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ECCO L’ALTERNATIVA FINANZIARIA AL DOLLARO E ALL’EURO: LA BANCA CHE CEMENTERA’ I BRICS
Un’alternativa finanziaria al dollaro e all’euro .. la banca che cementerà i BRICS
La creazione di una banca di sviluppo, con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari, sarà il tema principale della riunione vertice dei BRICS che avrà luogo a Durban, in Sudafrica, dal 25 al 27 marzo.
“BRIC”, che in inglese ha un suono simile a “mattone”, è l’acronimo coniato nel 2001 da Jim O’Neill, analista della Goldman Sachs, per denominare il gruppo di paesi comprendenti il Brasile, la Russia, l’India e la Cina: quattro grandi potenze non appartenenti al club
dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) la cui sede si trova a Parigi.
Inizialmente le riunioni di questi Paesi sono state svolte con la presenza dei ministri e, successivamente, sono stati coinvolti i Capi di Stato degli stessi, a partire dalla crisi finanziaria esplosa a Wall Street nel 2008. Il Sudafrica è entrato a far parte dei BRICS durante gli ultimi incontri, dando all’organizzazione il nome di BRICS oppure BRIC-5 lasciando aperta la possibilità di un futuro BRIC-9 al quale si potrebbero aggregare altri paesi emergenti con alto tasso di popolazione come il Messico, l’Indonesia, la Nigeria o la Turchia.
Dal primo vertice, nel 2009, i BRICS hanno richiesto profonde riforme alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale chiedevano un maggior peso nella gestione dell’economia mondiale. I BRICS hanno una popolazione pari a tre miliardi di abitanti e l’economia complessivamente arriva ad un ammontare di 15mila miliardi di dollari annui, in pratica l’equivalente del prodotto degli USA; tuttavia, questi ultimi possiedono il 17% dei voti all’interno del FMI e, di conseguenza, hanno il potere di veto, dato che tutte le decisioni importanti richiedono l’85% dei voti, mentre il totale dei voti BRICS non arriva al 12%.
Secondo l’imprenditore Sandile Zungu, segretario del Consiglio Nero degli Affari in Sudafrica, nelle dichiarazioni rese all’agenzia Inter Press Service (IPS), oltre alle prese di posizione, afferma che la nuova banca BRICS “sarà il cemento dello spirito di cooperazione” del gruppo e per questo motivo “avrà una base istituzionale tangibile”.
Questo spirito di cooperazione dovrà manifestarsi al momento di prendere due decisioni di gran valore simbolico: la scelta della sede e la moneta con la quale si realizzeranno le operazioni. Sebbene gli apporti iniziali dei paesi membri siano uguali, l’economia cinese è la più forte rispetto a quella complessiva degli altri quattro paesi ed è prevedibile che questo fatto abbia maggiore incidenza in entrambe le decisioni. C’è chi sostiene che con molta probabilità la sede potrebbe stabilirsi a Shanghai e che le operazioni economiche potrebbero essere contabilizzate in moneta cinese (renminbi) e non in dollari. La Cina, in questo modo, avanza delle pretese verso la conversione della sua moneta come strumento di riserva monetaria internazionale, come attualmente lo sono il dollaro, l’euro, lo yen, le sterline e i franchi svizzeri.
Oltre ai 10 miliardi di dollari iniziali in forma di contribuzione da parte di ogni paese membro, la banca BRICS cercherà di attrarre capitali da altre fonti ed i suoi capitali saranno destinati a finanziare il commercio all’interno dei BRICS nonché a finanziare opere di infrastruttura nei paesi in via di sviluppo.
“Le esigenze dell’economia globale sono così considerevoli”, afferma Kaushik Basu, capo-assessore del Ministero Indiano delle Finanze, “che la nuova banca dello sviluppo non toglie nulla alla Banca Mondiale, alle banche regionali di sviluppo o alle singole banche dei paesi membri del gruppo BRICS, come ad esempio il BNDES del Brasile”.
La banca Mondiale ha stimato che la differenza tra il finanziamento di cui ha bisogno l’Africa e il denaro attualmente disponibile è pari a 90 miliardi di dollari l’anno. L’economista Hannah Edinger, capo ricercatrice del gruppo di consulenti “Frontier Advisory”, ha stimato che gli stessi BRICS necessiteranno di 15mila miliardi di dollari per investimenti in infrastrutture nei prossimi vent’anni.
Però Windsor Chan, vicepresidente della China Construction Bank di Johannesburg, si è dimostrato meno cauto nella conferenza stampa in Sudafrica: a suo parere la Banca BRICS costituirà un’alternativa finanziaria ai paesi non-occidentali escludendo le agende politico-economiche che ostacolano il loro sviluppo economico”.
Una delle aree nella quale questa indipendenza dalle fonti finanziarie tradizionali può manifestare un’enorme differenza è l’area dell’energia nucleare. Cinquanta dei sessantasei reattori nucleari in costruzione si trovano nei paesi del gruppo BRICS, sostiene Anthony Butter, professore di scienze politiche dell’Università di Città del Capo.
E dopo gli ultimi disastri avvenuti nelle centrali atomiche, le assicurazioni non ne vogliono sapere di grandi e incontrollabili operazioni di denaro e le banche private non sono disposte a rischiare la pelle in questo tipo di imprese.
La centrale nucleare di Kudankulam in India, spiega Butter, è stata costruita utilizzando la tecnologia russa seguendo un modello di finanziamento diverso. Mosca ha concesso un “prestito in valuta debole” a lunga scadenza e con un tasso d’interesse basso e invariabile; inoltre, ha assunto i rischi del progetto. Conseguentemente il governo indiano non è stato costretto ad offrire garanzie statali. La banca BRICS sarebbe il canale perfetto per sviluppare questo modello di finanziamenti tra governi alla cui base si trovano le aziende statali.
La nuova banca si colloca agli antipodi dall’Accordo dell’Associazione Trans-Pacifico (TPP) proposto dal presidente Barack Obama, in uno dei suoi punti più polemici il TPP vuole limitare, precisamente, le grandi aziende statali del settore energetico (nucleare e petrolifero), le stesse che la Banca BRICS intende rafforzare.