Crisi economica in Italia: come ci vedono gli investitori in Usa?

Scritto il alle 12:38 da carloscalzotto@finanza

 

L’Italia vista dagli investitori Usa

Con le imminenti dimissioni di Monti, focus sull’asta del prossimo 12 dicembre e sullo spread tra titolo di Stato italiani e il Bund tedesco

Soltanto venerdì la bandiera italiana sventolava sulla facciata del New York Stock Exchange accanto a quella americana. Issato in occasione della visita a Wall Street del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero, il simbolo dell’Italia (per la verità rimasto esposto solo fino al termine delle contrattazioni, quanto il ministro era ancora sul floor) tornerà sotto i riflettori degli investitori americani – e non solo – da lunedì….

L’annuncio di imminenti dimissioni di Mario Monti potrebbe infatti riaccendere – in negativo – l’attenzione degli operatori di borsa sulla Penisola. “La notizia delle dimissioni di Monti potrebbe cambiare l’umore dei mercati già dall’apertura dei mercati asiatici e prima che sia visibile la reazione sui listini europei”, ha spiegato ad America 24 la società di gestione del credito di New York, 2 Rivers Consulting.

“Monti era percepito dal mercato come uno stabilizzatore necessario per il mercato dei capitali italiano ma anche come una fonte di speranza per muovere il Paese nella giusta direzione a livello economico e sociale. Il rischio di un ritorno alla politica di vecchio stampo in Italia non era percepito dal mercato”, ha aggiunto 2 Rivers Consulting secondo cui l’euro potrebbe continuare la sua discesa verso l’area 1,27 contro il dollaro. Il cross aveva perso l’1,6% dai massimi di giovedì 4 dicembre a quota 1,3130 alla chiusura di venerdì a New York a 1,2925, complice anche il taglio delle stime della Banca centrale europea.

L’ultima mossa targata dal professore bocconiano sarà la legge di Stabilità, che il Parlamento dovrebbe approvare entro fine anno. Dopodiché il presidente del Consiglio dirà addio al ruolo tecnico che lo aveva chiamato a Roma il 16 novembre dell’anno scorso con l’intento di guidare l’Italia al di fuori di una crisi economica – e reputazionale. Silvio Berlusconi, suo predecessore, si era dimesso quattro giorni prima ed ora prepara l’ennesima discesa in campo.

Il principale termometro per misurare nell’immediato la temperatura di un paziente ancora non completamente guarito (nella Penisola la disoccupazione – solo per citare qualche esempio – è ai massimi dell’ultimo trimestre del 1992 mentre il Pil nel terzo trimestre ha registrato un calo dello 0,2% e del 2,4% su base annuale) è dato dalle aste di titoli pubblici.

Un primo test da parte degli investitori è atteso il prossimo 12 dicembre, quando il Tesoro punterà a raccogliere 6,5 miliardi di euro in BOT a 12 mesi. Gli occhi sono puntati sui rendimenti che, nell’ultima asta di questo tipo, si erano attestati all’1,762%. Dopo Natale ci dovrebbe essere un’altra asta. In questi due appuntamenti si vedrà quanto (e se) all’Italia costerà la decisione presa giovedì scorso dal Pdl di Silvio Berlusconi di ritirare l’appoggio al governo e di non votare la fiducia in due occasioni alla Camera e al Senato. source

Mentre si trova a fare i conti con un debito pubblico stellare (a settembre aveva toccato un nuovo record storico arrivando a sfiorare i 2.000 miliardi di euro), l’Italia si prepara anche a dover rispettare i propri impegni verso i suoi creditori il 14 dicembre. In quella data, si legge nella nota del Tesoro, “vengono a scadere BOT per 10.700 milioni di euro (3.000 milioni di euro trimestrali e 7.700 milioni di euro annuali)”.

Alcuni analisti restano cauti, avendo già ieri incluso nei loro calcoli l’eventualità di elezioni anticipate. L’idea – dicono – è che la fine del mandato di Monti viene anticipata solo di circa un mese. Prima di stabilire una data per le chiamate alle urne, il presidente Giorgio Napolitano (che in una nota del Quirinale ha fornito i dettagli del suo colloquio con Monti) deve prima dissolvere il Parlamento. Dopodiché le elezioni devo avvenire entro 70 giorni, presumibilmente a febbraio.

Se le elezioni anticipate non preoccupano alcuni operatori di borsa, altri continuano a guardare al nostro Paese in un’ottica di lungo termine, consapevoli che la scure di Standard & Poor’s è pronta a colpire. Venerdì scorso infatti l’agenzia di rating ha ribadito la propria preoccupazione sulla capacità dell’Italia di tornate a crescere. “Ci aspettiamo che l’economia italiana continuerà a contrarsi nel 2012 e 2013”, cita la nota di S&P, che comunque si aspetta poi un Pil in crescita di un anemico 1%.

Per un’Italia che sappia alimentare la fiducia degli investitori, dicono i trader americani, l’unica ancora di salvezza è un governo – qualsiasi esso sia – capace di attuare le riforme strutturali di cui la Penisola ha bisogno. Non a caso ieri il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha ribadito che “è dovere di tutti noi, della classe dirigente e della classe politica, togliere l’incertezza sul fatto che il lavoro fatto fino adesso continuerà”.

Resta da vedere se il differenziale del rendimento tra titoli di Stato italiani a 10 anni e l’equivalente tedesco, almeno nell’immediato, tornerà a crescere. Ieri l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni aveva escluso uno spread nuovamente oltre quota 400. Con i mercati chiusi venerdì il differenziale si era fermato a quota 324,21. Vedremo tra poche ore dove si porterà. Certo è che gli investitori continuano a considerare decisamente più sicuri i Bund tedeschi arrivando ad accettare rendimenti negativi. Un esempio: il rendimento sul titolo a due anni ha registrato il primo calo settimanale dallo scorso 16 novembre, portandosi a -0,077%. In pratica gli investitori che tengono nel cassetto questo titolo fino alla sua scadenza riceveranno meno di quanto non abbiano speso per comprarlo.

Sempre in Germania, il rendimento sul decennale è sceso questa settima all’1,30%, portandosi sui minimi del tre agosto scorso. L’equivalente dei titoli tricolore è salito invece al 4,53%, comunque lontano dalla quota di oltre il 7% registrata tra la fine dell’anno scorso e l’inizio del 2012 e di nuovo a luglio, prima che il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, dicesse di essere “pronto a tutto per difendere l’euro”.

La speranza di tutti è che la bandiera italiana possa continuare a sventolare con orgoglio. La bandiera bianca sarebbe invece simbolo di una classe politica che non sa fare il suo mestiere e di un Paese che non sa rinnovarsi.

1 commento Commenta
dfumagalli
Scritto il 10 Dicembre 2012 at 14:43

“Il rischio di un ritorno alla politica di vecchio stampo in Italia non era percepito dal mercato”.

Ma quelli ci fanno o ci sono? Come possono MAI illudersi che la vecchia politica si potesse scollare dalla sedia, senza incentivi tipo: rivoluzione, bomba atomica e assimilati?

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