La prossima rivoluzione americana sarà quella energetica

Scritto il alle 11:01 da carloscalzotto@finanza

 

 

Questo articolo è stato scritto dall’autore prima dell’esito dell’Election Day.

 

Anche se Alexis de Tocqueville (“La democrazia in Amercia”), ammirava le conquiste democratiche degli americani in molti modi, affermando che il suo sistema politico è altamente disfunzionale . Si veda ad esempio le tensioni generate dalla radicale separazione dei poteri tra esecutivo e legislativo, che stanno per mettere il paese in una crisi fiscale senza

precedenti, imponendo al presidente del Congresso di tagliare la spesa selvaggiamente, se non si riesce a ridurre il disavanzo statale sotto maggiori entrate derivanti dal miglioramento dell’economia

. Per non parlare di u n sistema elettorale altamente inefficiente e arcaico, che elegge un presidente con poco meno di 50 diverse regole elettorali e un sistema di voti elettorali che non solo manca di senso pratico, ma è in grado di generare un problema di legittimità per ingenti quantità di voti consentendo, come nel 2000, che il candidato viene eletto presidente anche se ha avuto meno preferenze, ma più “voti elettorali”.

E la possibilità che gli elettori hanno la facoltà di modificare il proprio voto il giorno del voto, costringendo un confronto laborioso di firme per evitare il doppio voto? E’ un dato di fatto che almeno 300.000 persone in Florida e 250.000 in Ohio, due stati chiave, sembrano accogliere questa possibilità e potrebbero generare un’enorme incertezza in caso di parità tra i candidati.

Ma dietro quelle migliaia di aneddoti e talvolta miserabile vedere che ogni giorno il far politica capitolina a Washington, mentre c’è una rivoluzione americana sche passa inosservata e che trasformerà il ruolo e il potere degli Stati Uniti per il resto del secolo. Questa è la rivoluzione energetica , una rivoluzione che permetterà il prossimo presidente a contemplare il futuro con un ottimismo enorme, lasciandosi alle spalle il “declinismo”che ha invaso lo spirito americano nelle zone di luce, mentre è invischiato nel pantano in Iraq, in Afghanistan e nella rinascita della Cina .

Tale rivoluzione ha le sue radici in una combinazione di capacità tecnologiche della prima fila, che ha permesso gli americani per sviluppare tecnologie che permettono loro di recuperare petrolio e gas nei luoghi in cui è tecnicamente impossibile e impraticabile anche se economicamente significativo, con un settore finanziario in grado di trovare tecnologie finanziarie che permettono di effettuare i suddetti ingenti investimenti in infrastrutture energetiche con la corretta combinazione tra equità e sicurezza a lungo termine per gli investitori.

Il risultato è che, secondo le stime, la “re-industrializzazione” del Regno Unito potrebbe significare solo in questo decennio per 3,5 milioni nuovi posti di lavoro e il 3% del PIL. Ma questa rivoluzione non solo porterà nuovi posti di lavoro e più ricchezza per Stati Uniti, ma avrà conseguenze geopolitiche di prima grandezza. In primo luogo bisogna contemplare con braccio calmo la Cina. In secondo luogo, perché vorrà dire che gli Stati Uniti saranno in grado di tagliare decenni di cordone ombelicale che gli unisce con il Medio Oriente (che le relazioni con ciascuno dei Saud sono certamente il miglior esempio).

In un mondo in cui la dipendenza energetica, spiega gran parte della politica estera degli Stati, è che gli Stati Uniti si stanno dirigendo verso l’autosufficienza energetica, avendo già ridotto le loro importazioni di petrolio del 60-45% ed hanno aumentato la produzione di gas di scisto indigeno (conosciuto anche come gas shale) arrivato al 22% della produzione di gas. Sì, ma il dinamismo dell’Asia è impressionante, il fatto che gli Stati Uniti e il Canada hanno scoperto di essere sopra l’equivalente di uno-due miliardi di barili di olio di scisto e sabbie di catrame ciascuno, avremo implicazioni geopolitiche di prim’ordine perché, improvvisamente, l’America sta diventando il nuovo XXI secolo del Golfo Persico in termini energetici.

Non so chi vincerà le elezioni negli Stati Uniti, ma ciò che è certo è che il prossimo presidente degli Stati Uniti, presiederà un paese in crescita, non in declino. Anche in questo caso, grazie alla sua capacità di innovazione, ma anche per le straordinarie risorse naturali a sua disposizione. Gli Stati Uniti d’America sono ancora lontani dalla decadenza ma dovranno solo reinventarsi. Sarebbe certamente non così iniquo per Obama essere rieletto e non essere in grado di godere della prosperità futura. La politica non è regolamentata dai principi di giustizia e solo rompendo le cabale di qualche centinaio di migliaia di elettori indecisi, che forse riuscirà nell’intento.

di José Ignacio Torreblanca professore di Scienze Politiche presso la Open University e direttore della sede di Madrid del Consiglio europeo per le relazioni estere.

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