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Politica, pagliacci e populismo: perchè in molti ne hanno paura?
Economia e Politica alle prese col “populismo”… ma cos’è..? OPINIONI A CONFRONTO
Che cos’è il populismo e perché in molti ne hanno paura.?
Il concetto di populismo va preso così come ce lo descrivono e cioè come un elemento assolutamente negativo o ci si può fare un ragionamento sopra per capire almeno di cosa stiamo parlando?
Populismo. Una parola ed un concetto soprattutto che in queste settimane abbiamo sentito spesso tornare nei discorsi del Presidente Napolitano e di Mario Monti…
E sempre con accenti di forte preoccupazione: “Attenti al populismo“. Perché? Cosa c’è nel concetto di populismo che mette così tanta paura da dover essere addirittura ammoniti?
La traduzione più corrente di populista oggi in Europa è quella di colui che presenta la classe politica come il vero nemico del popolo. Ma della stessa parola “popolo” oggi se ne danno due interpretazioni. La prima dice che il popolo è un’entità anche morale che conserva intatte nel tempo le sue caratteristiche nei secoli. Questo popolo va protetto dai nemici, interni ed esterni ed ha bisogno di un leader nel quale identificarsi e che a sua volta si incarni nello spirito del popolo. Questa interpretazione viene riconosciuta come quella di matrice fascista.
L’altra interpretazione invece dice che il popolo è la somma di tanti singoli milioni di individui che hanno progetti che non devono essere ostacolati da leggi e regole che non siano strettamente necessarie. E questa è la cosiddetta versione di matrice libertaria.
Sul quotidiano tedesco De Morgen oggi, Marnix Beyen, analizza il vento populista che attraversa l’Europa di oggi
In pratica tutti i movimenti populisti contemporanei combinano gli aspetti delle due varianti, ma in dosi diverse. Dal nome stesso del partito, per esempio, si potrebbe dedurre che i Veri finlandesi di Timo Soini si avvicinano di più alla prima variante. Questo partito in realtà si basa sull’immagine ideale del popolo finlandese, che deve essere preservato dalle influenze straniere come il matrimonio tra omosessuali, la lingua svedese e l’immigrazione. La mobilitazione attuata da questo partito attorno a questi ideali e le misure concrete che esso propone sono tuttavia troppo moderate per potergli dare l’etichetta di “fascista”.
Dal canto suo Geert Wilders ha sottolineato molto più chiaramente l’aspetto libertario del populismo nel nome stesso del suo partito, il Partito della libertà (Pvv). La tolleranza di questo partito nei riguardi dell’omosessualità – considerata parte del patrimonio illuministico – è quindi coerente. Tuttavia il concetto dei “nostri Paesi Bassi” è rappresentato come un’unità mistica, che talvolta deve fungere da schermo nei confronti della “loro Bruxelles” e dell’“ascesa dell’islam”. source
Il partito ungherese Fidesz è anch’esso caratterizzato da un’ambiguità di questo tipo. Anche se in origine il nome era l’abbreviazione di Giovani Democratici Liberi, oggi esso rinvia soltanto alla parola latina fides (“fedeltà”). I rom ungheresi sperimentano quotidianamente questa fedeltà ai “veri” valori ungheresi.
Popolo digitale
Rispetto ai suddetti movimenti, il Movimento 5 Stelle di Grillo è molto di più vicino al gruppo libertario. È vero che il suo blog e i suoi discorsi sono pieni di riferimenti all’Italia eterna che è finalmente vicina a risorgere, ma al tempo stesso egli si rivela allergico agli eccessi ipernazionalisti come quelli di Timo Soini e Viktor Orbán. É vero che sostiene la necessità di limitare l’immigrazione, ma non per islamofobia o paura di una perdita di valori italiani. Il suo impegno a favore della democrazia elettronica la dice lunga in proposito. Invece di nascondersi dietro leader o simboli, egli ritiene che gli italiani debbano far sentire in massa la loro voce su internet.
Questa classificazione fa sorgere spontanea un’altra domanda: dove si colloca in questo contesto Bart De Wever? Egli si presenta come l’erede di una tradizione basata su una variante etnica del nazionalismo. Per il momento De Wever non sfoggia ancora bandiere con il leone fiammingo, ma vuole far rinascere il suo popolo per creare una comunità più o meno omogenea e con solide frontiere esterne.
Grazie alla dimensione comunitaria, De Wever non è costretto a spacciarsi per populista. Può benissimo definirsi l’esecutore di un processo di formazione nazionale incompiuto, piuttosto che portavoce del popolo contro una classe politica corrotta.
E per correttezza d’informazione… questa è l’interpretazione etimologica del “populismo”…
QUI il video
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