Euroscettici d’Europa: non solo Grillo ed ecco la mappa

Scritto il alle 06:17 da carloscalzotto@finanza

 

Vi consiglio di leggere lo speciale dell’ Ispi (Istituto di studi di politica internazionale) sull’antieuropeismo crescente nei paesi dell’Eurozona.

 

Ci sono molti dati e spunti interessanti in questo dossier.

E’ anche in questo contesto che si deve situare una seria ed approfondita analisi sul successo del M5s.

Se abbandoniamo pregiudizi ideologici ed intellettualistici, potremo vedere come in tutta Europa siano presenti movimenti che in un

qualche modo stanno crescendo su tematiche euroscettiche ed antieuropeiste.

In Europa la stampa dedica molto spazio al dibattito sull’Euro-pa…

El pais: Europa salva al euro, pero pierde a los ciudadanos

Le monde: L’invasion des grillons

In Italia, vuoi per il nostro atavico provincialismo, vuoi per non far allarmare i cittadini, se ne parla poco o nulla.

E guai solo a mettere in discussione la possibile uscita del nostro paese dall’euro-pa.

 

La cosa non riguarda, come da tradizione, solo i paesi del Nord, da sempre “più freddi” verso l’Europa.

Persino in Germania, paese che maggiormente si è avvantaggiato dalla costruzione di questa Europa a trazione moneta unica, crescono in modo evidente sentimenti antieuropeistici.

Infatti, come vi avevamo detto in alcuni post, secondo un SONDAGGIO di EMNID, il 26% dei tedeschi è a favore di un partito antieuro.

Guardate qui sotto:

 

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E’ un fenomeno che sta attraversando da est a ovest, da nord a sud tutti i paesi europei.

Guardate questa geografia dei partiti che , generalizzando, possono definirsi “antieuropeisti”.

 

GRECIA

In Grecia il malcontento anti-euro si manifesta tanto a destra quanto a sinistra dello spettro politico, come evidenziato dall’arretramento dei partiti moderati (Nuova democrazia e Pasok) e dall’avanzare delle forze più estreme, tanto a destra quanto a sinistra.

Syriza (Coalizione della sinistra radicale – Fronte unitario socialista)

Nata nel 2004 come coalizione dei partiti politici greci di sinistra, Syriza rappresenta oggi il punto di riferimento dei movimenti di sinistra che si ispirano ai principi del socialismo democratico e dell’anticapitalismo, pur contenendo al proprio interno realtà politiche estremamente differenziate. Questa differenziazione si traduce in una pluralità di punti programmatici, che vanno dal taglio della spesa militare all’adozione di una tassa sulle transizioni finanziarie, dalla legalizzazione del matrimonio omosessuale alla depenalizzazione del consumo di droghe. Nei confronti dell’Unione Europea, Syriza si dichiara contraria alle politiche di austerity, ritenute a favore di banche e grandi imprese, ma favorevole alla permanenza della Grecia nell’area euro. La coalizione ritiene necessario un cambiamento nel ruolo della Bce nella direzione del finanziamento diretto degli Stati e dei programmi di investimento pubblico, oltre che lo spostamento del focus delle politiche economiche europee su temi come il lavoro, lo stato sociale, il reddito, la tutela dei più deboli.

 

Alba dorata (Lega popolare – Aurora dorata)

Partito di estrema destra nato nel 1993, alle elezioni parlamentari del  1996 ottenne lo 0,07% dei voti. Da allora, è cresciuto grazie soprattutto alla forte retorica – spesso tramutatasi in azione concreta – contro l’immigrazione clandestina che – secondo il partito – sottrarrebbe lavoro e risorse ai “veri” greci, già ridotti in condizioni di povertà dal pessimo andamento dell’economia greca e – da tre anni a questa parte – dai provvedimenti della Troika (Ue, Bce, Fmi). Proprio l’opposizione alle politiche di austerity varate dal governo greco di Papandreou (fino al novembre 2011), di Papademos (fino al maggio 2012) e di Samaras (da giugno 2012) in ottemperanza alle richieste di Bruxelles ha contribuito alla forte crescita del consenso verso il partito.

 

GERMANIA

A pochi mesi dalle elezioni federali in Germania, il panorama politico tedesco si arricchisce di un nuovo partito, Alternativa per la Germania, moderato ma, seppur europeista, contrario alla moneta unica e a una maggiore integrazione europea. In calo invece i consensi verso il Partito dei pirati, movimento politico sui generis che per una breve stagione è sembrato essere destinato a raccogliere il voto di protesta dei giovani tedeschi.

Alternativa per la Germania

Presentato ufficialmente l’11 marzo 2013, Alternativa per la Germania è destinato a raccogliere i consensi di quell’elettorato di destra che si dimostra diffidente nei confronti della moneta unica e degli sforzi in senso solidale imposti da Bruxelles alla virtuosa Germania. Un dato, quello dell’euroscetticismo, piuttosto diffuso in Germania ma incarnato politicamente solo dalla formazione di sinistra Die Linke, troppo lontana da quella classe medio-alta di liberali tedeschi – ma anche della destra cristiano-democratica – che, riconoscendosi come il motore trainante dell’economia tedesca – ed europea – intendono dare un segnale forte alla coalizione di governo CDU/CSU-FDP guidata da Angela Merkel. Tra i fondatori vi sono infatti alcuni noti politici della CDU e nomi di peso dell’economia tedesca, quali Walter Willmann (ministro dell’Ambiente durante il governo Kohl), Bernd Lucke (professore di Macroeconomia all’università di Amburgo) e  Hans-Olaf Henkel (ex presidente della Confindustria tedesca).

 

AUSTRIA

Team Stronach per l’Austria 

Formazione politica fondata nel 2012 da Frank Stronach, ottantenne imprenditore miliardario, uno dei personaggi più popolari nella Repubblica alpina grazie all’aura di “self-made man” che lo circonda. Stronach è nato in Austria ma da giovane è emigrato in Canada, dove ha fondato Magna International, la più grande azienda canadese di componentistica per automobili, diventando uno degli uomini più ricchi sia del proprio paese di residenza, il Canada, che del proprio paese d’origine, l’Austria appunto. Ed è proprio l’Austria il paese che Stronach ha scelto per la propria discesa in campo, lanciando una battaglia politica a colpi di invettive contro il sistema politico tradizionale e fondando quello che è destinato a diventare un esempio da manuale di partito personale, conservatore e populista. No all’euro, no alla burocrazia, riduzione della pressione fiscale; questi sono i pochi punti fermi di un programma politico che al momento rimane piuttosto vago ma che sembra destinato a sottrarre consensi tanto alla perenne coalizione socialdemocratici-popolari quanto all’estrema destra della Bzo di Joseph Bucher, che sulla retorica anti-europeista ha costruito parte del suo successo negli ultimi anni.

 

REGNO UNITO

Partito per l’indipendenza del Regno Unito (UK Independence Party, UKIP)

Nato nel 1993 dalle ceneri della Lega anti-federalista – gruppo partitico fondato due anni prima in opposizione al Trattato di Maastricht – il Partito per l’indipendenza del Regno Unito si sta affermando come la terza forza politica d’oltremanica, davanti ai Lib Dems di Nick Clegg. Uscita dall’euro, tagli agli aiuti esteri, congelamento per cinque anni dell’immigrazione sono alcuni dei punti di un programma politico che spazia dall’opposizione al matrimonio omosessuale allo snellimento dell’apparato statale. Punti che, negli auspici dei membri UKIP, dovrebbero sottrarre consensi al Partito conservatore di David Cameron, del quale replicano in parte il programma ma rispetto al quale manifestano una maggiore volontà politica, soprattutto incarnando con più decisione il tradizionale euroscetticismo britannico che negli ultimi tempi si è fatto sempre più acceso.

 

FINLANDIA 

Veri finlandesi

Grazie all’ottimo risultato ottenuto nelle elezioni parlamentari del 2011, il partito dei Veri finlandesi guidato da Timo Soini è diventato la terza forza politica della Finlandia. Rifiutandosi di scendere a compromessi con i due partiti sulla questione dei pacchetti di aiuti dell’Unione Europea per il salvataggio degli Stati meno virtuosi, Timo Soini ha scelto per il proprio partito il ruolo di garante del fronte anti-euro, intercettando molti dei consensi degli euroscettici finlandesi. Collocandosi per certi versi a sinistra e per altri versi a destra dello spettro politico finlandese, il partito dei veri finlandesi si colloca nella grande famiglia dei partiti populisti nordici: conservatori per quanto riguarda i valori sociali, euroscettici, nazionalisti al limite della xenofobia, ma fermi sostenitori del welfare state.

 

SPAGNA

Movimiento 15-M (Indignados)

Nato grazie al coordinamento di Plataforma ¡Democracia Real Ya!, un’organizzazione civile che il 15 maggio 2011 ha portato nelle piazze spagnole la protesta contro il sistema delle banche e dei “poteri forti” che in pochi anni hanno trascinato la Spagna dall’illusione del boom alla crisi più nera dell’economia, il Movimento 15-M (15 maggio per l’appunto) rappresenta una forma di protesta fluida, senza un vero e proprio leader, che abbraccia una pluralità di questioni, pur ponendo al centro la gravosa questione della crisi economica. “Mi avanza tanto mese alla fine dello stipendio”, “Siamo i figli della comodità, ma non saremo i padri dell’indifferenza” sono solo alcuni degli slogan del Movimento, che nel frattempo, facendo riferimento al pamphlet Indignez-vous scritto dal 93enne partigiano francese Stéphane Hessel, ha mutato il proprio nome in Indignados. Coordinandosi principalmente attraverso i social network, i membri del Movimento scendono periodicamente in piazza per manifestare il proprio disagio nei confronti dell’attuale sistema politico spagnolo, del bipartitismo inconcludente e della diffusa corruzione.

 

PAESI BASSI 

Partito per la libertà 

Fondato nel 2004 da Geert Wilders dopo il distacco da parte di quest’ultimo dal Partito popolare per la libertà e la democrazia del quale non condivideva la posizione filoeuropeista, il Partito per la libertà si distingue, oltre che per l’accentuato euroscetticismo, per l’antislamismo e la retorica fortemente populista. Il picco dei consensi è stato registrato in occasione delle elezioni europee del 2009. Dalle elezioni legislative del 2012, tuttavia, il partito ha registrato un calo di consensi. Ciò nonostante, esso rimane il terzo partito politico olandese.

 

UNGHERIA 

Fidesz – Unione civica ungherese

Partito della destra conservatrice e populista guidato da Viktor Orbán, al governo dall’aprile 2010. Ad oggi, il partito Fidesz si è reso responsabile di quattro modifiche costituzionali – l’ultima l’11 marzo scorso – volte a modificare la struttura istituzionale del Paese in senso sempre più autoritario e a limitare le libertà civili e politiche della popolazione. Una delle cifre principali del pensiero di Fidesz è l’euroscetticismo: in un discorso pubblico tenuto il 15 marzo 2012, il premier Viktor Orbán ha apertamente paragonato i burocrati europei ai membri dell’apparato sovietico, lasciando presagire il senso di disprezzo per un’istituzione – l’Unione europea – i cui richiami alla responsabilità e le cui condanne delle recenti evoluzioni politiche interne ungheresi vengono ripetutamente ignorati.

 

 

 

Jobbik – Movimento per un’Ungheria migliore

Partito di matrice nazionalconservatrice, populista e nazionalista, espressione dell’estrema destra, attivo nel panorama politico ungherese dal 2003. Jobbik è attualmente il terzo partito ungherese e detiene 47 seggi al Parlamento. Nei confronti dell’Unione Europea esso nutre una diffidenza ancora più forte di quella espressa da Fidesz: il 14 gennaio 2012, dopo una marcia per chiedere l’uscita dell’Ungheria dall’Ue, un parlamentare di Jobbik ha bruciato una bandiera europea, traducendo in gesto concreto il forte e dichiarato anti-europeismo che lo contraddistingue.

 

 

Insoma, come ci dice l’Ispi:

Da diversi tempi i dati dell’Eurobarometro segnalano una certa sfiducia nei confronti delle Istituzioni comunitarie, anche in paesi, come l’Italia, con una lunga e forte vocazione europeista. Basti pensare che  alla domanda se l’appartenenza all’Unione europea sia una “buona cosa” solo il 38% degli italiani si riconosce in questa affermazione, rispetto ad una media europea del 50%.

D’altra parte quando la crisi tocca livelli come quelli attuali e la disoccupazione si assesta nell’Eurozona al 12%, pari a circa 20 milioni di persone, con picchi per la disoccupazione giovanile intorno al 24%, è inevitabile che il malcontento si riversi anche su chi in Europa, a torto o ragione, ha contributo alla gestione della crisi stessa. source

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