Tra le guerre economiche tra Francia e Germania salviamo la Spagna? Si ma per ora sono solo chiacchiere

Scritto il alle 17:36 da carloscalzotto@finanza

 

Dopo la riunione del Consiglio Europeo il “salvataggio” della Spagna è rimasto solo nella carta. Aiuti in cambio di controlli….tutto rinviato. Rajoy indeciso.


L’altro ieri a Bruxelles è cominciato il nuovo vertice europeo. Si deciderà il primo ministro Mariano Rajoy a chiedere il secondo salvataggio dell’economia spagnola?
È una domanda da un milione di euro. A rischio di dover rettificare domani mattina, azzardo una previsione: non lo farà.
Il motivo a mio parere non è che Rajoy è un indeciso che passa il tempo a sfogliare le margherite, come hanno detto in molti. La ragione più plausibile è un’altra: il primo ministro ha capito che sul salvataggio della Spagna si sta giocando una mano di poker, un gioco in cui è fondamentale sapersi nascondere, sfruttare al meglio le carte che si hanno in mano e costringere gli altri giocatori a mostrare le loro. In questo senso sono convintissimo che nessuno scoprirà il suo gioco durante il vertice.
In Spagna molte persone (soprattutto tra le élite finanziarie) sono convinte che il paese non abbia alcuna carta da giocare, e che sia arrivato il momento di chiedere un aiuto economico. Lasciando stare il fatto che molti di loro difendono il salvataggio perché avrebbe un effetto positivo sui loro affari e sanno che non dovrebbero pagarne le conseguenze, sono convinto che la Spagna una carta da giocare ce l’abbia eccome.
Ci sono molti motivi per criticare la gestione della crisi da parte del governo, ma in questo caso lasciatemi spezzare una lancia a favore dell’esecutivo. Rajoy sa che può giocarsi la carta del salvataggio ma ha capito che prima di mostrarla deve costringere gli altri giocatori a scoprire le loro: l’unione bancaria europea, il nuovo fondo di salvataggio, l’intervento della Bce e il controllo dei bilanci nazionali.
La Germania non vuole giocarsi la carta dell’unione bancaria (probabilmente perché le sue banche somigliano a una forma di groviera) e preferisce puntare sul controllo dei bilanci nazionali da parte di un super ministro europeo.

La Francia si oppone perché non gradisce l’egemonia tedesca, e chiede che prima si realizzi l’unione bancaria.

In questa nuova guerra franco-prussiana Parigi e Berlino si scambiano calci, che però finiscono sempre sul nostro posteriore.
Di fatto l’aumento dello spread, ovvero il sovrapprezzo che il tesoro spagnolo deve pagare per finanziarsi, non è soltanto una conseguenza della cattiva salute economica della Spagna, ma anche della guerra franco-tedesca che minaccia la sopravvivenza dell’euro.

Una parte di questo sovrapprezzo deriva dal fatto che gli investitori temono che l’euro sia vicino alla fine.

Quando Mario Draghi ha dichiarato che la Bce è disposta a fare di tutto per salvare la moneta unica lo spread spagnolo è calato nettamente, e questo è un chiaro indizio dell’effetto contagioso dell’euro.
Tuttavia la Bce ha messo in chiaro che prima di intervenire vuole una richiesta ufficiale degli interessati. È come se un ospedale pubblico, la cui funzione è agire autonomamente in caso di epidemia,  pretendesse che siano i malati a chiedere il suo intervento. Non ha molto senso. D’altra parte ancora non si sa come funzionerà il nuovo fondo di salvataggio europeo e quale sarà la sua potenza di fuoco.
La situazione, a questo punto, è abbastanza chiara: è in corso una complessa mano di poker. La Spagna non deve mostrare la sua carta prima che lo facciano gli altri. Ma comunque vada di sicuro la resa dei conti non avverrà durante questo vertice.
di Antòn Costas da elPeriòdico

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