Francia: Fisco insostenibile e ora tocca all’Italia.

Scritto il alle 13:06 da carloscalzotto@finanza

Francia, anche il private equity scappa… e in Italia..?

Non solo gli attori alla Depardieu. Fisco insostenibile. E ora tocca all’Italia.

Da quando Hollande, con la sua faccia da salumiere insicuro, ha dichiarato al mondo intero che in Francia, sopra 1 milione di reddito, si pagherà il 75% di imposte, i voli per Londra sono sempre più pieni di manager del private equity che emigrano.

Ci sono voluti oltre 20 anni al povero mercato francese per diventare il secondo in Europa, schivando le uove dei sindacati e radicandosi in un mercato meno ostile di quello tedesco (ricordate l’affermazione “locuste” che un ministro delle finanze tedesco usò per definire i gestori di private equità?).

E così a scappare a gambe levate non sono solo attori come Gerard Depardieu, ma anche assi della finanza.
ECCO COSA SCATENA LA FUGA.

Sono bastati pochi mesi per avviare uno dei processi più radicali di esodo dal secondo mercato, prologo alla scomparsa di società di gestione autorizzate nel continente. Del resto la molla del private equity è duplice: il capital gain di chi disinveste nella propria impresa e la bassa tassazione del gestore del fondo per il suo provendo, il carried interest.

Ma se dopo 5 o sei anni di gestione ci si trova con un carried interest (provvigione di performance, pari al 20% sul capital gain degli investitori al superamento di un determinato hurdle rate) colpito al 75% nessun gestore sano di mente deciderà mai più di creare fondi domiciliati in Francia, e domani in Italia (non aspettiamoci che Grillo, Monti, Bersani o Berlusconi non mettano le mani in tasca agli italiani più ricchi o potenzialmente tali).
UN MERCATO DIMEZZATO NEL 2012.

Ed allora sui voli per Londra oggi si possono incontrare manager di realtà come Pai (prima società di gestione di fondi nel Paese) o Axa Private Equity (già trasferito il capo, in attesa di perfezionare lo spin off nel 2013 per capire dove andare a  domiciliare la nuova entità). Nel 2012 Parigi ha visto dimezzare i deals di private equity a 6,2 miliardi di euro, Londra li ha visti crescere del 33% fino a sfiorare i 20 mld di euro, ci sarà una ragione, no? E la nostra Cenerentola? Povera Italia! Non bastava un’incognita decennale sulla tassazione del carried interest (nessun fondo italiano sotto Sgr ha di fatto chiuso ancora i conti per valutare la fiscalità delle “quote b” o quelli che lo hanno fatto non possono dirsi certi che non arrivrà la scure del Befera di turno).
IN ITALIA, NESSUNA AGEVOLAZIONE PER CHI INVESTE.

Se a ciò si unisce la tendenza dirigista di Banca d’Italia che sta ridisegnando lo scacchiere delle Sgr imponendo commissariamenti o fusioni forzate, si capisce perché anche in Italia si è deciso di uccidere una volta per tutte quella piccola industria dell’investimento del capitale di rischio. Nessuna agevolazione per chi vi investe, nessuna certezza per chi le gestisce, nessuna certezza per le controparti che hanno con loro rapporti, una concorrenza da parte di CDP, di FSI e di FII, una crescente penuria di acquisition financing, unita al bisogno di far quadrare i conti nei prossimi cinque anni o più.
SI TORNA AGLI ANNI ’80. LONDRA PIGLIA TUTTO.

Si tornerà agli anni ’80, del resto, con le migliori operazioni realizzate da fondi non domiciliati in Italia, in grado di offrire agli investitori un quadro diversificato del rischio, ai manager una certezza fiscale, alle controparti cedenti alternative meno rigide ai propri capital gain (con strutture non solo italiane per la “ripartenza” nell’operazione); e Londra, dopo la Borsa, ci avrà tolto anche l’incubatore della Borsa, quel private equity che aveva trovato una sua ragion d’essere, con oltre 1.300 aziende partecipate e quasi 500 dipendenti diretti ed indiretti.

Del resto non siamo mai diventati un Paese di raccolta di capitale di rischio, torneremo ad essere un Paese di caccia d’opportunità, con intermediari e legali a far da spola con il Tamigi. Investite in una compagnia low cost Milano Londra, avrà di che lavorare tutte le settimane…. Bye bye baby equity….
di Simone Cimino

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2 commenti Commenta
ilcuculo
Scritto il 9 Gennaio 2013 at 23:30

Capisco e non capisco… Ma perchè gli straricchi (non saprei come chiamare diversamente chi guadagna più di 1 milione di euro all’anno) hanno bisogno di essere ancora più straricchi.

Ma si godano quel che hanno che strabasta e stravanza…

Giusto per dare un ordine di grandezza 1 Milione di euro è lo stipendio di una vita di lavoro di due operai. Sennò mica si capisce che 1 milione è tanto.

Per dare un’idea con i soldi che silvio da alla Veronica ci può mantenere 500 olgiettine.

Scritto il 11 Gennaio 2013 at 21:22

ilcuculo@finanza:
Capisco e non capisco… Ma perchè gli straricchi (non saprei come chiamare diversamente chi guadagna più di 1 milione di euro all’anno) hanno bisogno di essere ancora più straricchi.

Ma si godano quel che hanno che strabasta e stravanza…

Giusto per dare un ordine di grandezza 1 Milione di euro è lo stipendio di una vita di lavoro di due operai. Sennò mica si capisce che 1 milione è tanto.

Per dare un’idea con i soldi che silvio da alla Veronica ci può mantenere500 olgiettine.

Secondo me qui subentra in gioco la legge sulle proporzioni.
Per noi è giusto che vengano tassati, per loro è ingiusto subire tale trattamento. Son punti di vista differenti. Dipende da che parte uno si colloca!!!

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