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Grecia: la tragedia di chi ha truccato i conti per entrare in Europa
Mentre sui mercati domina la paura per l’intervento a favore del governo spagnolo. Sui listini c’è incertezza con il segno meno. Riprendiamo il discorso sulla Grecia.
La Grecia con il cambio dall’Euro alla Dracma sarà condannata alla miseria, con danni non quantificabili sotto l’aspetto sociale e di collocazione geopolitica.
Essendo notorio che la Grecia non è paese “esportatore” (manca quasi totalmente la struttura produttiva) ma è un’economia fatta prevalentemente di servizi (turismo, shipping, movimentazione) non vedo come possa avvattaggiarsi con una moneta debole.
Pagherà di più le importazioni (i carburanti si pagano in dollari) di cui non può fare a meno (credimi, sono settori strategici) ed ovviamente sul mercato finanziario non troverà più nessuno disposto a fare prestiti.
Dato che il problema fondamentale non è il debito in sè da ripudiare o da trasformare in dracme (gli interessi che paga sono inferiori a Spagna e Italia e le prime scadenze sono state spostate, dopo lo PSI+, a babbo morto) ma è quello di riuscire a trovare un avanzo primario.
A tutt’oggi anche rigettando il debito le uscite rimangono superiori alle entrate.
In poche parole se dovessero tornare alla Dracma “settore turistico” dovrà perlomeno triplicare il volume degli arrivi per arrivare a pareggiare le entrate attuali in euro: impensabile.
Ora vi inserisco l’interessante articolo contrario in parte al mio pensiero ma… Per la stima che ho per l’autore… mi sembra giusto diffonderlo
La Grecia esca dall’euro. E’ l’unica possibilità che ha di restituire al suo popolo un futuro più dignitoso di quello che, altrimenti, lo attenderebbe rimanendo nell’euro. Mandasse a quel paese tutti gli eurocrati del piffero, preoccupati, più che altro, di salvare gli interessi delle banche (soprattutto tedesche) esposte sul debito greco e dell’industria bellica, sempre pronta a vendere ad un Paese fallito, sottomarini a suon di miliardi di euro, nonostante la popolazione ridotta alla fame e addirittura priva di medicinali.
Oggi, il Primo Ministro ellenico Samaras ha rilasciato un intervista al giornale tedesco Handelsblatt, rilanciata dal Il Sole 24 Ore, e ha tratteggiato un futuro inquietante per lo stato ellenico (e per il resto dell’Europa N.d.r.).
Siamo come la Repubblica di Weimar
La situazione della Grecia è paragonabile a quella della Repubblica di Weimar: «La democrazia greca si trova probabilmente di fronte alla sua sfida più grande». Lo ha detto il primo ministro greco Antonis Samaras in un’intervista concessa al quotidiano tedesco Handelsblatt. La tenuta della società «è messa in pericolo dalla disoccupazione crescente, come è stato in Germania alla fine della Repubblica di Weimar», ha spiegato Samaras.
L’ascesa dell’estrema destra: o ci aiutate o rischiamo il nazismo
Per Samaras la società «nel suo insieme» è minacciata dai populisti dell’estrema sinistra e «da qualcosa che non si era mai visto prima nel nostro Paese: la crescita di un partito dell’estrema destra, si potrebbe dire fascista, neonazista». Alba dorata, questo il nome della formazione citata da Samaras, nei sondaggi «è già la terza forza politica in Grecia, tendenzialmente in crescita», ha ricordato il premier ellenico.
I tagli ci hanno ridotto all’osso
«I tagli che abbiamo già implementato ci hanno ridotto all’osso. Siamo al limite di ciò che si può chiedere al nostro popolo», ha dichiarato il premier greco, precisando che i greci «sono pronti a fare sacrifici, ma vogliono anche vedere la luce alla fine del tunnel». Un paese allo stremo Samaras descrive un paese allo stremo. I tagli sono già andati a colpire in profondità e «siamo al limite di ciò che possiamo aspettarci della nostra popolazione». Più della metà dei giovani ha perso il lavoro, la povertà aumenta e «sempre più greci devono andare a mense per i poveri della Chiesa e del volontariato per avere un pasto caldo»
Sappiamo già da tempo che la situazione in Grecia è insostenibile. E questo è il risultato di quello che gli eurocrati hanno definito il salvataggio della Grecia.
Ma noi di questo abbiamo già scritto abbastanza e sappiamo benissimo che la Grecia è fallita e (ri)fallita più volte.
L’unica alternativa ad una lunga, lenta e straziante agonia che conduce a morte certa, è quella che la Grecia esca dalla moneta unica, ripudiando il debito e tornando alla sovranità monetaria. Sicuramente non sarà una cosa indolore. Anzi tutt’altro. Ma dopo un primo periodo di shock causato da una nuova Dracma fortemente svalutate e da grande inflazione, potrebbe tornare a sperare e mettere a frutto le grandi risorse storiche, culturali e turistiche di cui dispone. Ma ai pifferai finti europeisti, questa, è una soluzione che fa paura, e per diverse ragioni.
La prima. A circa un anno dalle elezioni in Germania, la Merkel dovrebbe spiegare agli elettori tedeschi (che sono anche contribuenti) che fine ha fatto il fiume di aiuti di denaro pubblico destinato al salvataggio della Grecia e come mai sono finiti nel cesso. Imbarazzante, non credete?
La seconda. E qui si porrebbe subito un problema a proposito della tanto decantata irreversibilità dell’euro. Nel senso che, in caso di uscita dalla Grecia, i mercati, contrariamente a quanto Draghi si sforza di dire, percepirebbero immediatamente che l’euro è reversibile, e poi come. A quel punto, si attesterebbe, de facto, che qualsiasi paese può uscire dalla moneta unica reintroducendo valute nazionali, con ovvie ripercussioni (perdite) sui portafogli degli investitori. La Spagna, che somiglia sempre più alla Grecia, verrebbe bersagliata dalla vendite. Poi sarebbe la volta dell’Italia e magari della Francia, fino a colpire l’intera Europa, nessuno escluso.
La terza. E questa costituisce una vera e propria risorsa per il paese ellenico. Con la grande tradizione storica e le altrettante risorse turistiche di cui la Grecia dispone, con una nuova dracma fortemente svalutata, si creerebbe una sorta di zona franca nel mediterraneo dove investire fiumi di denaro. Più o meno tutti vorrebbero avere una casa su un isoletta greca comprata a quattro soldi e i grandi gruppi finanziari sarebbero pronti ad investire in hotels, strutture ricettive, ristoranti, servizi turistici ecc ecc. In pratica si creerebbe una piccola enclave economica, dove è facile attrarre capitali esteri. E questo a due passi dall’area dell’euro. (suggerisco di approfondire il tema sul blog Il Grande Bluff, che è uno che non sbaglia un colpo.)
La quarta. L’effetto emulazione. Altri Paesi malconci tipo Portogallo, Spagna e Italia, vedendo che la Grecia c’è riuscita, potrebbero essere tentati di fare la stessa cosa e avventurarsi, sebbene in condizioni differenti, nello stesso percorso della Grecia. E in questo caso, l’euro non avrebbe più ragione di esistere.
In realtà di motivazioni ce ne sarebbero anche altre, ma lasciamo stare. Ciò che non dovrebbe mai fare la Grecia, è svendere il proprio patrimonio permanendo nell’euro, ma sembra che questo processo sia già avviato.
Ah, dimenticavo! Benché sia noto alle cronache, giova sempre ricordare che la Grecia è entrata nella moneta unica truccando i conti, grazie alle consulenza di Goldman Sachs di cui Mario Draghi, a quell’epoca, era il numero uno in Europa. Ma questo è solo un piccolo dettaglio. Quello che fa la differenza.
tommy271@finanza:
Prima parte della vostra analisi condivisibile.
Mi è nota …
Ciao tommy benvenuto … Che succederà secondo te?
Agata Marino: Ciao tommy benvenuto … Che succederà secondo te?
Nella prima parte della vostra analisi mi sembra di riconoscere le mie parole…
Comunque lo stato della situazione è il seguente:
Il problema vero è come far rientrare il debito in una traettoria “sostenibile” entro il 2020.
Gli accordi precedenti prevedevano un debito/PIL al 120% entro il 2020.
Questo è impossibile, stando ai dati attuali.
Quindi bisognerà mettere mano ad un nuovo haircut sul debito.
Prima di tutto uno slittamento di due anni. Necessario se non si vuole ridurre alla fame Atene e con essa mettere in pericolo il frutto del duro lavoro di riforma, con il ritorno di sommovimenti sociali, cui il governo potrebbe non fare fronte.
Lo slittamento avrà un costo di circa 20 MLD. E, a mio avviso verrà concesso (tra l’altro una proroga è stata data anche al Portogallo l’altra settimana) ma senza un ulteriore esborso da parte dei partners.
A questo punto è possibile che la Grecia, con il supporto della BCE, possa emettere titoli a 12 mesi sulla falsariga dei bot/greek a 3/6 mesi per recuperare la liquidità occorrente.
Nel frattempo potrebbe recuperare ulteriori risorse evitando di pagare i titoli in scadenza, spostandoli più avanti.
Se comunque il problema dello svittamento dei “due anni” rimane risolvibile, resta fermo il macigno del debito/PIL.
Per riportarlo entro una dinamica “sostenibile” è necessario un haircut sul debito, ed è indispensabile farlo. Lo PSI+ ha colpito in maniera molto dura i bondholder ma non è stato sufficiente.
I mezzi per raggiungere questo risultato sono diversi.
Intanto le cifre che girano variano tra i 50 e i 70 MLD. Ovviamente più si taglia, meglio la Grecia potrà ripartire …
Si potrebbero recuperare, pertanto circa 15 MLD dalla BCE, 6 MLD dagli Isin Esteri, 50 MLD dall’ESM, “X” MLD dai new-GGB.
La BCE, secondo le ultime stime, pare si stia tirando indietro.
Teme che analoga assunzione di responsabilità venga poi richiesta anche da Portogallo e Irlanda. Sarebbe dunque più disponibile ad una rinegoziazione temporale, rimandando ad oltre il 2020 le scadenze in proprio possesso. Eventualmente il gain sui titoli greci verrebbero poi girati ad Atene tramite le banche centrali in supporto al riacquisto del debito.
I 6 MLD degli “Isin Esteri” sono la parte più controversa. Sino a questo momento la Grecia ha continuato a pagare le scadenze, ultima quella della scorsa settimana delle “Ferrovie Elleniche”.
L’importo complessivo non è importantissimo … ma tutto fa brodo.
In questo caso la Grecia dovrebbe dichiarare insolvenza sul debito estero, ma grazie alla mancanza della clausola di cross-default i nuovi titoli swappati questi sarebbero in salvo e non verrebbero risucchiati in rating “D”.
Il costo dell’operazione sarebbe assorbito da chi ha assicurato il debito tramite i CDS, essendo questi titoli in mano massivamente a fondi Hedge, abituati a tali prassi.
Il resto, rimanente in mano agli holdout, verrebbe restituito con i soliti 20 minibond ma senza gli EFSF.
L’altra ipotesi è che i 50 MLD destinati a ricapitalizzare le banche anzichè in carico allo Stato greco vengano messi a debito dell’ESM, come faranno in Spagna.
Il problema è che 25 MLD di questa tranche sono già stati messi a bilancio sul “memorandum” sottoscritto a marzo.
E qui cade a fagiolo la richiesta di un “terzo pacchetto” che io vedo come una ridiscussione del “secondo pacchetto” più che un’aggiunta di nuovo liquido per Atene.
In questo caso il rinvio del pagamento della tranche può servire a prendere tempo per reindirizzare questi 25 MLD all’ESM.
In ogni caso, se resta impossibile ridiscutere questi 25 MLD, resta aperta l’ipotesi per il rimanente.
Ultima ipotesi rimane il taglio sui new-GGB swappati a marzo.
Rimango dubbioso dell’utilità di una simile scelta visto che poi il taglio si ripercuoterebbe immediatamente di nuovo sui fondi pensione e sulle banche greche che dovrebbero richiedere nuove ricapitalizzazioni.
Purtroppo la quota marginale in mano ai bondholder renderebbe la questione più “sistemica” di quanto appaia.
Rimane comunque possibile recuperare qualcosa (5 MLD?), in ogni caso le quotazioni attuali assumono già nel prezzo una simile eventualità.
La possibile soluzione è molto semplice: si tratta di partita doppia, nel senso che il prestito della Troika da utilizzare per la ricapitalizzazione delle banche greche computato come “debito” venga poi registrato a credito dallo stato rispetto al prestito che quest’ultimo farà alle banche per ricapitalizzarsi.
Ora dal cel faccio fatica a commentare complimenti per la tua lucida esposizione mi potresti inviare la tua mail alla mia agamarino@gmail.com… Mi piacerebbe fare 4 chiacchiere con te
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Prima parte della vostra analisi condivisibile.
Mi è nota …