Crisi economica: il fronte anti-austerity guadagna consensi

Scritto il alle 17:53 da carloscalzotto@finanza

Al Consiglio europeo che si è aperto il 1 marzo la priorità è la firma del trattato fiscale.

Ma contro il rigore imposto dalla Germania cresce la fronda che chiede sostegno alla crescita.

Il presidente francese Nicola Sarkozy l’ha sostenuto strenuamente, in appoggio alla cancelliera tedesca Angela Merkel. Il suo avversario socialista François Hollande promette di rinegoziarlo se sarà eletto presidente della repubblica. Il trattato fiscale è sottoposto alla firma di 25 capi di stato e di governo europei, venerdì 2 marzo a Bruxelles – solo Regno Unito e Repubblica Ceca dovrebbero astenersi – ma il dibattito su di esso non è ancora chiuso.

Questa firma apre la strada a una procedura di ratifica che si annuncia delicata, nel momento in cui la crisi del debito conosce una relativa tregua dopo il salvataggio della Grecia. Martedì 28 febbraio il premier irlandese Enda Kenny ha annunciato a sorpresa l’intenzione di organizzare un referendum sul trattato.

In Francia, Sarkozy ha deciso di non procedere alla ratifica prima delle presidenziali del 22 aprile e 6 maggio e delle legislative del 10 e 17 giugno, ma se sarà rieletto vuole affrontarla al più presto. Se invece sarà Hollande a vincere, molti a sinistra non vogliono saperne della ratifica. Al vertice europeo di giugno sperano di aumentare il peso della crescita e della governante economica in un trattato concepito soprattutto per inscrivere nel marmo la disciplina di bilancio cara a Merkel.

Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che i capi di stato e di governo dovrebbero confermare per altri due anni e mezzo, vuole evitare che venga rimessa in causa la ratifica dell’altro trattato, quello sul Meccanismo europeo di stabilità. Sotto pressione per aumentare il peso di questo fondo di soccorso permanente, la Germania ha insistito perché i due testi fossero politicamente legati.

L’opposizione tra Sarkozy e Hollande sul nuovo trattato riflette il dibattito in corso tra i ventisette. Dopo aver dato la priorità all’austerity sotto la pressione dei mercati, devono discutere sul miglior modo di sostenere le loro economie senza aumentare il deficit. I piani di austerity, in vigore in tutto il continente, sono sempre più contestati da sindacati e opinione pubblica in seguito all’aumento della disoccupazione nei paesi più fragili. Secondo molti, l’austerity rischia di aggravare la recessione. “Stiamo insistendo troppo sulle sanzioni finanziarie e i pacchetti di tagli”, ha dichiarato il socialista Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, durante una visita ad Atene.

Gli allarmi in questo senso si sono moltiplicati. Dodici paesi, tra cui Italia, Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito e Polonia, hanno chiesto di cambiare la rotta economica difesa dal tandem Merkel-Sarkozy. “La crisi che stiamo attraversando è anche una crisi di crescita”, hanno affermato in una lettera scritta su iniziativa di Mario Monti.

Nelle idee dei dodici firmatari, però, il rimedio sta nelle liberalizzazioni, nella riforma del mercato del lavoro e nella maggiore apertura commerciale del continente. Queste non sono affatto le soluzioni sostenute dalla sinistra francese.

La recessione che minaccia i ventisette inquieta anche i loro partner internazionali.

 A breve termine la questione è anche – e forse soprattutto – precisare le modalità di applicazione del patto di stabilità e crescita, rinforzato nello scorso autunno.

La Spagna chiede di rivedere al ribasso gli obiettivi prefissati, contro il parere della Commissione e della Bce.

Un problema che rischia di complicare l’inizio del mandato del prossimo presidente francese: proteggere la credibilità del dispositivo di sorveglianza collettiva che emerge a poco a poco dalla crisi dell’eurozona.

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