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Depressione economica in Europa
La crescita si sta dimostrando piuttosto anemica negli Stati Uniti, con un certo rallentamento anche in Asia come in gran parte delle economie emergenti.
In contrapposizione a queste note (diciamo così) positive, sta altresì crescendo, nel centro-sud Europa, una forte ed inesorabile recessione, per quel gruppo di paesi in perenne conflitto con un debito endemico, causato da molteplici e perseveranti amministrazioni pubbliche, inique e corrotte.
Purtroppo quello che è iniziato l’anno scorso, avrà sicuramente degli strascichi non indifferenti per l’economia mondiale, o per causa diretta, o per effetto riflettente e indiretto, anche in quelle aree del globo, dove la situazione risulta essere migliore delle altre.
Nella maggior parte del nostro continente, il problema della mancata crescita e la necessità di far fronte ad un continuo innalzamento del debito, non fa altro che peggiorare una situazione già di per se molto critica.
Una cosa è certa però ed è che per far fronte a tutto questo, l’innalzamento dell’austerità, non risolve certamente il problema, anzi lo aggrava, anche perchè la situazione che aleggia sull’economia globale non è nè temporanea nè casuale.
Gli affanni e le varie soluzioni che di volta in volta vengono proposte dai governanti europei, trovano sempre contrapposizioni ed ostacoli, suggeriti per lo più da sentiment e campanilismi radicati, che altro non fanno che dilatare un grosso problema, per poi allontanarlo da (ammesso che ci sia) una possibile graduale soluzione.
Nel frattempo aspettiamo fiduciosi la fine di quella telenovela infinita che è la ristrutturazione del debito greco, che, una volta risolto, porterà con se fantasmi anticipatori di conseguenze infauste non tanto nascoste, per quei paesi già candidati ad un possibile default, così come vengono tacciati i cosiddetti PIIGS. Il nostro paese soffre di una malattia ben precisa e l’Eurispes l’ha prontamente diagnostica: si tratta della depressione e il medico in questione è l’istituto senza fini di lucro che si occupa degli studi politici, economici e sociali.
Ora parliamo del bel paese, di casa nostra e domandiamoci:
Perché l’Italia è così depressa, ovviamente dal punto di vista economico?
Quello che ha accertato questo ente, di cui metto una foto, è che i cittadini sono appunto depressi, siano poveri o benestanti non ha importanza, ma con delle tendenze ben precise, come ad esempio la difesa dei privilegi da parte di chi ne è in possesso.
In questo modo, nessuna nazione può guardare al futuro, perché mancano dei requisiti fondamentali, come lo sviluppo e la democrazia. In pratica, l’Italia vista dall’Eurispes è in piena crisi economica, bloccata e immobile da tutti i punti di vista e senza alcuna fiducia nei confronti delle istituzioni. Come ha precisato lo stesso numero uno dell’Eurispes, Gian Maria Fara, ogni classe sociale ha i propri motivi per lamentarsi, i più poveri perché non possono riscattarsi e i più ricchi perché si sentono troppo criminalizzati.
Ci sono poi dei dati che confermano che la nostra è una società feudale: il lavoro sommerso ne è una chiara testimonianza, con i suoi 540 miliardi di euro totali (ben il 35% del prodotto interno lordo) e una evasione fiscale conseguente di quasi 250 miliardi. La ricetta, però, è più semplice di quanto ci si possa attendere e consiste in una nuova politica dalle buone intenzioni.
Quali altri elementi sono emersi con maggiore evidenza?
Anzitutto, il 67% degli italiani presi come campione hanno affermato che la situazione economica del paese è nettamente peggiorata (solo il 6,1% ritiene ci sarà un miglioramento); inoltre, le famiglie sono state costrette a dimenticare il significato della parola “risparmio”, tanto che il 26,2% degli italiani ha dovuto chiedere un prestito bancario per vari motivi, in primis il mutuo della casa e il pagamento dei debiti che sono stati accumulati.
L’Eurispes, infine, ha voluto citare anche i celebri Compro Oro: il fatto che sempre più persone si rivolgano a loro significa che la crisi spinge a queste soluzioni “estreme”, visto che l’8,5% del campione intervistato ha confessato di avervi fatto ricorso. Insomma, si tratta di una fotografia dalle mille sfumature, ma tutte convergenti verso la fase cronica della depressione economica