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L’unione Fiscale Europea della Merkel: può funzionare?
Col termine Tedesco “Fiskalunion”, facciamo attenzione alla prossima fase della disavventura Europea.
Per il Cancelliere Angela Merkel significa avere maggiori poteri di controllo sui bilanci degli stati rei di non essere in regola nella UEM.
Vuole dire veto preventivo ai piani di bilancio. Significa multe automatiche, tagli ai fondi di sviluppo dell’UE, e perdita del diritto di voto nella UE per i presunti trasgressori, tutti passibili di sanzioni davanti alla Corte Europea.
Il termine corretto è ‘Unione di Stabilità‘, come la chiama il Cancelliere a casa sua. Comporta sicuramente intrusioni senza precedenti negli affari interni degli Stati sovrani, ma in una sola direzione: solo disciplina, senza aiuti alla ripresa.
I Greci ne hanno avuto un assaggio con i Commissari UE presenti in ogni
Ministero secondo i termini di occupazione del loro pacchetto di prestiti, ma questo potrà ritorcersi contro la stessa Germania, il giorno che il ciclo economico le giocherà uno dei suoi tiri. L’idea non piace alla Francia, dove il deputato di sinistra Jean-Marie Le Guen paragona il servilismo del Presidente Nicolas Sarkozy verso il Cancelliere tedesco con la capitolazione di Daladier a Monaco nel 1938, e dove il Fronte Nazionale di Marie Le Pen è vicino al 20% nei sondaggi, con gli appelli a “lasciare morire l’euro di morte naturale”.
“E’ arrivato il momento di reggere il confronto politico con la Germania e difendere i nostri valori”, ha detto il decano socialista Arnaud Montebourg, paragonando le epiche umiliazioni di Sarkozy con la sconfitta francese a Sedan nel 1870.
Anche il leader socialista Francois Hollande si sta buttando sul nazionalismo. “Merkel decide e Sarkozy segue”, ha detto l’uomo che con più probabilità sarà il Presidente Francese l’anno prossimo. La rivolta latina è in corso. Nessuna delle proposte della signora Merkel – che siano sancite nei trattati comunitari o meno – offre alcuna soluzione significativa alla crisi. Continuano ad ignorare il cancro nel sistema UEM: il corrosivo 30% di disallineamento delle valute tra Nord e Sud, e il surplus commerciale Tedesco-Olandese.
Il suo piano si aggrappa al mito wagneriano che le stravaganze fiscali del Club Med siano la causa di tutti i problemi, anche se la Spagna aveva un avanzo di bilancio del 2% del PIL cinque anni fa, e non ha mai violato il patto di stabilità – a differenza della Germania – e l’Italia ha avuto per lungo tempo un avanzo primario.
E’ come sbattere la testa contro un muro cercar di convincere i puritani che la loro storiella morale non è scienza, o che la contrazione forzata nel Sud senza compensare con un’ espansione al Nord può solo spingere Italia, Spagna, Portogallo, Grecia sempre più nella soffocante deflazione da debito e, in ultima analisi, portare ad un buco nero stile anni ’30 per tutti. I puritani vogliono soffrire. Solo la sofferenza purifica.
Si tratta di una verità lapalissiana ineludibile, per la quale l’unione monetaria deve trovare un equilibrio interno nel corso del tempo, o nel commercio o nei flussi di capitale. Se il blocco Tedesco taglia i capitali al Sud – “l’arresto improvviso” del 2009-2011 – allora lo stesso blocco Tedesco deve accettare un surplus commerciale inferiore.
Può esser fatto con delicatezza oppure in modo brutale – soprattutto per gli stati in surplus – ma accadrà sicuramente, come la notte segue il giorno, in un modo o nell’altro. Gli storici non possono che sorridere, o piangere.
La Germania sta facendo alla Spagna esattamente quello che l’America ha fatto alla Germania di Weimar, dopo aver inondato il paese con capitali a buon mercato alla fine degli anni ’20. Quando Wall Street ha tagliato i fondi e si è concluso il boom del credito, la Germania è crollata.
Ci fu un coro di ipocriti pedanti nell’America di Hoover, che ne hanno fatto una questione culturale di etica, rimproverando i Tedeschi per la mancanza di disciplina e di non aver lavorato abbastanza duramente. Suona familiare?
Sia come sia, il piano Tedesco non è per l’unione fiscale, come viene intesa in qualsiasi altro paese. Angela Merkel si trova ai bordi del Rubicone: e non l’ha attraversato.
Lei non ha accettato un’emissione di titoli di debito in comune, gli eurobonds, i trasferimenti fiscali o i bilanci condivisi, e né può farlo con leggerezza, dato che la Corte costituzionale Tedesca ha stabilito nel mese di settembre che i poteri sovrani del Bundestag non possono essere alienati ad un organo comunitario.
“La sovranità dello stato Tedesco è inviolata e ancorata in perpetuo alla Legge fondamentale. Essa non può essere abbandonata dal legislatore”, ha detto in quella occasione il giudice della Corte Andreas Vosskuhle.
“E’ lasciato poco margine di manovra per devolvere poteri fondamentali alla UE. Se si vuole andare oltre questo limite … allora la Germania deve darsi una nuova costituzione. Sarebbe necessario un referendum”, ha detto.
È per questo che la signora Merkel non può che esitare davanti all’unione fiscale, nella speranza di usare la “clausola grimaldello” per la revisione dei trattati senza necessità di un referendum.
Questo fine settimana, la signora Merkel stava ancora dicendo che “la responsabilità solidale non è possibile” e che “l’Eurobond ora non può essere utilizzato come una misura di salvataggio in questa crisi. Chi non capisce questo, non capisce la natura della crisi “.
Lei propone un fondo di ammortamento in ogni stato per ripagare il debito pubblico eccedente il 60% del PIL nei prossimi vent’anni. Questa a prima vista assomiglia alla proposta dei cinque “saggi” Tedeschi per un programma di 2.300 miliardi di € di aiuti al Club Med per ridurre il debito in eccesso. In realtà non è niente del genere. Il suo piano non comporta affatto di far confluire il debito in un fondo comune.
Ma potrebbe cambiare. Gli eventi si muovono velocemente. Il commissario Tedesco Ue Günther Oettinger, ha detto che gli Eurobonds non possono essere “categoricamente” esclusi.
“Ci sono trattative in corso. Per ora nessuno vuole scoprire tutte le sue carte”, ha detto.
I cristiano-sociali (CSU) Bavaresi della coalizione di Angela Merkel hanno suggerito che potrebbero tenere uno speciale “party day” per discutere su delle varianti di eurobond, appena due mesi dopo aver giurato di essere disposti a morire per fermare un simile attacco alla democrazia Tedesca.
Quindi sì, se gli investitori vogliono credere che un grande patto emergerà dal vertice Europeo di questa settimana, ci sono certamente degli indizi a cui attaccarsi, forse più che indizi.
Possono coltivare la speranza che la signora Merkel sarà d’accordo ad una forma mascherata di emissione di debito comune e ad un intervento altrettanto mascherato della Banca Centrale Europea, come prestatore di ultima istanza – attraverso il Fondo Monetario Internazionale – una volta che l’Europa si sarà sottomessa alla sua vigilanza sulla stabilità.
Resta una questione aperta, se il resto del mondo si piegherà all’abuso del FMI che salva gli stati ricchi che si rifiutano di sistemare da soli il loro pasticcio.
Gli Europei ci dicono che i loro debiti e deficit aggregati sono più bassi che negli Stati Uniti o in Giappone. Se è così – ma non è tanto vero, se si contano anche i debiti bancari dell’Europa, tre volte il peso dei debiti sovrani – perché allora si deve coinvolgere il FMI? Perché il rischio di default sul debito Italiano deve passare da una BCE anomala e disfunzionale ai contribuenti Asiatici, Latino-Americani, Africani, e perché tutto il mondo dovrebbe pagare per aiutare la BCE a coprire il suo ricorso umiliante alla stampa di moneta dopo aver così tanto millantato?
Né abbiamo sentito l’ultima parola da Pechino, Tokyo, Brasilia, Ottawa, e soprattutto Washington, dove Capitol Hill all’idea è in pieno fermento.
Bruxelles ha avvertito che l’Europa si “disintegra”, a meno che i leaders questa settimana non sappiano affrontare il problema di petto. Si tratta di una tattica per spaventare. Non vi è alcun necessario collegamento tra un crollo dell’euro e la fine dell’Unione Europea. Si potrebbe ugualmente sostenere che il modo più sicuro per tormentare l’Europa è persistere nel tentativo di tenere insieme questa valuta impraticabile con poteri coercitivi.
Ma essendo amanti della retorica, i leaders Europei dovranno evocare alcuni successi pro-forma per i titoli dei giornali, come hanno fatto in ciascuno degli ultimi diciassette vertici sulla crisi.
Senza dubbio ci sarà un “bazooka” di qualche tipo, un mix di grandi discorsi sul fondo di salvataggio EFSF, con operazioni collaterali del FMI, e interventi della BCE per mantenere a galla le banche, tutto avvolto in una unione fiscale che non è ciò che sembra.
I mandarini faranno scivolare la cifra di 1000 miliardi di € da qualche parte nel comunicato per nutrire i media affamati.
In altre parole, potremmo ancora una volta attendere che la Germania si smuova alla fine, o faccia esplodere la miccia. fonte
Ambrose Evans-Pritchard
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