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Piano Salva stati e liberalizzazioni, l’unica cosa certa è che il governo ha salvato le banche

Scritto il alle 13:14 da carloscalzotto@finanza

Il decreto di liberalizzazioni approvato dal Governo Monti è riuscito ad aprire settori della nostra economia finora difficili da toccare.
Tra i motivi del ritardo con cui l’Italia vara queste norme c’è stata senza dubbio la consistente presenza di rappresentanti delle professioni tra le sedie del Parlamento: in Camera e Senato abbiamo 341 tra avvocati, giornalisti, medici, ingegneri, commercialisti, architetti, notai e farmacisti. Si tratta del 36% dei nostri parlamentari, che saranno presto chiamati a sostenere un decreto che li riguarda personalmente, ma che soprattutto interviene su
attività che contribuiscono al Pil fino al 22%.

Le liberalizzazioni favoriranno la crescita, come dimostrato da numerosi studi. Proponiamo alcune letture riguardo la struttura di mercato e le performance del commercio al dettaglio. È stato dimostrato, sia nel caso della Francia che in quello dell’Italia, che restrizioni all’entrata per i grandi negozi non sembrano aiutare i piccoli commercianti, dal momento che le grandi catene di vendita al dettaglio rispondono alle restrizioni aprendo negozi di minori dimensioni, creando condizioni concorrenziali difficili da sostenere; inoltre, un’eccessiva regolamentazione fa diminuire la crescita occupazionale. Altri studi dimostrano come, nel caso inglese, le regolamentazioni restrittive all’ingresso riducano il numero di grandi supermercati e causino un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, con conseguente perdita di benessere per i consumatori.
Un ultimo studio sulle farmacie in Belgio mostra come le restrizioni all’ingresso abbiano avuto un impatto negativo sul benessere dei consumatori e che l’intensa regolamentazione non sia riuscita a garantire la disponibilità dell’offerta su tutto il territorio: con regole meno restrittive si potrebbero avere il doppio delle farmacie, più posti di lavoro ed una migliore copertura territoriale.
Tutte le liberalizzazioni decise dal governo Monti sono note e promettono di aumentare la concorrenza in molti settori: ma i cittadini si chiedono semplicemente quanto potranno ricavare in termini economici dal Decreto Cresci Italia. L’Osservatorio Nazionale della Federconsumatori ha provato a calcolare i possibili risparmi destinati ai consumatori, cercando di capire quali sono i potenziali benefici per ogni singola famiglia. I dati sono senza dubbio incoraggianti. In effetti, le agevolazioni destinate a ogni singolo nucleo familiare ammonta a 946 euro: ovviamente, si tratta della somma che si ottiene dai vari risparmi per le varie categorie professionali che sono coinvolti da questo pacchetto di misure. Anzitutto, bisogna ricordare che le famiglie italiane hanno ornai raggiunto i ventiquattro milioni complessivi, con 2,5 componenti in media e una spesa annua di oltre 29mila euro. I 946 euro appena menzionati non sono altro che il totale di tanti minori costi: si tratta, nello specifico, dei 116 euro dei carburanti, dei 184 relativi alle professioni (il riferimento non può che andare a notai e avvocati), dei 247 per quel che concerne il commercio, senza dimenticare le assicurazioni (114 euro), le farmacie (42 euro), i trasporti (48 euro), i taxi (86 euro) e la bolletta energetica (altri 109 euro). In aggiunta, non va dimenticato un altro risparmio fondamentale per il nostro paese, vale a dire quello del prodotto interno lordo (1,5 punti percentuali). La stessa Federconsumatori e l’Adusbef non potevano che giudicare in maniera positiva queste stime, riconoscendo, nonostante tutto, la possibilità di intervenire con maggiore coraggio per venire incontro alle necessità più urgenti delle famiglie importanti. Ora guardiamo nello specifico il comparto bancario e gli effetti sulle banche colpite di striscio, anzi, lambite a malapena, con una certa fatica le banche si accorgeranno del varo del pacchetto liberalizzazioni. Il governo aveva promesso la metamorfosi del Paese, a partire dall’erosione di tutte le rendite di posizione acquisite nel corso degli anni all’interno di ogni settore della vita pubblica ed economica del Paese (e può darsi che, in parte, abbia tenuto fede all’impegno); eppure, sul fronte dei privilegi di cui godono gli istituti di credito manifesta un atteggiamento schizofrenico. “Non mi sorprende che il governo dei banchieri non abbia toccato le banche”, commenta, raggiunto da ilSussidiario.net Gianni Dragoni, inviato de Il Sole 24 Ore, autore del recente “Capitani coraggiosi – I venti cavalieri che hanno salvato Alitalia e affondato il Paese” (ed. Chiarelettere). “Del resto, tra i ministri di spicco dell’esecutivo – continua  – vi è Corrado Passera, che difficilmente potrebbe scardinare il sistema di potere e reddito degli istituti di credito”. A parole, Monti si era impegnato, in parte, a farlo: “Quando il presidente del Consiglio annunciò 30 miliardi di nuove tasse, disse anche che avrebbe cercato di indurre le banche e le società di carte di credito a ridurre le commissioni; anche perché da lì a poco sarebbero aumentati i pagamenti per via elettronica, in virtù della misura che vieta quelle in contanti sopra i mille euro. Non mi pare che ci siano state iniziative in questa direzione”.
Secondo Dragoni, l’esecutivo avrebbe potuto agire anche su altri versanti. “Avrebbe potuto, ad esempio, chiedere maggiore trasparenza relativamente ai costi dei conti correnti, o stabilire dei tetti per quelli delle operazioni bancarie”. Il perché di una tale remissività è semplice: “Il governo nei confronti dei cittadini e degli elettori ha un atteggiamento paternalistico, ma sta dalla parte dei più forti”. Alla banche è stata data copertura per l’emissione di obbligazioni. Alcuni sostengono che avrebbe potuto fare altrettanto peri prestiti alle imprese. “Personalmente – dice Dragoni – credo che se tutta l’attività bancaria dovesse ottenere garanzie di copertura, si determinerebbero per l’amministrazione pubblica rischi enormi legati alla possibilità di insolvenza delle aziende”.  Secondo Dragoni, tuttavia, si è ancora in tempo per introdurre dei provvedimenti tali da facilitare lo sblocco del credito alla produzione. “Ad esempio, si potrebbe vincolare la copertura delle obbligazioni a una quota minima di credito erogato alle imprese”.
Del resto, il governo ha modo di intervenire, non necessariamente attraverso delle leggi. “Da più di un anno le banche italiane si riempiono le tasche di titoli di Stato, nonostante questo diminuisca il loro valore azionario. E’ evidente che qualcuno le ha spinte a farlo. Quel qualcuno – prevalentemente l’autorità politica – potrebbe anche invitarle ad aver maggior attenzione per il credito alle imprese”.  Vi riporto all’analisi sui titoli bancari in programma per oggi, potete leggerle andando QUI

 

1 commento Commenta
l1uk3
Scritto il 23 Gennaio 2012 at 14:01

Le associazioni dei consumatori sono famose per sparare cifre a casaccio quando ci sono aumenti, ora sappiamo che lo fanno anche nei possibili casi di riduzione. L’importante è conquistare le prime pagine dei giornali e quindi notorietà. In un paese poco serio evidentemente non si possono stimare cifre serie, non si verrebbe presi in considerazione.

Sarà già bello se ci sarà qualche risparmio, e sicuramente non li vedremo nel breve.

Per i carburanti cambia poco. Non capisco poi come si facciano a stimare 250 euro nel commercio visto che erano già liberalizzate le aperture fino a 200 mq e mi sembra un settore già concorrenziale, oltre al fatto che con Internet (vedi groupon, outlet online etc) è probabile che avremo più chiusure che aperture.

Per il settore bancario e assicurativo c’è molto poco, soprattutto rispetto a quanto si poteva fare, come ben descritto qui
http://banca-del-risparmio.blogspot.com/2012/01/liberalizzazioni-in-ambito-bancario-e.html

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