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Tango Bond: nuova udienza 22 luglio
Tango Bond siamo alla conclusione. Anche se devo dire che trovo assurdo il fatto che la battaglia tra Argentina e Creditori( dove tra l’altro ci sono pure io!) sia passata, come uno squallido Gossip dalla aule di tribunale alle pagine dei giornali.
E’ si! al posto di trovare velocemente un accordo Buenos Aires ha lanciato una campagna stampa sui quotidiani di tutto il mondo ribadendo l’impegno a onorare i propri debiti nei confronti del 100% dei creditori in modo “equo, giusto e legale”; in tutta risposta gli hedge fund hanno scelto il Financial Times e il Wall Street Journal, i loro organi d’informazione di riferimento.
Cosa sicura è che, volente o nolente, il prossimo 22 luglio ci sarà una nuova udienza in vista della scadenza del periodo di grazia, che si chiude il 30 luglio.
Se entro quella data non sarà stato raggiunto un accordo con gli hedge fund l’Argentina potrebbe fare default. Il mediatore Daniel Pollack sta trattando con i fondi e funzionari dell’Argentina per tentare un accordo
Da parte sua la Task Force Argentina fa sapere che:
“E’ il momento di trattare” perche’ non c’è da scherzare signori… a fine mese, se non viene raggiunto l’accordo l’Argentina è costretta a dichiarare default con un probabile effetto domino che potrebbe influenzare altri mercati.
I creditori hanno più volte chiesto incontri ma i leader dell’Argentina hanno rifiutato. Invece di negoziare, i leader rilasciano affermazioni in cui puntano il dito contro le corti americani, i giudici federali e i creditori.
Questo non è un comportamento serio” si legge nella pubblicità a pagamento, nella quale si precisa come a preoccupare è il fatto che il ministro dell’Economia dell’Argentina, “Axel Kicillof, ha definito il default preferibile a un accordo. Niente è più lontano dalla realtà”.
La questione è delicata. A giugno è scaduto l’ultima rata sugli interessi dei tango bond per i risparmiatori che accettarono nuovi titoli di Stato dopo il fallimento e molti persone, che avevano visto accreditarsi gli interessi… hanno poi assistito ad uno storno. L’Argentina aveva depositato i soldi necessari presso la Bank of New York Mellon, ma il giudice Thomas Griesa aveva deciso il blocco affinché prima venissero pagati i fondi che non avevano accettato lo scambio. O che comprarono a prezzi stracciati le obbligazioni argentine dopo il fallimento. Come nel caso di Paul Singer che ha acquistato 48,7 milioni di obbligazioni nel 2008, e ora, dopo la sentenza, ne può pretendere 832.
Eppure un’offerta ai fondi è stata presentata. Si tratterebbe di pagare 1,65 miliardi di dollari (1,3 della sentenza originale, più interessi e multe) con due tipi di bond: il Bonar 24, già usato per coprire il debito con la petroliera Repsol dopo la sua estromissione da Ypf, e un nuovo titolo Bonar 24. L’operazione avverrebbe a gennaio dell’anno prossimo, cioè dopo che sia scaduta la cosiddetta clausola Rufo (Right upon future offers), che esporrebbe l’Argentina a possibili cause dei detentori di titoli ristrutturati, che potrebbero esigere il pagamento del 100% del valore dei loro bond, fortemente ridotto nei successivi swap del 2005 e 2010.
Il problema è nella clausola Rufo
E’ per evitare lo scoglio della clausola Rufo che Buenos Aires dovrà pagare senza sconti agli “hold out”, perché “se ci fosse una riduzione allora sarebbe una proposta volontaria e questo innescherebbe la Rufo”, come ha spiegato una fonte legale
vicina alla trattativa citata da Infobae. Per permettere questa soluzione, il giudice Thomas Griesa – che ha bloccato i conti argentini – dovrebbe affermare che il pagamento è in applicazione di una sentenza negativa per l’Argentina.
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