Timore dei Bond sulla grecia ma attenzione anche alla Spagna

Scritto il alle 15:13 da balrock@finanzaonline

 

Rajoy taglia tutto. La Spagna è una polveriera.

Rajoy continua a sforbiciare il welfare e ad aumentare le tasse, ma per la troika (BCE, FMI e Commissione Europea) non basta.
 Il governo spagnolo è sotto ricatto e nel paese cresce il malcontento. Vi è una scintilla degli scioperi dei sindacati ‘nazionalisti’ e le mobilitazioni degli studenti potrebbero incendiare la prateria.

Il premier spagnolo Mariano Rajoy continua a prendere schiaffi dall’UE.

Nonostante la sua vittoria schiacciante sui socialisti alle elezioni parlamentari del 20 novembre, il capo del governo di Madrid è ormai nelle mani della troika sull’onda di quanto accaduto in Grecia. Nei
giorni scorsi si era vantato di esser riuscito a strappare a BCE, Fmi e Commissione Europea una deroga alla riduzione del deficit, dal 4,4% indicato dalle istituzioni internazionali ad un meno stringente 5.8% a fine 2012. Ma è durata ben poco la gloria del capo del PP spagnolo. La troika preme e pretende nuovi tagli, subito. Rajoy dovrà definire entro la fine del mese tagli draconiani e nuove tasse per un totale di 15 miliardi di euro, da raggiungere a quelli già rastrellati con i tagli decisi tra dicembre e gennaio. L’obiettivo è di arrivare a ridurre il deficit di quasi 30 miliardi di euro, circa il 2,7% del Pil nazionale.

Una manovra ‘obbligata’ viste le pressioni e i ricatti dell’Unione Europea e l’intransigenza tedesca – di cui oggi si lamenta Martin Wolf sul Sole 24 Ore – che sta già scatenando le ire dei lavoratori e dei governi regionali dissanguati oltre misura.

Anche le amministrazioni locali guidate dalla destra sono in rivolta e chiedono una ‘rettifica’ che Rajoy non vuole o non può fare.

I nuovi tagli, oltre che al lavoro, interesseranno soprattutto sanità e istruzione, già colpiti duramente nei mesi scorsi tanto che alla chiusura di alcuni ospedali e all’impoverimento delle scuole erano seguite manifestazioni popolari e scioperi in territori in genere relativamente tranquilli in quanto a conflitto sociale. Il caso dei riscaldamenti spenti in una scuola di Valencia aveva acceso una miccia che non si è più spenta: i ragazzi di un liceo erano scesi in piazza contro le lezioni al gelo, la polizia li aveva caricati, gli studenti erano tornati in piazza più arrabbiati ed erano stati duramente picchiati dagli uomini in divisa, generando una risposta popolare senza precedenti.

Un movimento studentesco che si sta collegando ad alcuni spezzoni superstiti di un movimento degli ‘indignados’ che fatica a tornare in campo ma che in eredità ha lasciato parole d’ordine radicali e analisi impietose della comatosa democrazia iberica.

«È essenziale che la Spagna definisca una strategia di medio termine per raggiungere i suoi obiettivi sul debito» ha ribadito ieri il commissario europeo agli Affari economici, il tedesco Olli Rehn, sottolineando che «la Spagna è uno dei Paesi che si sono impegnati a correggere il proprio deficit entro il 2013 per riportarlo al di sotto del 3% del Pil».

Un obiettivo impossibile per il governo di Madrid che se dovesse e volesse rispettare i diktat dell’UE dovrebbe massacrare il suo popolo non meno di quanto hanno fatto i governanti greci, per scoprire poi che non è servito proprio a niente.

Se non per ingrassare gli imprenditori e i banchieri tedeschi, francesi e britannici.

Rajoy ha già aumentato l’età pensionabile, deciso un rialzo delle imposte sui redditi da lavoro dipendente, aumentato la precarietà e reso i licenziamenti più facili e meno costosi, oltre a ridurre gli stanziamenti centrali agli enti locali.

Che può fare di più senza scatenare una sommossa popolare? I disoccupati sono ormai quasi 5 milioni e mezzo, e il governo ha ridotto i tradizionalmente alti sussidi di disoccupazione.

Le metropoli iberiche potrebbe esplodere come una polveriera.
Per ora i sindacati concertativi, nonostante la spinta del movimento studentesco e di una parte della loro base, rimangono tranquilli. CCOO e UGT a parte le manifestazioni domenicali del 19 febbraio – che hanno visto una irrituale contestazioni da parte dei settori più radicali – e qualche mobilitazione regionale non si decidono a convocare lo sciopero generale, affermando che “i lavoratori non sono ancora pronti”. Invece proseguono le mobilitazioni studentesche .

A Barcellona il 29 febbraio migliaia in piazza, scontri e arresti – mentre altre sigle sindacali si sommano alla giornata di sciopero generale convocata per il 29 marzo dai sindacati di classe e nazionalisti baschi e galiziani.

L’ultima arrivata è la anarchica CNT che pure ha criticato la scelta da parte delle organizzazioni ‘nazionaliste’ di convocare mobilitazioni territoriali ree di dividere la classe lavoratrice spagnola su base etnica

Per la Grecia siamo alla vigiglia della svolta o del tracollo In tanto ricordo che oggi borsa italiana ha interrotto le contrattazioni sui bond potete leggerlo qui

Domani pomeriggio scade il tempo per i bond sulla grecia chi ha comprato obbligazioni del governo greco ha tempo fino a domani pomeriggio per decidere che cosa farne.

Infatti le banche hanno comunicato a chi ha aderito di far sapere entro oggi le posizioni in merito all’offerta di scambio dei bond greci in circolazione con titoli governativi ellenici di nuova emissione e con bond emessi dal fondo salva-Stati europeo.

 

Cosa importante è che  ha sottolineato  Il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos e chiarito che i risparmiatori privati saranno trattati esattamente come gli investitori istituzionali. ha appunto fatto presente che non ci saranno trattamenti diversi tra sottoscrittori in occasione dello swap e che i risparmiatori greci che aderiranno allo swap e che abbiano investito fino a 100 mila in obbligazioni, potranno contare su un’integrazione da parte del Fondo Nazionale di Tutela dei Depositi.

Gli italiani quindi si devono mettere il cuore in pace e ragionare su numeri e probabilità.

 Atene punta ad adesioni pari al 90 per cento; se dagli investitori non dovesse essere offerto per lo scambio almeno il 90% dei titoli di stato in loro possesso, la Grecia non potrebbe effettuare lo swap con il quale punta a ridurre il proprio debito di oltre 107 miliardi di euro su un totale di 206. L’accordo per la ristrutturazione del debito privato comporterà  una perdita ai creditiori di Atene intorno al 75 per cento, molto al di sopra del 53,50 del nominale.

La realtà dei fatti si discosta decisamente dall’apparenza: dove sembra poter esserci una facoltà decisionale su carta c’è, invece, una mossa quasi obbligata nella realtà. Nel caso in cui l’adesione sia inferiore al 90%, infatti, Atene dovrà far scattare quella clausola c.d. di “azione collettiva”.

Nella sostanza, l’attivazione di tale clausola obbligherà tutti i creditori ad aderire al piano di ristrutturazione comunque.

 TOTOSCOMMESSE:

I numeri, evidenziati da Credit Suisse, danno quasi per scontato il non-raggiungimento dell’agognata quota di adesione al 90%. Statisticamente, afferma il gruppo finanziario svizzero, siamo vicini al 5% di probabilità.

Il punto focale della vicenda è collegato proprio al rapporto tra CDS e la clausola di Azione Collettiva. Se la clausola venisse attivata, scatterebbero i Credit Default Swap sui titoli greci?

 

Il CDS, lo ricordiamo, funziona da polizza assicurativa contro predeterminati rischi. Nella nostra situazione, il premio scatterebbe al verificarsi del “credit event” contro il fallimento di Atene.

 

La International Swaps and Derivates Association, da ora ISDA, è l’organo di controllo che “legifera” sui contratti derivati CDS. L’authority ha già chiarito come la volontarietà dell’adesione alla ristrutturazione del debito, di fatto, escluda l’attivazione della polizza dei CDS.

Il nodo della vicenda coincide con l’eventualità che l’ Azione Collettiva faccia scattare il rimborso dei CDS.

Nel caso in cui tale evento non si verificasse, gran parte della credibilità dei CDS come strumenti assicurativi (e non speculativi) andrebbe perduta, creando una possibile ondata di sfiducia sul settore dei CDS in toto.

Le conseguenze avrebbero influssi sia sulle compagnie assicurative in ballo con i CDS sia, probabilmente, sui titoli degli stati periferici.

I soggetti che detenevano titoli “rischiosi” in portafoglio, ben protetti dal default grazie proprio ai CDS, potrebbero ora pensare alla liquidazione stessa dei titoli vista l’inefficacia del contratto derivato di copertura.

Un’ulteriore aspetto, poi, è legato proprio al valore borsistico dei Credit Default Swap. La crisi finanziaria del 2007 ci ha già mostrato come sia ben spesso il mercato dei CDS comprati e venduti in quanto derivati e per nulla legati all’effettivo ruolo di polizza assicurativa per cui sono nati.

2 commenti Commenta
roirei
Scritto il 7 Marzo 2012 at 15:31

I prossimi siamo noi?

Scritto il 7 Marzo 2012 at 15:58

roirei@finanza:
I prossimi siamo noi?

questo non te lo so dire… ma una piccola idea di quanto ci costerà a noi Italia me la sono fatta
http://tradingnostop.finanza.com/2012/02/23/quanto-ci-costa-il-salvataggio-della-grecia/

girando girando sempre li finiamo 😐

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