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Xoma: o Gevokizumab o morte! (parte 1)
Ammetto di aver accuratamente evitato Xoma per tantissimo tempo. Senza un motivo specifico, più che altro basandomi sul sentito dire e sull’andamento del titolo.
Non ho poi una predilezione per le compagnie che si occupano di diabete,anche se prego tutti i giorni affinché il progresso della scienza giunga a livelli tali da consentmi di continuare di abbuffarmi di dolci.
Così, quando Simon sabato ha iniziato il discorso mi son detto: “alla fine è giunto il momento”. Xoma (XOMA) ha passato una considerevole quantità di tempo a condurre, il loro farmaco di punta, all’approvazione. Capirete il mio stupore, dopo che circa un anno fa la ditta ammise di non aver centrato l’endpoint nello studio cardine per lo sviluppo del farmaco, nell’apprendere che il loro farmaco di punta è XOMA 052! Solo che ora lo chiamano gevokizumab. Bene, oramai lo avrete capito, se il farmaco ha un nome stupido che finisce con -mab, si tratta di un anticorpo monoclonale. Nello specifico, anticorpo umanizzato con target l’interleuchina 1 beta (IL-1β) che si appresta ad entrare in fase 3 nel trattamento di forme non infettive di uveiti e nella malattia di Behçet ed in una fase 2 che si occupi di disordini cardiovascolari. A questo va aggiunto che la compagnia ha iniziato una fase 2 che servirà per verificare l’efficacia in patologie differenti, fra le quali l’acne… Si perché c’è questa tendenza ad utilizzare anticorpi monoclonali un po’ per tutto, anche se mi chiedo se poi qualcuno faccia due conti sui costi di simili terapie e le trovi ragionevoli. Comunque, quello che salta subito al’occhio è che di diabete nonb si parla più. Sono sollevato. Xoma ha il già citato Gevokizumab in partnership con Servier, ma in fase preclinica non hanno ancora mollato il colpo nella battaglia alla regolazione dell’insulina, impiegando ogni segmento delle loro tecnologie proprietarie per scovare candidati al trattamento del diabete. Visto le precedenti esperienze, che rimangano per un po’ in fase preclinica non è un male.
Xoma, un inizio 2012 denso di novità…
Lo scorso gennaio Xoma e Servier, già partner in Gevokizumab, hanno stretto un altro accordo, per il quale Xoma ha acquistato i diritti USA del franchise perindopril. Si tratta del già commercializzato ACEON (perindopril erbumine, un ACE inibitore) e tre altri composti che vedono il principio combinato in diversi dosaggi ad altri ingredienti attivi. Giusto un mese dopo Xoma inizia una fase 3 chiamata PATH nella quale si investiga l’efficacia del primo compound contenente perindopril nel controllare l’ipertensione, studio in parte pagato dai soci di Xoma. I dati potrebbero arrivare nel primo trimestre del 2013, più probabilmente nel secondo. Xoma ha anche una parte di pipeline dedicala alla biodifesa, che ha fruttato, tra gli altri, un contratto da 65 milioni di dollari con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (“NIAID”), per lo sviluppo di una serie di anticorpi anti botulino, il capostipite dei quali, XOMA 3AB, è in fase 1. A questo poi ha fatto seguito, lo scorso ottobre un ulteriore contratto da 28 milioni per lo sviluppo di farmaci in grado di contrastare un ampio spettro di tossine, portando il totale delle stipule ad un valore potenziale di 120 milioni. Ad inizio 2012 (un periodo veramente ricco di novità) Xoma ha comunicato di voler onorare gli impegni presi con il NIAID, ma che il futuro della società si smarcherà dal settore biodifesa. Altro aspetto della pipeline di Xoma che ignoravo bellamente è quello legato all’oncologia. Xoma ha una partnership con Novartis ed una con Takeda. Particolarmente interessanti mi sembra quella con il colosso svizzero, col quale condivide lo sviluppo di due anticorpi, LFA102 e HCD122, per il trattamento di varie forme tumorali, dal linfoma Non-Hodgkin ed altre forme di tumori del sangue fino a tumori solidi come il cancro al seno e alla prostata. Comunque, la novità che ad inizio anno ha più inciso sull’andamento del titolo e sulle sue prospettive è stata la diluizione che ha permesso a Felix J. Baker e Julian C. Baker di arrivare a possedere il 30,6% delle azioni di Xoma, ma di questo ci occuperemo dopo.
Xoma & Baker Bros: o Gevokizumab o morte!
Ok, Xoma ad inizio anno cambia pelle pur mantenendo il proprio chiodo fisso: o Gevokizumab o morte! Il piano di risanamento messo in pratica da Xoma ha ridotto la forza lavoro di 84 unità e dovrebbe garantire un risparmio di circa 14 milioni di dollari per l’intero 2012. In poche parole, la nuova Xoma taglia i costi e pensa al futuro, cercando di ricavare il più possibile dal nuovo acquisto Perindopril per finanziare quello che ritengono il loro farmaco di punta: Gevokizumab. La scelta mi pare abbia una validità in senso generale, tutto sta a capire quanto valga realmente l’anticorpo monoclonale in questione, specialmente alla luce dei fallimenti accumulati finora.
Chi sembra credere al progetto ha approfittato dell’emissione, lo scorso 9 marzo, di 29.669.154 azioni (accompagnata da warrant che concedevano l’opportunità di acquistare altre 14.834.577 azioni) che hanno fruttato quasi 40 milioni di dollari. Felix J. Baker e Julian C. Baker possiedono, come detto, il 30,6% delle azioni di Xoma. Come lecito aspettarsi i Baker hanno manifestato la volontà di far sedere nel consiglio di amministrazione della compagnia un loro uomo e di prendere parte attiva alla gestione della ditta farmaceutica, anche se ad oggi non mi pare si sia formalizzato nulla. Questa diluizione ha scatenato l’effetto opposto a quanto ci sia ttende di solito, facendo salire la quotazione. Il motivo è proprio l’interesse del fondo dei Baker Bros, che se si muove in modo deciso come fatto con Xoma tende a mantenere posizioni di lungo periodo ed attrarre nuovi investitori.
Cosa abbia attirato l’attenzione del fondo specializzato in farmaceutici, rimane un mistero al momento. Quello che è chiaro è che si respira una nuova aria alla Xoma, anche se tutto ruota ancora su un cardine vecchio e di scarso successo in passato. Nuovo CEO, tagli dei costi e l’appoggio di un fondo importante unite a partnership interessanti e cassa fresca. Anche senza entrare nel merito di Gevokizumab è facile intuire che la quotazione sia più frutto delle aspettative sull’azienda che non nella fase 3 che ancora deve iniziare.
La conclusione?
Xoma capitalizza 160 milioni di dollari, a metà strada fra una promessa mancata ed una in divenire. Non lo scrivo spesso, ma seguire il mercato molto spesso è la cosa migliore da fare. Assecondare le cose nel loro svolgersi naturale. Parlo e scrivo come Battiato… sparatemi!
In ottica long una posizione su Xoma potrebbe essere un’idea interessante. La mia idea è di affrontare l’estate il più liquido possibile, poi potrei anche farci un pensierino…
Magari nel frattempo diamo uno sguardo al farmaco, cercando di capire se è quello ciò che tanto piace ai Baker Bros..