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Il fallimento della riforma lavoro firmata Fornero

Scritto il alle 11:22 da Agata Marino

la riforma Fornero è stata condizionata da CGIL e da PD.
Dopo anni di prediche contro l’elasticità nel mercato del lavoro cioè contro la precarietà, il ritorno a livelli di maggiore rigidità non poteva generare altro che minor lavoro: meno precari e più disoccupati.
I giovani ringraziano.
Ma entriamo nello specifico vedendo i danni prodotti dalla professoressa Fornero( mai come in questo caso vale il detto che dice: chi non sa fare insegna).

Il fatto che siano diminuite le assunzioni è già molto grave.

E questa è la realtà. In questa situazione di crisi grave e di incertezza, pochi possono permettersi di assumere un lavoratore a tempo indeterminato, visto che poi licenziarlo in caso di mancanza di lavoro è difficile o costoso quanto prima.

In questa fase congiunturale è invece facile pensare che un’azienda che non è in grave crisi, e quindi non ha in programma la riduzione del personale, potrebbe avere bisogno di inserire personale per fare fronte ad aumenti temporanei della produzione o per altre ragioni, che non permettono però un’assunzione stabile.

Tuttavia i vari legacci e legacciuoli delle norme, resi ancora più intricati e difficili dalla Fornero, spesso non ti permettono di farlo nella pratica.

Questo è gravissimo, in un momento in cui una maggiore mobilità consentirebbe comunque ai lavoratori di trovare sistemazioni temporanee. Inoltre sembra assurdo ma è difficile trovare sbocchi di formazione per riqualificare il personale in Cig. Spesso i bandi di formazione sono incompatibili con la CIG. Assurdo.

Ecco l’ineressante articolo tratto da La Voce

I dati sui licenziamenti nell’ultimo trimestre del 2012 sono drammatici. L’aumento dei licenziamenti dipende dall’entrata in vigore della legge Fornero? L’analisi suggerisce che è dovuto alla congiuntura. Mentre è ascrivibile alla riforma il forte calo delle assunzioni nel parasubordinato.

 

POCHI DATI DAL MINISTERO

I dati sui licenziamenti nell’ultimo trimestre del 2012 sono drammatici. Rilasciati domenica 7 aprile (strana scelta di tempo) dal ministero del Lavoro, hanno giustamente avuto grande risalto sui quotidiani. Molti commenti hanno sottolineato come sarebbero attribuibili alla riforma Fornero che ha modificato la disciplina dei licenziamenti. In effetti, le riforme che riducono il grado di protezione dell’impiego durante le recessioni finiscono per aumentare i licenziamenti come mostra un’ampia casistica internazionale. Ma siamo sicuri che sia così nel nostro paese? Come sempre, siamo contrari ai processi sommari e allora siamo andati alla ricerca di dati che ci permettano di verificare se l’atto d’accusa nei confronti del ministro del Lavoro dimissionario è supportato dalle informazioni sin qui disponibili.
Purtroppo, il ministero del Lavoro è stato molto parco nel rilascio dei dati. Ad esempio, non ha fornito alcun dettaglio sulla natura dei licenziamenti e sulla dimensione delle imprese che hanno licenziato. La prima informazione è disponibile dalle comunicazioni obbligatorie che riceve dai datori di lavoro. La seconda non lo è, ma è possibile risalire alla dimensione di impresa semplicemente incrociando i dati delle comunicazioni obbligatorie con quelli dell’Inps. Guardare a cosa succede alle imprese sopra e sotto i 15 dipendenti è molto utile. La riforma dell’articolo 18, infatti, non dovrebbe aver avuto alcun effetto sulle imprese più piccole, non soggette al regime della cosiddetta reintegra. Quindi comparando ciò che è successo ai licenziamenti sopra e sotto la soglia dei 15 dipendenti si può isolare l’effetto della riforma Fornero separandolo da quello (che ha colpito sia le piccole che le grandi imprese) della recessione. Un altro modo per controllare per gli effetti della crisi consiste nel guardare all’andamento dei licenziamenti individuali (il cui regime è stato modificato dalla riforma) rispetto a quelli collettivi (il cui regime non è cambiato). Purtroppo, anche questo dato non viene fornito dal ministero. Una omissione davvero molto grave. Tra l’altro il servizio statistico al ministero non dà segni di vita. Al numero di telefono apposito non c’è risposta.

LICENZIAMENTI COLLETTIVI E INDIVIDUALI

Per fortuna, qualche Osservatorio sul mercato del lavoro che ha un ben diverso atteggiamento verso l’informazione statistica, pubblica dati sui licenziamenti per tipologia. La tabella qui sotto compara l’andamento dei licenziamenti collettivi e dei licenziamenti individuali in Veneto nei primi sei mesi e nei secondi sei mesi del 2011 e del 2012. La legge Fornero è entrata in vigore a luglio 2012.
Come si vede, dopo l’entrata in vigore della legge c’è stato un aumento sia dei licenziamenti collettivi che di quelli individuali, ma l’incremento percentuale dei primi è stato nettamente più alto: attorno al 50 per cento contro il 20 per cento di quelli individuali. Anche nel 2011 c’era stato un incremento di entrambi i tipi di licenziamenti, ma più o meno della stessa entità (attorno all’11 per cento sia per i licenziamenti individuali che per quelli collettivi). Risultati analoghi si ottengono concentrandosi sui soli licenziamenti da contratti a tempo determinato e indeterminato oppure guardando ai flussi in ingresso nelle liste di mobilità per tipologia di licenziamento. I licenziamenti che sono cresciuti di più nella seconda parte del 2012 sono i licenziamenti collettivi. Quindi sembrerebbe che sia la congiuntura negativa la vera responsabile del loro aumento, non certo la legge Fornero. Ovviamente sarebbe utile ripetere la stessa analisi su scala nazionale. Speriamo che il ministero, anche dopo la pubblicazione di questo articolo, ce ne dia la possibilità.

Licenziamenti lavoratori dipendenti (tempo indeterminato + tempo determinato + apprendisti + somministrazione) (solo Veneto)

1

*Nota = licenz. giusta c. + licenz. individuale + dimiss. giusta c. + licenz. motivo sogg + licenz. motivo ogg + int. per prova

ASSUNZIONI IN CALO

La riforma Fornero sembra invece avere avuto effetti pronunciati (e negativi) sul lato delle assunzioni. Lo si evince comparando la dinamica delle assunzioni nei contratti di lavoro parasubordinato (resi più costosi e più difficili dalla legge) con le assunzioni nei contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato. L’informazione per fortuna è resa disponibile da un network di regioni che rappresentano i due terzi del mercato del lavoro nazionale e quindi possiamo contare in questo caso su dati più rappresentativi. La tabella qui sotto applica la stessa metodologia utilizzata per i licenziamenti (analisi di differenze nelle differenze). Ci dice che c’è stato un forte calo delle assunzioni nel parasubordinato e nell’intermittente attribuibile alla riforma Fornero. Le assunzioni in questi contratti sono infatti diminuite quasi del 40 per cento nella seconda parte del 2012, contro un calo del “solo” 6 per cento per le assunzioni nei contratti a tempo determinato e indeterminato. Nel 2011 era avvenuto esattamente l’opposto.

Assunzioni (nazionale)

2

Regioni considerate: Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Sardegna, Campania, Trento e Bolzano.

La riforma Fornero contribuisce così a ridimensionare alcune figure contrattuali che, prima della sua entrata in vigore, continuavano a crescere nonostante la crisi o, comunque, diminuivano di meno di altre tipologie. Tra queste il lavoro a chiamata (o job-on-call), le associazioni in partecipazione e i contratti a progetto, ma senza che a questa distruzione di posti precari abbia corrisposto la creazione di posti a maggiore stabilità. Il problema è che la legge Fornero non ha creato alcun percorso di stabilizzazione che offra al datore di lavoro un’alternativa ai contratti di lavoro precari in essere. In questo senso, la legge Fornero ha contribuito a peggiorare l’andamento dell’occupazione. Ma agendo sulle assunzioni piuttosto che sui licenziamenti.

Elaborazione dati a cura di Filippo Teoldi per la Voce

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