Economia mondiale al collasso, ecco il responsabile…

Scritto il alle 00:15 da carloscalzotto@finanza

Metto questo articolo di Nicolò Cavalli che rende benissimo dei concetti già espressi in altri articoli su come mai la BCE non è intervenuta velocemente al posto di lasciare la finanza al collasso.

Il protrarsi di questa crisi sta, nel frattempo, mostrando i suoi effetti e, mentre ci si attende una ristrutturazione del debito greco attorno al 75%, i BTP hanno toccato oggi il 6,926%. Nel frattempo, l’Ungheria ha approvato una nuova Costituzione, che echeggia molti temi di carattere criptofascista e i cittadini invadono le piazze attendendosi dall’Unione Europea una reazione che tarda ad arrivare. Anche i paesi del Nord-Africa e del Medio-Oriente, investiti dalla primavera araba, vivono momenti di difficoltà nella costruzione di democrazie funzionanti, anche per il fatto di avere come proprio vicino
un’entità politica così indisciplinata e incerta come la UE del duumvirato Merkel-Sarkozy.

Da Roubini a Tabellini, passando per Soros e per il presidente portoghese Silva, molti commentatori autorevoli hanno individuato nella trasformazione del ruolo della BCE il modo migliore per interrompere l’attacco dei mercati nei confronti dei titoli dei paesi perificerici. Secondo il ragionamento, se questa agisse come prestatore di ultima istanza acquistando i titoli emessi dagli stati qualora rimanessero invenduti sui mercati, gli investitori sarebbero rassicurati sul valore dei bond in loro possesso e i mercati si stabilizzerebbero in maniera pressochè immediata.

Coloro, invece, che rifiutano un tale tipo di intervento sostengono che, agendo da prestatore di ultima istanza, la BCE renderebbe del tutto vani gli sforzi di imporre l’austerità ai paesi periferici (PIIGS o GIIPS, come sarebbe meglio definirli) che, risollevati da un canale di credito illimitato, tornerebbero ad attuare politiche fiscali irresponsabili, accrescendo l’asimmetria tra i cittadini dei paesi “virtuosi”, sottoposti a disipline di bilancio rigorose, e quelli dei paesi “canaglia”. Questo messaggio porrebbe notevoli problemi politici ai governi dei paesi “forti” in cerca di rielezione. Alcuni commentatori sostengo inoltre che, dopo vari mesi in cui la BCE rifiuta di agire da prestatore da ultima istanza, un cambiamento di politica di questa portata minerebbe la credibilità e il prestigio della Banca Centrale, che si dimostrerebbe non un organismo indipendente, ma un organismo sensibile alle problematiche politiche interne dei paesi periferici.

In un recente articolo, Paul De Grauwe ha tentato di valutare e riassumere questi costi e benefici dell’inazione, in un modello di comportamento della Banca Centrale Europea di fronte a una crisi del debito.fonte

Schematicamente:

-Il costo dell’inazione deriva dal rischio che tale inazione conduca a un collasso sistemico, del quale la BCE sarebbe sicuramente additata come responsabile.

-Il beneficio dell’inazione deriva dalla volontà di evitare futuri comportamenti di moral hazard (come ad esempio le falsificazioni di bilancio della Grecia) in modo da mantenere la stabilità sistemica nel lungo periodo.

-Quando una Banca Centrale si trova di fronte a una crisi del debito, la velocità del dilagarsi di tale crisi è limitata dal fatto che, nell’immediato, non si correranno rischi, poichè occorre attendere che i titoli sotto attacco giungano alla loro naturale scadenza (cosa che solitamente avviene in 5-7 anni).

-La BCE, dunque, ha un forte incentivo a non agire, poichè preferirà sfruttare il lasso di tempo prima della scadenza dei titoli per consolidare il proprio ruolo, chiedendo piuttosto che altre condizioni esterne vengano modificate allo scopo di evitare moral hazard futuro – da qui le misure di austerity richieste ai paesi in difficoltà.

-La BCE agirà, di conseguenza, solamente quando i costi dell’inazione diverranno imminenti e chiari, cioè quando sarà all’orizzonte una crisi bancaria che, al contrario della crisi dei debiti, degenera in un intervallo di tempo molto più ristretto. Prima che questo avvenga, alcuni stati dell’eurozona potrebbero anche dichiarare default.

-Esistono pochi dubbi sul fatto che, a queste condizioni, la crisi dei debiti sovrani sia destinata a collassare in una crisi del sistema bancario, poichè la continua perdita di valore dei titoli di stato influisce sui bilanci delle banche fino a renderne insostenibili le perdite. Inoltre, in una crisi del debito, le banche avranno difficoltà ad accedere al presto interbancario: è per questo che la BCE ha recentemente prestato 489,19 miliardi di euro alle banche private al tasso dell’1% – ma i mercati non hanno reagito con particolare entusiasmo.

-Posponendo l’azione fino all’innescarsi di una crisi bancaria, la BCE aumenta di fatto la liquidità che dovrà inserire nel sistema una volta che interverrà e, con ogni probabilità, la crisi bancaria darà comunque origine a una profonda e lunga recessione.

-Il comportamento della BCE, dunque, ha una sua razionalità (se considerato dal punto di vista della BCE), ma rischia di sacrificare la stabilità finanziaria dell’eurozona e la ripresa dell’economia mondiale.

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