: è come se con i propri ricavati netti ogni anno la compagnia potesse distribuire agli italiani due o tre tesoretti di Padoa Schioppa! Un altro dato estremamente significativo è il margine di redditività, ovvero il rapporto tra fatturato e utili, che si attesta attorno al 25%. Un margine altissimo che non ha confronto in nessun altro settore industriale (un esempio, la Fiat in questi ultimi anni di grande crescita ha avuto un tasso di redditività che è la metà) e che è possibile solo in quello finanziario. E continuando nell’analisi capiremo bene il motivo.
Ma in che modo la Goldman Sachs è diventata quella potenza che è oggi? Analizzando la storia della compagnia mi è sembrato di poter rilevare due caratteristiche assolutamente vincenti: da un lato è stata e continua ad essere una fucina per la formazione di classe dirigente negli Stati Uniti e non solo; dall’altra è costantemente all’avanguardia nella concezione di nuovi prodotti finanziari, come i famigerati derivati, che sono la punta di diamante dell’attività finanziaria.

Queste due caratteristiche, in seno alla compagnia, sembrano fornirsi reciprocamente linfa in modo da formare una sorta di circolo virtuoso; per facilità espositiva illustrerò separatamente le due questioni, ma teniamo sempre conto di questo fattore fondamentale.

Partiamo dal primo elemento.

Fornisco subito un dato: agli inizi del ‘900 Goldman Sachs era la prima banca a Wall Street come reclutatrice di neolaureati tra le sue fila. Insomma la compagnia si pone come una sorta di missione istitutiva quella di cercare nuove menti, intelligenze, da forgiare in quel grande laboratorio sul campo che sono le sue attività, al punto da creare così una sorta di prototipo di homo financiarius (passatemi il neologismo), ovvero di un uomo/goldman plasmato secondo i dettami, le necessità, quasi ad immagine e somiglianza, della compagnia stessa.
Ma non si limita a questo. Gli uomini/goldman, una volta giunti ai vertici dell’azienda, non si fermano lì. Esiste un travaso continuo, diretto, tra funzione privata e funzione pubblica. Così gli uomini/goldman vanno ad occupare i gangli nevralgici di uno Stato (come ad esempio gli Stati Uniti) soprattutto nel settore politico (a vari livelli), economico, e accademico. Facciamo alcuni esempi limitandoci ai più eclatanti, altrimenti la lista sarebbe davvero lunghissima.
Lo scorso anno il presidente di Goldman Sachs, Henry Paulson, esce dalla compagnia ricco di stipendi e bonus di decine e decine di milioni di dollari per gli strepitosi successi ottenuti… ma non va in pensione, bensì è “assunto” come ministro del Tesoro da George W. Bush e dunque messo sulla poltrona cruciale da cui vigilare sull’andamento dell’economia americana.
Non è una coincidenza, né un caso di vicinanza politica tra l’attuale Amministrazione repubblicana e i vertici della banca, poiché durante la presidenza del democratico Clinton, negli anni ’90, un altro alto dirigente della Goldman Sachs era arrivato a ricoprire la carica di ministro del Tesoro: Robert Rubin. E questo, ritengo, ci debba far riflettere sulla natura della tanto decantata democrazia americana in cui i presidenti magari cambiano (e nemmeno tanto visto che ormai sembrano passare di padre in figlio, da marito a moglie…) ma quei gruppi di potere capaci di influenzare, se non determinare, le politiche fondamentali del paese rimangono inalterati nel corso dei decenni o forse addirittura dei secoli.
Ma continuiamo con la lista degli uomini/goldman passati alla funzione pubblica. William Dudley diventa presidente della Federal Reserve di New York, ovvero il principale azionista della Federal Reserve, la Banca centrale statunitense. E qui un chiarimento è obbligatorio: la Federal Reserve americana, così come molte altre Banche centrali (ad es. la Banca d’Inghilterra, la Banca centrale europea, la stessa Banca d’Italia) sono ormai banche “private” poiché i loro azionisti sono altri istituti di credito, tutti privati. E il maggiore azionista della Federal Reserve americana è appunto la Federal Reserve di New York.
John Thain da presidente Goldman nel 2003 a capo della New York Stock Exchange (ovvero la Borsa statunitense) e poi, è notizia di questi giorni, torna alla funzione privata a capo della Merrill Lynch, un’altra importante e famosa banca d’affari.
Philip D. Murphy da responsabile Goldman per l’Asia a responsabile per la raccolta fondi della campagna elettorale del partito democratico, ovvero il partito di “opposizione” dell’attuale Amministrazione, in un ruolo fondamentale visto che spesso in America le elezioni si vincono a suon di milioni di dollari.
Altri nomi alla spicciolata di massimi dirigenti Goldman nelle loro cariche pubbliche: Robert Zoellick, vicesegretario di Stato e ora presidente della Banca Mondiale dopo l’allontanamento di Paul Wolfowitz; Joshua Bolten, capo di gabinetto della Casa Bianca; Gary Gensler, sottosegretario al Tesoro; Jon Corzine governatore del New Jersey… e ci fermiamo qui, anche se potremmo continuare a lungo, perché il concetto, mi sembra, è piuttosto chiaro.

Ma questa situazione non riguarda, aimé, solo gli Stati Uniti. La Goldman Sachs è una compagnia globale e agisce in modo globale magari cooptando paese per paese i dirigenti che ritiene più idonei e più utili.
Facciamo alcuni nomi per l’Italia, tanto per restare a casa nostra. E vediamo che non ci siamo fatti mancare nulla. Mario Draghi è stato prima direttore del Tesoro italiano, poi dirigente Goldman, e quindi è tornato alla funzione pubblica come attuale Governatore alla Banca d’Italia. Un invidiabile cursus honorum in cui il passaggio alla Goldman è parso come una sorta di investitura definitiva.
Mario Monti, uomo di cui sentiremo sicuramente parlare nel prossimo futuro, già presidente della Bocconi e Commissario europeo alla Concorrenza, è attualmente nell’International Advisory Board di Goldman Sachs, sicuramente in rampa di lancio per importanti incarichi nei prossimi governi italiani di larghe intese…
Un altro nome, vediamo se ne avete mai sentito parlare: Romano Prodi.

Qui il discorso è interessante e illuminante sulle metodologie della finanza internazionale. All’inizio degli anni ’90 il professore bolognese era a capo dell’IRI che stava privatizzando. C’erano grandi affari da realizzare e tanti bocconi gustosi su cui mettere le mani. Ovviamente Goldman Sachs era in prima linea come advisor di molte compagnie in queste acquisizioni, ma la concorrenza da battere era tanta.

Ed allora come si fa? Ce lo spiega il quotidiano britannico Daily Telegraph che pubblica un documento ufficiale della Goldman Sachs uscito da una inchiesta giudiziaria per un caso di corruzione che vedeva coinvolta la stessa compagnia. Scrive il Telegraph citando questo documento: “La conoscenza dell’Iri e del suo management da parte della Goldman Sachs “può essere di estrema importanza in una trattativa. Da marzo 1990 il nostro primo consulente in Italia è il professor Romano Prodi… [il quale] è stato nel libro paga Goldman Sachs dal 1990 al 1993, e poi di nuovo nel 1997, dopo la sua prima prova come premier“. Ecco come agisce la finanza mondiale. Ci servono informazioni di prima mano sull’IRI? Nessun problema, ne prendiamo il presidente e lo mettiamo sul nostro libro paga come consulente. E sembra, dice il Telegraph, che con questa consulenza Prodi abbia guadagnato 1,4 milioni di sterline.

 Non male.
Ma non si dica che facciamo propaganda anti-governativa, non è nostra intenzione anche se ormai sembra che questo non sia altro che il più grande governo morente… e quindi faccio subito un altro nome dell’opposizione (!?) per par condicio: ovvero Gianni Letta che passa direttamente dalla poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio di Silvio Berlusconi a membro dell’International Advisory Board di Goldman Sachs, ovvero quel consiglio consultivo internazionale in cui siedono tra i più influenti e importanti uomini della finanza a livello mondiale. Il nome di Letta è interessante sotto questo punto di vista. Non è né un economista di rango né un finanziere.

Cosa ci fa allora Gianni Letta nell’Advisory Board di Goldman?

È presto detto: Letta rappresenta esattamente quel tipo di persona in grado di muoversi nei salotti del potere sotto varie vesti, uomo tra l’altro trasversale, un punto di riferimento per chiunque voglia avere conoscenza e informazioni nel sottobosco politico/economico italiano. Insomma, una pedina fondamentale per chi voglia costituire una sorta di comitato d’affari attraverso cui imbastire tutta una rete, una intelaiatura di conoscenze e rapporti, da cui trarre fondamentali informazioni spesso molto più utili, negli affari, di analisi finanziarie.

Fatto questo excursus torniamo al secondo elemento da cui eravamo partiti, ovvero la creazione e gestione di prodotti finanziari. Per capire questo elemento dobbiamo fare riferimento ad un passaggio storico della compagnia, ovvero alla crisi di Wall Street del ’29 che vide la Goldman Sachs pericolosamente esposta negli investimenti nella economia reale e quindi subire il rischio del fallimento. L’azienda riesce a scampare alla crisi e impara in fretta dagli errori. Comincia qui una svolta fondamentale: mai più la compagnia deve rischiare in proprio, facciamo rischiare gli altri! Ecco che nasce l’idea della finanziarizzazione dell’economia e la traslazione del rischio dei finanziamenti. Negli anni ’30 comincia la gestione dei primi fondi di investimento (sono i risparmiatori a sottoscrivere le quote dei fondi, sono loro che rischiano i soldi, la Goldman li gestisce), e nascono i primi bond municipali (ovvero obbligazioni garantite da enti pubblici).
Negli anni ’50, sotto la guida dello storico presidente Gus Levy ecco un’ulteriore svolta. La Banca sviluppa tecniche di investimento sempre più avanzate e nel ’56 nasce la divisione Investment Banking, ovvero la Goldman Sachs è la prima banca al mondo a creare un mercato per i prodotti finanziari in cui, attraverso la vendita dei titoli alla massa dei risparmiatori, il rischio viene trasferito e polverizzato presso i milioni di acquirenti. È l’alba dell’attuale mercato finanziario in cui i derivati non rappresentano altro che l’approdo, sempre più sofisticato e diversificato, di quegli strumenti creati e sviluppati dalla Goldman Sachs.

Arriviamo ai giorni nostri.

È di estremo interesse verificare come la Goldman Sachs si sia mossa durante la crisi dei mutui subprime della scorsa estate, una crisi che non è stata indolore per molti attori della finanza mondiale.

Abbiamo tutti visto le file dei correntisti davanti alla britannica Northern Rock, perdite hanno avuto anche colossi di Wall Street come Morgan Stanley, Deutsche Bank, la stessa Merrill Lynch che è addirittura finita sotto inchiesta del procuratore generale di New York, Andrew Cuomo, ed ha così preferito silurare il suo presidente ed affidarsi, come si diceva, alla guida di un ex Goldman, John Thain. Stessa fine per il presidente di Citigroup (per numeri la banca più grande del mondo) costretto a lasciare dopo che erano stati scoperti buchi per miliardi di dollari.
Anche Goldman Sachs ha avuto perdite, in realtà limitate ai suoi fondi obbligazionari più a rischio legati ai mutui subprime (Global Alpha e Global Equity) con tracolli in pochi giorni del 20% e 30% (e trattandosi di fondi di investimento, le perdite in realtà sono state dei clienti più che della compagnia stessa). Ma ecco che nella depressione generale, dalla Banca esce un comunicato laconico quanto gongolante che dice “le perdite sono state più che compensate da guadagni ottenuti shortando prodotti basati sui mutui“. Cosa significa?
Non sono un tecnico e cercherò di spiegarvelo nel modo più semplice possibile, così come io stesso l’ho capito, spero di non farvi rabbrividire (“me lo spieghi come se fossi un bambino di sei anni” diceva Denzel Washington nel film Philadelphia!).
Immaginiamo di essere in un mercato finanziario e io sto vendendo un prodotto, non ci interessa tanto sapere quale sia, mettiamo sia una obbligazione legata ad un mutuo a rischio. Lo vendo oggi, dunque a data certa, e al prezzo di mercato di oggi, dunque anche il prezzo è certo. La particolarità sta in questo: vendo un prodotto che non è mio, non è nella mia disponibilità. Ma mi impegno ad acquistarlo (contestualmente alla vendita) ad una data futura breve (short) al prezzo di mercato che avrà in quel momento, ovvero lo acquisterò ad un prezzo che ancora non conosco. Lo schema come vedete è anche abbastanza semplice, si tratta di un future, o come dire una autentica scommessa. Se nell’intervallo di tempo tra mia vendita e mio acquisto il prezzo sarà calato: avrò guadagnato la differenza; se al contrario avrò venduto ad una cifra e acquistato ad un prezzo che nel frattempo è aumentato: avrò perso la differenza. Insomma, come andare al casinò e puntare sul rosso e nero!
Ora immaginate che Goldman Sachs abbia venduto prodotti basati sui mutui al prezzo che avevano prima della crisi della scorsa estate e poi li abbia acquistati al prezzo che avevano dopo che la crisi era avvenuta e il loro prezzo era crollato. Immaginate questo e avrete esattamente ciò che è successo nella realtà! Il risultato? Un guadagno, in un paio di settimane, di ben 1,7 miliardi di dollari… 1,7 mi-liar-di di dol-la-ri!!!
Ora capite bene quanto si diceva in precedenza riguardo al margine di redditività e come sia solo il settore finanziario a consentire tali ricavi: hai voglia costruire macchine! Questi creano denaro dal nulla, le speculazioni finanziarie consentono di creare letteralmente denaro solo schiacciando un tasto… denaro che non ha nessun corrispettivo reale, che non è garantito da nulla di tangibile nell’economia reale. Non è un caso, appunto, che taluni chiamino questo tipo di operazioni “economia da casinò” o “economia d’azzardo”! Questo denaro in realtà ha la consistenza dell’aria, eppure fonda potere, con esso ci puoi comprare beni reali eccome! Ecco come funziona la finanza mondiale!
Il risultato appare ancora più grottesco se poi l’attuale presidente di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, vista la sua bravura nell’aver gestito l’operazione, si automunifica di un bel bonus di 70 milioni di dollari. E se lo può ben permettere visto che alla compagnia ha fatto guadagnare 1,7 miliardi! Ma a questo punto, e qui si chiude il cerchio del ragionamento che stiamo svolgendo, traiamo delle conclusioni: certo, Blankfein può essere stato abile, più di tutti gli altri che ci hanno rimesso; più fortunato magari; oppure (e parlo per pura ipotesi ovviamente) il fatto di avere il tuo predecessore alla Goldman che ora è Segretario del Tesoro, tuoi ex colleghi che in quel momento erano presidente della Borsa e maggiore azionista della Banca centrale americana… non so, magari qualche aiutino sull’intuizione di quando, se, e con quale entità sta arrivando una crisi finanziaria di quelle proporzioni… possono avertelo dato…E allora ben si capisce perché Merrill Lynch, che perde soldi e finisce sotto inchiesta, silura il suo presidente e chiama al suo posto John Thain, presidente della Borsa ed ex presidente Goldman, avranno pensato: magari ci attacca un po’ di fortuna pure a noi!

E siamo arrivati alle notizie di strettissima attualità, degli ultimi giorni addirittura. La crisi non è affatto scongiurata, anzi, molti ritengono che ci si trovi ancora all’inizio e il peggio deve arrivare. In che modo questi signori ritengono di fare fronte alla situazione? Due notizie mi sono sembrate particolarmente interessanti.
La prima riguarda il piano predisposto da Bush per arginare la crisi finanziaria. Il nocciolo sta nel congelamento, per 5 anni, dei tassi variabili dei mutui immobiliari che non potranno così continuare a lievitare. Sembra una soluzione ragionevole! Ovviamente la soluzione è stata pensata non da Bush in persona ma in particolare dal suo Segretario al Tesoro, l’uomo/goldman Henry Paulson. E gli analisti che hanno avuto la possibilità di studiare più dettagliatamente il piano hanno scoperto che Paulson ha messo così tanti parametri e paletti che in fin dei conti saranno solo un 10% dei sottoscrittori di mutui a tasso variabile negli Stati Uniti a poter beneficiare del congelamento. Insomma, come dire una boccata d’ossigeno per chi si trova maggiormente in difficoltà, sufficiente a non far grippare definitivamente il sistema, ma lasciando fino all’ultimo che le banche continuino ad arricchirsi. Sembrano voler governare la crisi sul filo del rasoio fino all’ultimo, sicuri evidentemente di poterla controllare.
E questa notizia si abbina perfettamente alla seconda: le maggiori banche di Wall Street (tra cui ovviamente i nostri amici della Goldman Sachs) decidono di costituire un fondo comune in cui immettere i titoli obbligazionari a maggior rischio. Lo scopo è evidente: fare blocco comune in modo da meglio supportare le perdite di un singolo soggetto ripartendole sugli altri e spalmarle anche nel tempo. In questo modo si dovrebbe riuscire ad impedire che un solo soggetto rimanga esposto in balia di un crisi, magari fallisca, e con una sorta di effetto domino dia inizio ad una crisi sistemica globale stile ’29 o addirittura peggiore. Si tratta di una soluzione finanziaria che non risolve il problema e cerca principalmente di arginarlo, ma non ci sarebbe nulla di male, anzi. Il problema sta nel fatto che il Tesoro americano ha benedetto la nascita di questo fondo. Ora se non sbaglio il Segretario al Tesoro è un certo… Henry Paulson (!?)… e viene da una compagnia che si chiama per caso… Goldman Sachs (?!). Bene, questo crea non pochi problemi, perché se l’ente pubblico intende semplicemente vigilare sul fondo farebbe nulla di più che il suo lavoro, ma alcuni analisti paventano che il Tesoro stia in realtà assumendo, direttamente o meno, precisi impegni di garanzia sul fondo, ciò che significherebbe far ricadere sul pubblico americano (e mondiale, oserei dire) il rischio di insolvenza dei maggiori istituti bancari, ossia che dietro l’operazione si celi una sorta di aiuto di stato mascherato.

Questa è dunque la situazione, il panorama piuttosto desolante che ci troviamo di fronte. Come al solito, la morale è in soldoni: loro cercano di governare la situazione perdendoci il meno possibile e cercando soprattutto di riversare le perdite sulla globalità della popolazione statunitense e del resto del mondo. E noi dobbiamo quasi dire grazie, perché l’alternativa a questo sarebbe che qualche grosso squalo fallisse e allora potremmo avere l’innesco di una crisi sistemica dagli esiti micidiali.
Concludo con una battuta. Mi viene in mente una frase di Noam Chomsky che più o meno diceva: non è vero che i capitalisti sono liberisti, in realtà sono un po’ liberisti e un po’ socialisti… per il popolo vogliono il liberismo, per loro stessi il socialismo! E magari pure gli aiuti di Stato!

Vi ringrazio per l’attenzione.

2 commenti Commenta
loucyfer
Scritto il 16 Marzo 2012 at 10:23

Chissà a quale “razza” appartengono i nostri “amiconi” di GS, JPM, MS, ecc. ecc. ???

Chissà……!!!!!!

Scritto il 16 Marzo 2012 at 12:37

loucyfer@finanzaonline:
Chissà a quale “razza” appartengono i nostri “amiconi” di GS, JPM, MS, ecc. ecc. ???

Chissà……!!!!!!

Io un’idea me la son fatta….ma preferisco che ciascuno di noi ragioni con la propria testa. Altro che “etica finanziaria”.

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