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Mps: la banca oppure i politici: chi salvare?
Le accuse di Grillo sul salvataggio MPS cadono ancora nel silenzio della politica.
La politica si confonde con le vicende della città, anche se certe dichiarazioni non vengono riprese né tantomeno discusse, ma lasciate cadere nel silenzio, sperando che passi ancora una volta la nottata. E forse a Siena tanti si cominciano a rendere conto come la città sia stata solo un paravento, un prestanome (anche ben pagato) di un potere che con la città nulla aveva a che
spartire. Beppe Grillo sull’elezione del presidente della Repubblica: “Si sono riuniti i leader dei partiti e hanno deciso di rieleggere Napolitano. Mai nessuno però è stato in carica per 14 anni, nemmeno Chavez. Napolitano era molto stanco e convinto di mollare. E’ avvenuto uno scambio”. Lo scopo, dice chiaramente, è “quello di salvare il culo a Berlusconi e a Mps”. Del primo poco ci interessa, tranne che per i famosi affidamenti che Rocca Salimbeni gli ha concesso fin da quando riusciva a far deviare l’atterraggio degli aerei a Linate dai campi dove avrebbe edificato Milano 2 e il San Raffaele sulla testa degli abitanti di Segrate: che non vadano perduti in qualche pilotato contenzioso.
Del secondo, che ci dovrebbe appartenere (nel senso della comunità dei senesi), abbiamo aspettato per tutta la domenica che qualcuno si degnasse di spiegare a Grillo che la politica sta fuori dalla banca, anche solo ripetendo la formula bersaniana “il Pd fa il Pd, le banche fanno le banche”. Una precisazione di Profumo, magari, ma il silenzio è d’oro. Affaccendati sulle primarie cittadine nemmeno dai candidati democratici è arrivata una qualche smentita. Grillo però potrebbe essere più preciso. Potrebbe farlo raccontare a qualche suo onorevole, così da evitare per se stesso e per i giornalisti gli strali della querela, visto che le opinioni dei parlamentari sono insindacabili e protette dall’immunità perenne. Quello che la combine istituzionale avrebbe salvato, tra i tanti salvataggi del sistema politico intrecciato italiano, è la supervisione del Partito Democratico sulla banca, così che D’Alema e Bassanini possano dormire sonni più tranquilli nell’attesa che Alessandro Profumo scopra le carte dell’aumento di capitale, su cui si glisserà nella prossima assemblea del 29 aprile.
Il 10% della forza lavoro di Rocca Salimbeni è già uscito dai libri paga e ancora c’è da realizzare la complessa partita delle esternalizzazioni. Il contributo degli incolpevoli dipendenti, che dal basso delle loro stanze nemmeno potevano immaginare le ardite costruzioni dei derivati Alexandria e Santorini che si edificavano nell’Area Finanza, è chiaro e pesante, compresa la decurtazione di stipendi. Ma una azienda di 28mila persone merita attenzione come una Fiat o deve essere massacrata come l’industria chimica che fece grande Raul Gardini? Già “lasciatela fallire” non è un concetto che nel mondo sembra facilmente applicabile ai grandi istituti di credito. MPS non è andata in default da nazionalizzazione (più o meno mascherato dai monti bond) per la sua cattiva gestione interna. E’ scoppiata per tutti gli intrecci politici e burocratici che hanno manovrato per fini che con l’esercizio della professione bancaria niente hanno a che vedere. E che il conto lo hanno scaricato allo Stato nel tentativo di mantenere la presa sull’istituto.
Emblematico a Report il contributo di Alessandro Profumo, che cercava di smarcarsi dall’evidenza di essere stato il grande elettore di Mussari all’Abi per ben due volte. Anche quando sarebbe stato opportuno, di fronte ai miliardi del passivo del bilancio 2011, che l’avvocato calabrese fosse messo in naftalina. In cambio ne ha preso (casualmente?) il posto. Mezze risposte per negare la complessità del rapporto fra i due e i personaggi che, dall’alto dei loro incarichi romani, benedicevano gli avvicendamenti, mentre a Siena si continuava a raccontare la favola della senesità del Monte, che non c’era mai stata e di cui gli esponenti senesi erano solo il paravento. La dottoressa Buscalferri ha ammesso che forse la Deputazione di Palazzo Sansedoni potrebbe essere accusata di incompetenza. source
Reato per cui non sono previste pene, ma lo scarico della responsabilità verso chi l’ha nominata. Però entro fine mese questa Deputazione si è intestardita nel voler fare una riforma del suo statuto, riforma che sarà da incompetenti e su questo, visti i risultati dell’ultimo bilancio, siamo tutti d’accordo. Grillo, che ha una forza politica consistente e innovativa, dia sostanza al suo j’accuse. Blocchi questa azione che contribuirà a trasferire ad altri, ma sempre della stessa area degli attuali amministratori, il controllo della banca e del territorio. La Deputazione che verrà avrà i titoli per farlo, visto che i candidati a sindaco dovranno spiegare prima del voto come intendono agire e quali figure mettere al posto di Mancini & C. Perché è ormai chiaro che JP Morgan ha aiutato Mussari e Vigni nell’imbrogliare i mercati e gli organi di vigilanza sul famoso finto aumento di capitale riservato del 2008. Senza il quale MPS non avrebbe potuto pagare Santander, ingannando anche la Fondazione: senza acquisto non si sarebbe svenata una prima volta. Mancini non agisce. Da vittima a complice, però, è una storia tutta da verificare prima di scriverla. Chissà dai documenti conservati in Palazzo Sansedoni cosa risulta.