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Bilanci bancari italiani: pesa la spada di Damocle degli investimenti in Bot e Btp

Scritto il alle 15:08 da carloscalzotto@finanza

Sui BILANCI BANCARI italiani pesa la spada di Damocle degli investimenti in Bot e Btp

 

Il cordone ombelicale che lega le banche italiane al Tesoro continua a pesare come un macigno sui bilanci dei maggiori istituti:i primi sei da soli avevano a fine febbraio in cassa almeno 162 miliardi di Bot e Btp a fronte di 378,5 miliardi complessivi detenuti dagli istituti di credito italiani.
Vista anche la volatilità tornata a salire a causa dell’incertezza politica e della crisi di Cipro, questi numeri rendono difficile pensare a un prossimo allentamento della stretta creditizia nel Belpaese, come potrebbe invece accadere in Gran Bratagna dove le banche tornano ad assumere..

Mentre per Pricewaterhouse Coopers banche, asset manager e assicurazioni britanniche potrebbero tornare ad assumere dopo tre trimestri consecutive con saldi occupazionali negative (le attese sono di un saldo positivo di 2 mila persone alla fine dei primi tre mesi del 2013 e di altre possibili 2 mila assunzioni nette nel trimestre successivo), in previsione di un graduale miglioramento dell’economia e di una ripresa delle vendite, per le banche italiane la fine del “credit crunch” e il ritorno ad una fase di crescita sembra ancora lontana.

 

Pesano sui bilanci degli istituti tricolori tanto l’andamento delle sofferenze, tuttora in crescita anche se da inizio anno si sta notando un certo rallentamento (mentre gli istituti continuano ad alzare il grado di copertura dei crediti a rischio per portarsi almeno in linea con la media europea), quanto l’esposizione al rischio sovrano, sotto forma di detenzione in portafoglio di titoli di stato italiani. Titoli che se negli scorsi trimestri avevano dato una mano ai conti grazie alla graduale ripresa di valore ora tornano a preoccupare qualche tesoriere, data la nuova crescita degli spread e il calo delle quotazioni, sensibili all’incertezza politica emersa dall’ultima tornata elettorale e che rischia di prolungarsi ancora a giugno o a ottobre.

 

Un’incertezza che ha già virtualmente riazzerato la differenza tra titoli italiani e spagnoli (lo spread tra i rispettivi decennali guida è attorno allo 0,3% a favore del titolo italiano, che paga al momento circa il 4,7% di rendimento contro il 5% a cui oscilla quello di Madrid), nonostante la crisi spagnola appaia decisamente più seria di quella italiana, e che rischia di ripercuotersi anche sulle quotazioni dei principali titoli bancari italiani (e dunque su tutta Piazza Affari, dato il peso del settore bancario sugli indici generali del listino di Milano).

Ma dopo un 2012 che ha visto nel complesso acquisti netti di titoli “sovrani” per 92,4 miliardi da parte della banche tricolori, chi “rischia” di più in questo momento? source

Prendendo i dati degli ultimi bilanci, appena resi noti, emerge come Mps avesse a fine anno un’esposizione ai Btp italiani pari a 25,8 miliardi (con una duration di 6,7 anni), in lieve risalita rispetto ai 24,7 miliardi segnati a fine settembre. Ubi Banca risultava avere in portafoglio 17,966 miliardi di titoli di stato italiani (dai 16,345 miliardi di fine settembre), per il 60% con scadenza inferiore ai 3 anni, Banco Popolare ha dal canto suo registrato una risalita a 12,759 miliardi del portafoglio di titoli di stato italiani rispetto ai 12,238 miliardi di fine settembre, mentre Bper ha segnalato di avere in cassa a fine 2012 4,9 miliardi di titoli governativi, “di cui la quasi totalità rappresentati da titoli di stato italiani” (sostanzialmente stabili rispetto ai 5 miliardi segnalati a fine settembre scorso).

Nel complesso solo queste quattro banche hanno chiuso l’anno con quasi 61,5 miliardi di titoli di stato italiani in cassa, contro i 58.28 miliardi di tre mesi prima (pari ad un incremento dell’esposizione del 5,4%). E i due “big” italiani, UniCredit e Intesa Sanpaolo? La prima, che a fine settembre aveva 42,5 miliardi di Btp in portafoglio, non ha fornito ancora un dettaglio a fine anno, ma ha segnalato un aumento da 102,2 a 108,7 miliardi degli investimenti finanziari complessivi “in gran parte guidato dai portafogli AFS e Fair Value”, il che lascia immaginare che l’ammontare dei titoli di stato italiani non sia calato, semmai cresciuto.

 

Intesa Sanpaolo, infine, aveva a fine 2012 poco più di 50 miliardi di titoli di stato italiani (sia disponibili per la vendita sia detenuti per trading), ma con una duration di soli 1,9 anni, in lieve crescita rispetto agli 1,8 anni segnalati a fine settembre, quando di titoli di stato italiani se n’erano contati circa 46,10 miliardi (sempre tra titoli disponibili per la vendita e detenuti a scopo di trading).

In tutto le prime sei banche italiane hanno dunque iniziato l’anno con in cassa almeno 154 miliardi di euro investiti in Bot e Btp, cifra salita ulteriormente nei primi mesi del 2013, come ha da poco ricordato Banca d’Italia segnalando come a fine febbraio il controvalore complessivo dei titoli di stato italiani detenuti dalle banche tricolori fosse salito a 378,5 miliardi (erano pari a 359,1 miliardi a fine dicembre). Il che significa, se le proporzioni saranno state mantenute, che le sei maggiori banche tricolori poco prima delle elezioni di fine febbraio avevano in cassa almeno 162 miliardi di euro di Bot e Btp, un “cordone ombelicale” tra banche e Tesoro che rende difficile immaginare una prossima fine della stretta creditizia italiana.

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