Unicredit: Complessità e debolezza del colosso dai piedi d’argilla

Scritto il alle 09:35 da carloscalzotto@finanza

Cominciamo con la composizione della struttura azionaria del GRUPPO:

Il capitale sociale di Unicredit è costituito da 19.274.251.710 azioni ordinarie con diritto di voto e 24.238.983 azioni di risparmio senza diritto di voto.
Principali azionisti
    Mediobanca – 9,761%
    Aabar Luxembourg sarl – 4,991%
    Central Bank of Libya – 4,988%
    Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona (Fondazione Cariverona) – 4,984%
    BlackRock – 4,024%
    Fondazione Cassa di Risparmio di Torino – 3,719%
    Carimonte Holding – 3,122%
    Lia (Lybian Investment Authority) – 2,594%
    Allianz SE – 4,201%
    Barclays Global Investors UK Holding Ltd. – 2,003%
Dati delle comunicazioni ufficiali Consob aggiornati al

20 settembre 2010
Altri azionisti
    ABN AMRO 1,88%
    Fondazione Cassa di Risparmio di Roma 1,10%
    Fondazione Manodori 0,90%
    Fondiaria SAI 0,77%
    Regione Siciliana 0,62%
    Fondazione Banco di Sicilia 0,60%
    Assicurazioni Generali 0,42%
Dati assemblea straordinaria azionisti Unicredit.
Partecipazioni azionarie
Il gruppo detiene numerose partecipazioni anche importanti in varie società per azioni:
    Generali – 4.670%
    Mediobanca – 9.020%
    Banco Sabadell – 4,00% acquisito il 10 maggio 2007
Il Gruppo cominciò a formarsi nel lontano 1998 e attualmente conta più di 40 milioni di clienti ed opera in 22 paesi. I mercati principali nei quali opera sono Italia, Austria, Germania meridionale, Svizzera e paesi CEE.
Un primo aumento di capitale di 3 miliardi d ieuro fu necessario a seguito della crisi 2007/2008, un altro aumento di 4 miliardi fu fatto dall’Istituto di P.ZZA CORDUSIO nel 2009 per allinearsi agli standard mondiali di sicurezza, evitando così gli aiuti di stato. Nel 2010 gli stress-test effetuati dal Committee of European Banking Supervisors (CEBS), permisero al Gruppo di certificarne la solidità onde affrontare ulteriori crisi. Poi ci fu la sorprendente ed onerosa uscita di Profumo dal Board amministrativo, motivo la mal digerita alleanza con i libici di Gheddafi, sostituito poi con Federico Ghizzoni. Altre iniziative del Gruppo poi mirate ad ottimizzare la funzionalita e l’organizzazione verso i clienti, fecero di Unicredit un’aggiornata struttura del settore finanziario.
Strategie nella particolare contingenza del 2011
Il 2011 doveva essere un anno di transizione per Unicredit, ma la crisi estiva dei debiti sovrani europei, porta al crollo delle azioni Unicredit: dal 16 febbraio 2011 al 16 settembre 2011 le azioni Unicredit hanno perso il 63% del loro valore. Entro fine anno è atteso un nuovo piano industriale, mentre un nuovo aumento di capitale diventa praticamente indispensabile. Unicredit in italia: A partire dal 7 novembre, nel mondo F&SME (Famiglie, Privati e Piccole Imprese) sara’ attuata una politica di razionalizzazione dei distretti operativi, in modo da rafforzare la vicinanza con il cliente. Attualmente la strategia operativa in Italia vede 9 Direzioni Network da cui dipendono le Aree Commerciali in cui operano appunto i Distretti. La riorganizzazione vede una riduzione di tali struttture con accorpamenti e razionalizzazioni nelle strutture delle singole Agenzie. Figura centrale e di rilevanza con la clientela e gli altri stakeholders locali sara’ il DDD, Direttore di Distretto, che coadiuvato da un Vice e da un responsabile piccole Imprese, attuerà gli indirizzi commerciali nei territori presidiati.
E veniamo ai fatti di quest’ultimo periodo con il terzo aumento di capitale.
Il 14 novembre viene presentato il piano industriale 2012-2015: si decide un nuovo aumento di capitale (terzo in 3 anni) di 7,5 miliardi di euro e niente dividendi per il 2012. Contestualmente è stato dichiarato un esubero di 5200 dipendenti per l’Italia.
E’ il colosso che mostra i suoi punti deboli logorati dal trascinarsi di questa stretta congiunturale, che è lungi da essere esaurita.
Fresche news di questi giorni…
***Unicredit, le fondazioni si preparano all’addio. L’aumento di capitale da 7,5 miliardi imposto dall’Eba a Unicredit lascerà il segno nel futuro di Unicredit. Diverse fondazioni socie non hanno la liquidità per sottoscriverlo e sembrano ormai rassegnate a una prossima uscita di scena. Una volta concluso l’aumento, infatti, l’istituto di Piazza Cordusio potrebbe ritrovarsi “germanizzato” o essere pronto per l’aggregazione con un colosso del credito. Intanto, secondo quanto Linkiesta ha appreso da fonti vicine all’operazione, per invogliare gli enti più riottosi a partecipare, le banche d’affari stanno proponendo strutture finanziarie che prevedono la sottoscrizione dell’aumento tramite debito e un meccanismo complesso di opzioni di acquisto e vendita. Ipotizzato un prezzo di emissione di 0,36 euro per ogni nuova azione.***  fonte


Scenari futuri, certo. Ma di questo si discute…

Unicredit si è scoperta debole, anzitutto dal punto di vista patrimoniale….

Anche l’assetto manageriale, tutto nuovo e per nulla rodato…

Ma allora perché sottoscrivere l’aumento di capitale e non procedere subito a passare la mano…?

Lo schieramento di banche internazionali per garantire il collocamento dell’aumento di capitale è imponente…

Ma per le fondazioni non è una scelta a cuor leggero…

Le banche d’affari hanno però già confezionato una loro tipica soluzione…

Dove trovare i soldi per l’acquisto di “put”, che oggi non sono certo a buon mercato…?

Le fondazioni (specie quelle piccole) non sono molto entusiaste….

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