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Crisi economica: il Portogallo non è la Grecia

Scritto il alle 17:26 da carloscalzotto@finanza

A differenza della Grecia, il paese iberico ha mandato giù le dolorose riforme imposte dai creditori senza quasi battere ciglio.

Ma guai a pensare che la strada per uscire dalla crisi è ormai in discesa.

Chi ha seguito i notiziari negli ultimi giorni sarà giunto all’ovvia conclusione che noi portoghesi non siamo come i greci.

Nella giornata di ieri c’è stata una battaglia campale tra i manifestanti e la polizia greca nella famosa piazza Syntagma, e intanto i partiti politici ellenici si scontrano ferocemente sul nuovo pacchetto di austerity.

Qui in Portogallo, invece, esiste un ampio consenso politico, che raggruppa più dell’80 per cento dei deputati; è stato stipulato un accordo sociale per concretizzare le riforme del mercato del lavoro pretese dalla troika, con un aumento della flessibilità nei licenziamenti; il governo e i socialisti hanno concordato la riduzione nel numero dei giorni festivi e nelle ferie; l’ammontare del sussidio di disoccupazione è stato rivisto al ribasso; la legge sugli stipendi è stata modificata e le partecipazioni statali in Edp e Ren sono state cedute a capitali cinesi. Tutto questo – e molto altro – è stato fatto senza che si verificasse alcuna tensione, né tanto meno violenze di piazza.

Insomma, per tutte queste ragioni, il Portogallo non è la Grecia. Ma non è detto che tutti la pensino così. In Europa si fa strada l’idea che il Portogallo non sarà in condizione di tornare sui mercati nel 2013. In questo senso è illuminante il dialogo tra i ministri delle finanze tedesco e portoghese, intercettato da Tvi: durante l’incontro Wolfgang Schãuble ha parlato della possibilità che il piano portoghese venga modificato, garantendo al suo omologo che in tal caso la Germania sarà pronta a collaborare. Curiosamente, l’indiscrezione è bastata a infiammare i mercati e a far schizzare alle stelle i tassi d’interesse sul debito sovrano.

Non dobbiamo illuderci. L’idea che le cose andranno necessariamente per il verso giusto è pericolosa, perché ci sono molte variabili che non possiamo controllare. Per esempio, in Europa potrebbe verificarsi una recessione più profonda di quanto si pensi in questo momento. Tenendo conto del collasso del paese che è stato la culla della democrazia, l’Unione europea ha bisogno di un caso esemplare per dimostrare che le politiche di austerity difese dalla troika funzionano. Il Portogallo potrebbe essere l’esempio perfetto.

Tuttavia dobbiamo essere preparati all’eventualità che prima di concederci ulteriori aiuti finanziari la troika ci chieda altri dolorosi sacrifici. Per avere un’idea basta osservare i dieci comandamenti che Ue, Fmi e Bce hanno imposto ai partiti greci. A noi non hanno ancora chiesto la riduzione del salario minimo (che è inferiore a quello greco, 485 euro contro 750), la soppressione di tredicesima e quattordicesima nel settore privato, la riduzione delle ferie pagate e i tagli alle pensioni per gli statali. E non è ancora passata l’ossessione per la cancellazione della Tassa sociale unica.

Il fatto che i mercati capiscano che non siamo uguali alla Grecia è molto positivo. Ma questo non significa che dobbiamo pensare di avere la strada spianata. Il cammino verso la salvezza è ancora irto di ostacoli.

Contesto

Il governo scavalca la troika
Il 15 febbraio gli emissari della troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) arriveranno a Lisbona per la terza valutazione del processo di riforme, condizione necessaria per il piano di aiuti da 78 miliardi di euro stanziato nel maggio del 2011. Dal loro giudizio dipende l’erogazione della tranche da 14,9 miliardi (40 sono già stati versati).

I leader politici portoghesi, a cominciare dal primo ministro Pedro Passos Coelho, continuano a ripetere che “il Portogallo non è la Grecia” e rispetterà gli impegni presi, come ricorda il direttore di Expresso Ricardo Costa. Inoltre per evitare il confronto Passos ha annunciato che andrà “oltre le richieste della troika”, accelerando le riforme strutturali previste. Una strategia che secondo il settimanale potrebbe rivelarsi pericolosa, in quanto

renderà difficile ottenere un largo consenso politico quando sarà il momento di negoziare un nuovo piano d’aiuti.

L’assenza di consenso potrebbe condurre Portogallo a una situazione “greca” quando la troika dovrà negoziare con i partiti un prolungamento del piano di salvataggio. Ormai il consenso dell’anno scorso esiste soltanto sulla carta. Da questo malinteso alla Grecia, il passo è breve. Molto breve.

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