Petrolio! La notizia che non fa notizia

Scritto il alle 09:44 da Maurizio Negro

Oggi andiamo nel Medio Oriente per cercare di capire da quello scenario,  le tensioni geopolitiche che hanno da sempre alimentato l’instabilità, con conseguenti turbolenze sui mercati internazionali,  movimenti questi  molto cari ai furboni speculatori. Siccome a me piace, come avrete capito,   guardare e riferirmi alla storia per spiegare ciò che stiamo vivendo oggi ed è proprio con questo spirito che ho aperto  il mio Blog,  comincerei nel distinguere le cause storiche della crisi del Medio Oriente in due importanti  motivazioni : una interna, come peculiarità delle popolazioni Arabe e non, che popolano quelle regioni ed una esterna indotta e provocata dall’ occidente con i suoi vani tentativi di colonizzazione e, nella misura più moderna tentativi di democratizzazione laddove , vuoi per loro cultura politica da un lato e religiosa dall’altro non è possibile portare, anche perché, mi permetto di dire che sono cose che non ci dovrebbero riguardare. Ma questa è solo una mia personale digressione volutamente anacronistica, veniamo invece ai fatti.

Le cause Interne.

Prendendo ad esempio gli Arabi, che sono peraltro la maggioranza nelle aree:

Mesopotamica, Iranica e della penisola Arabica, anticamente erano popolazioni nomadi di religione politeistica e alla stessa stregua dei Barbari del nord Europa erano dediti al saccheggio e alle scorrerie. Fu il profeta Maometto che nel 610 DC, anno della rivelazione, a dar loro un modello religioso molto simile a quello cristiano che ebbe, anche in questo caso, una funzione egemonica oltre che escatologica: l’Islam che in Arabo significa “essere salvato”. Nonostante questa, che possiamo definire semplificazione etnica, parlando in termini esclusivamente sociopolitici, vi furono  tra queste popolazioni notevoli contrasti che ancora oggi fomentano tensioni settarie asprissime ed insanabili tra Sciiti e Sunniti. Gli Arabi hanno una concezione completamente diversa da noi occidentali della gestione dei patrimoni e delle ricchezze. È da anni che l’Iraq sta discutendo in parlamento la legge HCL ( Hidro carbon Law) ma ancora oggi  dopo accese controversie non ne viene a capo. Il problema è incentrato e riguarda soprattutto la gestione dei proventi e quindi la distribuzione della ricchezza. A complicare ancor più le cose ci sono i Curdi, popolazione del nord, il Kurdistan Iracheno, area ricchissima di petrolio che il governo centrale di Bagdad non ha nessuna intenzione di mantenere come regione autonoma indipendente. Inoltre altro grande problema è l’elevatissimo tasso di corruzione e la presenza di Al Qaeda che semina quotidianamente  terrore attraverso sanguinosi attentati e di cui leggiamo di tanto in tanto la cronaca. Insomma il risultato è una popolazione poverissima, un governo che stenta a legiferare e una regione straricca di risorse , probabilmente la più ricca al mondo, e data la morfologia del territorio, non soltanto per il petrolio e il gas naturale ma per la presenza anche di consistenti giacimenti d’oro e di recente scoperta. Paradossale tutto questo vero?

 Le cause esterne.

Al “modus vivendi”  naturale di  questi popoli ci pensa l’occidente a mischiare e confondere ulteriormente le carte con strategie espansionistiche e atteggiamenti  subdoli mascherati da “aiuti umanitari”.

Non è solo la bandiera a stelle e strisce a garrire in questo contesto anche noi europei  facciamo la nostra parte. Spesso puntiamo il dito verso l’America come vera responsabile della crisi congiunturale, non dobbiamo però dimenticare che i Padri Pellegrini, dopo Cristoforo Colombo, sono stati i primi frequentatori del nuovo mondo guarda caso europei  e il colonialismo ce l’avevano nel DNA. Quindi consapevoli di questi scambi genetici passiamo oltre. Io sono della opinione che i limiti del petrolio, voglio dire il fatto che sia in esaurimento, il picco di Hubbert, etc siano una gran montatura

al servizio della speculazione che in virtù di forti profitti ci sta strozzando facendo salire l’inflazione alle stelle, situazione particolarmente critica  se si pensa ad uno scenario di forte crisi mondiale come quello che stiamo vivendo. Ci dicono da anni che il picco è arrivato e che dobbiamo pensare a fonti energetiche alternative, e con questo entrano in campo anche le soluzioni ecologiche le energie pulite, alternative, il protocollo di Kyoto e bla, bla , bla… tutta aria fritta! Ma pensiamo veramente che l’uomo possa abbandonare l’oro nero? Io credo di no e come dice il famoso detto “del maiale non si butta via niente” cercherà di sfruttare tutto quello che può e ben vengano situazioni come le recenti minacce iraniane di chiusura dello stretto di Hormuz, perché porgono solo il pretesto per alzare il prezzo del greggio. La verità sul petrolio e che in realtà esistono in quella parte del mondo giacimenti immensi. In  Mesopotamia si stima che vi siano nel sottosuolo non 143 mld di barili in riserve (che sono quelli peraltro dichiarati) ma bensì oltre 500 mld una quantità enorme tale da portare all’Iraq il primato di primo produttore mondiale davanti all’Arabia Saudita. In una delle sue ultime interviste, Hussein Sharisthani Ministro del petrolio iracheno ha dichiarato che il loro governo intende portare entro il 2016 la produzione giornaliera a ben 12 milioni di barili al giorno contro i circa 3 odierni, grazie ai contratti di servizio stipulati con alcune delle major compagnie europee e la ChinaNational Petroleum Corporation. Va da se che dichiarare apertamente di detenere una tale ricchezza potrebbe fare scivolare il prezzo del greggio. Il mercato, di fronte ad una evidente certezza di continuità, potrebbe risentirne parecchio. Meglio quindi  inscenare teatrini, costringere Federal Reserve e BCE ad alzare il costo del denaro, (il tasso di sconto) e mettere il bavaglio agli iracheni.

L’America

E l’America? Che fa l’America? Ha affrontato diversi conflitti legati al petrolio. La guerra in Iraq è solo costata 4200 vite umane, 800 miliardi di dollari in costi. Nelle gare indette da Bagdad per le assegnazioni dei contratti di servizio per l’estrazione e l’esplorazione del greggio, non compare alcuna compagnia statunitense. La ExxonMobil che aveva in precedenza stipulato un contratto con i Curdi, se l’è visto annullare dal governo centrale ed è ora in stallo, perché Bagdad non riconosce l’autonomia del Kurdistan in questo genere di affari, ed attualmente è oggetto di interminabili discussioni. In tutti questi passaggi c’è qualcosa che non  torna ovvero: “ma in tutto ciò… cosa ne hanno tratto gli americani?”  Ai posteri l’ardua sentenza.

 Maurizio Negro

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