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Eurobiotech: Wilex ha tutto quello che serve

Scritto il alle 09:01 da cerealkiller

Nel mondo delle industrie farmaceutiche che si occupano di oncologia ed ematologia, alcuni settori sono considerati estremamente promettenti. Fra questi abbiamo spesso ricordato gli antibody-drug conjugate (ADC), i PI3K ed i MEK inibitori.

C’è un’azienda europea che li ha tutti e capitalizza meno di 100 milioni di euro: Wilex AG.

In aggiunta a questo, va detto che spesso analizzando i dati degli studi clinici più controversi, dopo aver fatto sedimentare alcuni ragionamenti fatti a caldo, si possono fare affari d’oro. Oggi mi occupo di quest’ultimo aspetto.

 

Partiamo dai farmaci in fase di sviluppo:

Come potete vedere dall’immagine, la parte succulenta giace ancora nelle prime fasi di sperimentazione. La maggior parte dei dati riguarda Mesupron, farmaco senza un partner che recentemente ha mostrato dati controversi e che potrebbe fornire a breve altri motivi di interesse.

Wilex, il nuovo che avanza?

Dal 15 giugno ad oggi Wilex ha guadagnato sulla piazza di Francoforte il 16% circa. Buona parte della salita va ascritta al fatto che tutto il comparto biotech sta correndo come un forsennato ma anche i dati di Mesupron hanno contribuito.

Mesupron è un inibitore dell’urochinasi (attivatore dell’urochinasi plasminogeno, più semplicemente uPA). L’uPA è coinvolta in patologie vascolari ed ha un ruolo nella diffusione del tumore nei tessuti circostanti e nella formazione di metastasi, bloccando quella Wilex conta di poter arrestare la crescita del tumore e la sua diffusioe in altri organi.

Per dimostrare ciò ha condotto una fase 2 randomizzata ed in doppio cieco su pazienti con cancro al seno metastatico (mBC) HER2  negativo (mancano quindi dell’espressione del recettore di membrana HER2).

Il farmaco di Wilex è stato somministrato in combinazione con Xeloda per valutare sia l’efficacia che la tollerabilità in venti centri fra Germania, Stati Uniti, Israele, Brasile e Belgio. Endpoint primario del trial che ha arruolato 132 pazienti era dimostrare il beneficio in termini di sopravvivenza libera da malattia (PFS) del braccio attivo rispetto a quello di controllo, composto da pazienti ai quali è stata somministrato solo Xeloda. Endpoint secondari, tasso di risposta (ORR),  sopravvivenza (OS), sicurezza e farmacocinetica (PK).

Nella popolazione ITT, cioè su tutti i soggetti da trattare, la PFS mediana è stata di 8,3 mesi vs 7,5 con un tasso di risposta del 17% vs il 9% del gruppo di controllo. Manca ad oggi il dato sulla sopravvivenza, dato che il 60% dei pazienti al tempo delle analisi preliminari risultava ancora in vita.

Dal punto di vista della sicurezza, il trattamento col farmaco di Wilex è ben tollerato e le analisi sulla farmacocinetica non hanno evidenziato interazioni fra Mesupron e Xeloda.

Ok, niente fuochi d’artificio.

In due sottogruppi di pazienti però la combinazione ha garantito risultati tali da meritare attenzione.

Nei pazienti caucasici (109 persone) la PFS è stata di 9,1 mesi contro i 7,5 del controllo. Anche qui non c’è da strapparsi i capelli, ma i numeri cominciano ad essere più interessanti.

Dove però il trattamento di Wilex genera veramente interesse è nei pazienti ai quali è stata somministrata chemioterapia adiuvante dopo la diagnosi. Qui la PFS è di 8,3 mesi vs 4,3 per il solo Xeloda, quasi il doppio. 

Il dato si riferisce a 95 pazienti (quindi ad un numero abbastanza elevato) e la differenza marcata sembra, a prima vista, da attribuire ad un crollo nella PFS del gruppo di controllo. Mi viene quindi da pensare che la combo Mesupron/Xeloda in pazienti ai quali non viene somministrata chemio adiuvante sia inefficace, prova ne è il fatto che sulla popolazione ITT la differenza di progressione libera da malattia non è molto marcata. Il trial ha randomizzato i pazienti 1:1 e nella popolazione ITT la percentuale di arruolati con precedente chemioterapia è stata dell’83% (55) nel braccio attivo e del 61% (40) nel braccio di controllo.

Quanto il dato su questi 95 pazienti sia affidabile è difficile dirlo, anche ammettendo che l’analisi di questi dati fosse predeterminata e non frutto di data mining. Quello che non comprendo è come si sia potuto effettuare il trial senza preoccuparsi di stratificare i pazienti in base all’espressione del biomarker, quello che ad esempio ha fatto Celldex (CLDX) con CDX 011 ed il suo bersaglio, la glicoproteina NMB.

Io, da misero investitore, mi sento più tranquillo se mi fornisci dati relativi al tuo bersaglio, perché posso farmi un’idea di cosa aspettare dallo studio registrativo in termini di arruolamento e riguardo alla validazione del meccanismo attraverso il quale il farmaco funziona.

Oh, l’analisi sul biomarker è in corso, tocca aspettare però.

Wilex dalla sua ha comunque un vantaggio, fornitole dai dati preliminari dello studio. Ha un bersaglio chiaro, quello dei pazienti con precedente chemio adiuvante, e dati robusti, ai quali manca solo la ciliegina della sopravvivenza.

Mi pare lecito non attendersi molto in termini di vantaggio relativo all’OS riferita a tutta la popolazione dello studio. Il beneficio in termine di PFS è troppo risicato per tradursi in un dato convincente. Nella popolazione trattata in precedenza però il beneficio è quasi pari al 100%, mi aspetto quindi un grande vantaggio in termini di OS.

Se così fosse, trovare un partner non sarebbe un impresa ardua. Avrebbe aiutato la validazione del bersaglio uPA, vista la diffusione dell’enzima in diversi tumori solidi ed il fatto che parte del business di Wilex è la produzione di sistemi diagnostici.

Wilex,  il vecchio che avanza?

Lo studio di cui vi ho parlato non dice molto per ora, ma è il secondo in fase 2 che vede impiegato Mesupron. Nel 2010 ad ASCO, Wilex ha diffuso i dati nel cancro al pancreas di un trial che vide Mesupron in due dosaggi e gemcitabina misurarsi con gemcitabina da sola:

Anche qui, curiosamente, parliamo di 95 pazienti. Come potete vedere dall’immagine la sopravvivenza mediana del braccio C (dosaggio a 400 mg di Mesupron e gemcitabina) è di 12,5 mesi contro i 9,9 del braccio di controllo mentre la sopravvivenza ad un anno passa da un terzi circa della sola gemcitabina a circa la metà nel dosaggio maggiore del farmaco di Wilex.

Se consideriamo sia il trial nel cancro al seno che quello al pancreas, possiamo dire chedue indizi non fanno una prova, ma il terzo potrebbe arrivare fra qualche mese.

Se i dati sulla sopravvivenza attesi per inizio 2013 confermassero un beneficio clinico, il partner necessario per proseguire lo sviluppo non dovrebbe tardare a manifestarsi. Senza partner, tutto si blocca. Wilex non ha abbastanza soldi per proseguire da solo.

Al momento Wilex quota 3,88 € ed ha due appuntamenti che potrebbero influire sulla quotazione, il primo è la trimestrale e il secondo è un meeting dell’ODAC posto il 25 di questo mese che potrebbe riguardare indirettamente la compagnia, visto che si parlerà di come le tecniche non invasive possano fornire informazioni utili prima dell’intervento chirurgico in pazienti con carcinoma renale. Wilex ha in pipeline Redectane, prodotto che ha proprio quella funzionalità. L’incontro dell’ODAC potrebbe suggerire quali saranno i prossimi passi che Wilex dovrà intraprendere per giungere alla commercializzazione.

A tutto quanto detto finora va aggiunto che entro fine anno o inizio del prossimo Wilex dovrebbe rendere disponibili i dati della fase 3 di Rencarex chiamata ARISER che potrebbe portare ad una richiesta di approvazione nel primo o nel secondo trimestre del 2013. Il che non guasta, ma di questo magari parleremo in un altra occasione.

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